Grant Thornton, il 60% degli imprenditori non ritiene la diversity elemento cruciale per il successo

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Solo il 14% degli intervistati dichiara di avere piani per incrementare multiculturalismo e numero di donne nel management

Secondo la rilevazione dell’International Business Report, realizzato da Grant Thornton International, il 40% degli imprenditori, a livello globale, ritiene la diversity un elemento cruciale per il successo. Solo il 14%, però, ha specifici piani da mettere in atto per incrementare questo fattore all’interno del proprio management e tra le figure chiave delle imprese.

La ricerca è stata condotta su 2.500 aziende a livello globale distribuite in 35 Paesi, di cui 50 italiane, e ha l’obiettivo di sondare l’opinione degli imprenditori sul tema della diversity, per comprendere se intendono mettere in campo azioni per favorirne la diffusione all’interno delle proprie aziende, soprattutto a livello di management.

I fattori presi in considerazione

Nella stesura del report, sono stati presi in considerazione tre aspetti della diversity: multiculturalismo ed eterogeneità nel management sia in termini di età che di genere.

I dati sono stati suddivisi per fattore considerato e raggruppati in base all’area geografica di riferimento:

  • provenienza geografica: a livello globale, il 31% considera il multiculturalismo come fattore di crescita e l’11% ha progetti per incrementare la diversa provenienza geografica dei propri collaboratori. Il dato più rilevante è quello africano, dove il 55% degli intervistati lo ritiene importante e il 35% sta mettendo in campo azioni per favorire la ethnic diversity. Il dato più basso riguarda l’Est Europa, con, rispettivamente, il 10% (importante) e il 2% (piani reali per favorire la diversity);
  • età anagrafica: a livello globale il 51% ritiene l’eterogeneità anagrafica come fattore di successo e il 16% ha individuato azioni concrete per favorirla. Il dato più alto lo fa registrare ancora l’Africa (61% e 31% per le azioni). Il più basso l’Est Europa (34% e 6%);
  • gender diversity: il 38%, a livello globale, dà importanza alla diversità di genere e il 14% ha piani concreti per favorirla. Sempre l’Africa considera importante avere un management composto da uomini e donne in misura equilibrata (60%) e il 34% ha risposto di avere un piano di azioni per favorirne la crescita.

I dati europei

L’Europa rimane decisamente sotto la media: il 19% considera importante il multiculturalismo, il 31% presta attenzione alla gender diversity e il 47% per l’età anagrafica. Vecchio continente sotto la media anche dal punto di vista delle azioni da mettere in campo:

  • ethnic diversity: all’interno del campione di aziende europee preso in considerazione solo il 6% dichiara di avere un piano di azioni concrete per favorire il multiculturalismo all’interno del proprio management;
  • età anagrafica: leggermente superiore il numero di aziende che ha adottato o sta per adottare un piano di azioni per una maggiore eterogeneità nel proprio management in termini di età. Il dato, pari al 10% del totale, rimane comunque molto basso;
  • diversità di genere: lo stesso dato, il 10% viene registrato sull’intenzione reale di favorire la gender diversity all’interno del management, secondo quanto hanno risposto gli imprenditori europei intervistati.

Lo scenario che si presenta è quello che vede un gran numero di imprenditori poco interessati al tema, e anche quando ci potrebbe essere un’adesione generica e astratta al principio della diversity come elemento importante per la crescita del business, nella pratica, coloro che hanno effettivamente un piano per diffonderla all’interno delle proprie organizzazioni rappresentano ancora oggi una minoranza.

Simonetta La Grutta, Partner di Bernoni Grant Thornton, commenta:

“Anche quest’anno i risultati della survey evidenziano come il cambiamento culturale da porre alla base della definizione di azioni concrete e condivise, volte all’effettiva implementazione della diversity, è avvenuto in misura molto limitata. Un contributo essenziale, in questo senso, possono darlo anche i soggetti portatori delle specialty che derivano dall’eterogeneità, rendendo chiaramente percettibile il plus – in termini di competenze operative, tecniche, manageriali – con il quale concretamente contribuiscono alla crescita delle organizzazioni di cui fanno parte, se realmente coinvolti.”