Cinque anni di Abenomics in cinque grafici

Jeremy Osborne -

Dopo essere stato acclamato primo ministro nel dicembre 2012, Shinzo Abe ha messo in campo un ampio pacchetto di misure economiche, note come Abenomics, con l’intento di rivitalizzare l’economia giapponese e porre fine alla lunga fase di deflazione. A distanza di cinque anni, il programma di Abe è riuscito nel suo intento?

L’Abenomics è basata su tre pilastri: politica monetaria aggressiva, politica fiscale flessibile e riforme strutturali. Nel corso degli ultimi cinque anni l’economia giapponese ha ottenuto un miglioramento significativo e la disoccupazione è scesa ai minimi dal 1994, registrando anche una maggiore partecipazione al mercato del lavoro da parte di donne e cittadini in età avanzata.
Gli utili societari hanno raggiunto massimi record e le riforme in tema di governance hanno contribuito a potenziare l’efficienza del capitale, sostenendo i rendimenti per gli azionisti (cresciuti a livelli record). In questo contesto, le quotazioni azionarie sono più che raddoppiate.
È vero che alcune politiche hanno riscosso più successo di altre (i progressi a livello di riforma del mercato del lavoro e deregolamentazione sono stati scarsi finora), ma è anche altrettanto vero che l’economia giapponese sta vivendo il suo periodo di crescita più lungo da oltre un decennio a questa parte e alle valutazioni attuali il mercato azionario giapponese può offrire delle opportunità d’investimento interessanti.

Per celebrare il quinto anniversario dell’Abenomics, analizziamo cinque grafici di particolare importanza per gli investitori.

1. Le riforme contribuiscono a sostenere la crescita economica

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Il Giappone sta vivendo una fase di espansione economica molto sostenuta, con il PIL nominale che sembra destinato a toccare un nuovo record per la prima volta dagli anni Novanta.
La ripresa globale e le misure di incentivazione fiscale e monetaria hanno supportato il rilancio economico del Giappone, ma un ruolo importante è stato svolto dalle riforme strutturali: il lavoro, la tassazione delle imprese e il turismo in ingresso nel Paese (il numero di turisti in visita è aumentato in modo straordinario durante questi anni passando da 8 milioni di arrivi del 2012 a 24 milioni nel 2016 con una spesa da parte di visitatori stranieri che ha toccato la cifra record di 1.200 miliardi di yen nel solo trimestre luglio-settembre 2017).
L’economia giapponese si avvia a registrare una crescita nell’ordine dell’1,6% circa nel 2017, superando il tasso di espansione potenziale pari allo 0,8% per il terzo anno consecutivo.

2. Politica monetaria aggressiva

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Nelle fasi iniziali dell’Abenomics la Bank of Japan (BoJ) ha lanciato un programma senza precedenti di allentamento quantitativo e qualitativo (QQE) sotto la guida del nuovo governatore Haruhiko Kuroda. Gli acquisti di asset su larga scala hanno provocato una netta correzione dello yen, che a sua volta ha favorito la crescita degli utili societari e dei prezzi degli attivi. Ne ha tratto vantaggio anche l’economia reale con l’inflazione che è tornata in territorio positivo.
Il crollo dei prezzi delle materie prime, il rallentamento delle economie emergenti e l’aumento dell’IVA (introdotto nel 2014) hanno tuttavia rappresentato un ostacolo di non poco conto. Quando l’inflazione ha iniziato a indebolirsi, la BoJ ha potenziato gli acquisti di asset, inaugurando successivamente la politica dei tassi d’interesse negativi. Il quadro normativo esistente (QQE unito al controllo della curva dei rendimenti) è stato implementato nel settembre 2016.

Anche se il target di stabilità dei prezzi pari al 2%, fissato dalla Banca Centrale Giapponese, rimane fuori portata ed è subordinato alle variazioni dei fattori macroeconomici, la crescente rigidità dei mercati del lavoro e la stagnazione sempre più lieve dell’economia favoriscono una graduale ripresa dei prezzi. Peraltro, i quattro indicatori che il governo utilizza per monitorare l’uscita del Giappone dalla deflazione (IPC, deflatore del PIL, output gap e costi unitari della manodopera) hanno fatto registrare dati simultaneamente positivi per la prima volta da 25 anni nell’ultimo trimestre (luglio-settembre). In particolare, la lunga congiuntura deflazionistica, che ha messo a dura prova il Paese per molti anni, sta dando segnali di cedimento e le imprese cominciano ad innalzare i prezzi.

3. Approccio flessibile alla politica fiscale
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Nonostante il primo ministro Abe abbia posticipato l’obiettivo di raggiungere il saldo di bilancio primario entro il 2020, la situazione fiscale del Paese è migliorata grazie a misure come il rialzo all’8% dell’imposta sulle vendite (introdotto nel 2014), e il consistente aumento del gettito fiscale. Le condizioni economiche relativamente stabili del Giappone e la sua politica monetaria accomodante hanno a loro volta contribuito a tenere sotto controllo il deficit oltreché a mantenere i costi di finanziamento su livelli ridotti.
Un approccio più flessibile all’incentivazione fiscale dovrebbe consentire al governo di attuare politiche che favoriscano la crescita futura, come ad esempio il potenziamento del sistema di previdenza sociale, dell’istruzione, delle infrastrutture pubbliche e altre riforme strutturali.

4. Forte crescita dell’occupazione

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Il tasso di occupazione delle donne e dei cittadini in età avanzata è cresciuto sensibilmente dal 2013 (secondo i dati dell’OCSE, il tasso di partecipazione femminile in Giappone ha superato quello degli Stati Uniti per la prima volta nella storia).
Provvedimenti come il potenziamento delle strutture per l’infanzia, le riforme del mercato del lavoro e l’incentivazione di stili lavorativi più flessibili rappresentano un ulteriore fattore di incremento.
Attualmente, il numero di persone occupate è vicino al record storico registrato nel 1997 (65,8 milioni). Tutto questo ha ricadute positive sull’economia interna, grazie al fatto che il volume complessivo dei redditi da lavoro e la fiducia dei consumatori aumentano.

5. Utili societari e rendimenti per gli azionisti ai massimi record

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Gli utili societari sono aumentati sensibilmente negli ultimi cinque anni e oggi si attestano su massimi record. La crescita economica sostenuta, il taglio delle imposte sulle società, l’indebolimento dello yen e la riduzione dei costi sono tutti fattori che hanno contribuito positivamente. In particolare, gli utili hanno cominciato a distaccarsi dal tasso USD/JPY, grazie ad un mix di rialzo della crescita dei ricavi e miglioramento della redditività.
L’espansione degli utili sta incentivando anche la fiducia delle imprese e sostiene la crescita degli investimenti. Le aziende manifatturiere sono impegnate a migliorare l’efficienza attraverso l’aggiornamento e il consolidamento della produzione, mentre le società degli altri settori si concentrano sull’adozione di nuove tecnologie e sulla futura impennata del turismo che l’Olimpiade di Tokyo 2020 genererà.
Nell’ambito del terzo pilastro dell’Abenomics, il governo ha varato misure che incoraggiano le società ad allocare il capitale in modo più efficiente con l’obiettivo di accrescere il ROE e migliorare la stewardship degli investitori nonché la corporate governance. Tra i provvedimenti adottati, si contano l’introduzione del Codice di stewardship, dell’indice JPX-Nikkei 400 e del Codice di corporate governance, oltre ad alcune modifiche della legge sulle società. I progressi compiuti sul fronte delle riforme orientate alla corporate governance hanno favorito un aumento di oltre l’80% dei rendimenti complessivi per gli azionisti rispetto al 2012, tanto da toccare massimi record, e le partecipazioni incrociate continuano a diminuire.


Jeremy Osborne – Investment Director per l’azionario Giapponese – Fidelity International.