L’inflazione non deve far paura

Juan Valenzuela -

I timori verso un ritorno dell’inflazione hanno portato ad un rialzo consistente della volatilità all’inizio di quest’anno, ma niente paura, non c’è alcuna accelerazione in vista da parte delle Banche centrali.

E’ alquanto improbabile, infatti, che l’indice dei prezzi al consumo registri un balzo talmente significativo da influenzare la rotta di politica monetaria tracciata dalla Federal Reserve e dagli altri istituti centrali, rendendoli più aggressivi. Dopo le scosse degli scorsi mesi, quindi, il panorama dovrebbe diventare più benigno per il comparto fixed income.

Il picco di volatilità visto a febbraio non cambia di fatto il quadro macroeconomico. Nonostante il livello di attività economica, l’attuale ritmo di crescita non richiede un intervento aggressivo da parte dei banchieri centrali che proveranno sollievo, non paura, di fronte all’evolvere della situazione. Di conseguenza, le nostre previsioni puntano verso una combinazione positiva che vede da un lato una politica monetaria accomodante, anche se in maniera inferiore rispetto al passato, e dall’altro un approccio fiscale relativamente stimolante che dovrebbe mantenere la crescita oltre le attuali capacità, su livelli simili a quelli registrati nel 2017.

Per quanto riguarda l’inflazione, abbiamo assistito a una risalita dai minimi, ovvero ad una semplice normalizzazione scaturita dal limitato esubero nel mercato del lavoro e da un recupero vigoroso. Questo movimento non è da temere, ma da accogliere più che positivamente dopo anni passati a lottare contro forze deflative che hanno zavorrato i prezzi. Per questo non c’è motivo di credere che Washington voglia spingere l’acceleratore sul processo di normalizzazione della politica monetaria. Certo il Fomc proseguirà con i rialzi del costo del denaro, che presumibilmente saranno tra i tre e i quattro. Inoltre, il tasso finale è probabile sarà più alto di quanto il mercato sta prezzando (circa un 2,5% nel 2020), ma non riteniamo che la Fed si senta arretrata in questo momento.

In Europa, invece, le previsioni sui tassi appaiono ora più ragionevoli di quanto lo fossero verso la fine dello scorso anno. Ci aspettiamo che la Banca centrale europea metta fine al QE alla fine del 2018, come calcolato dal mercato, e che il primo rialzo dei tassi avvenga nella prima metà del 2019.
In conclusione, crediamo che alla fine le banche centrali si muoveranno più velocemente di quanto gli operatori si attendano, ma non nel breve termine. I tassi di interesse oggi sono effettivamente nella parte bassa dello spettro e con inflazione headline e core limitate (col rischio di ribasso), è probabile che l’aggiustamento della politica monetaria continuerà ad essere molto graduale. Dopo tutto, gli istituti centrali vogliono evitare di trovarsi nella situazione di non avere frecce al loro arco in caso di una nuova correzione economica, ma allo stesso tempo vogliono evitare di esserne la causa.


Juan Valenzuela – co-manager del Kames Strategic Global Bond Fund – Kames Capital