Brasile, buona qualità ma attenti alle valutazioni

Rishikesh Patel -

Un tempo il Brasile era considerato un simbolo del potenziale dei mercati emergenti. Tassi di crescita elevati, stabilità politica e una base di consumatori fiduciosi sembravano indicare una nuova era di espansione economica e crescita del benessere.

Il Paese ha attraversato la crisi finanziaria globale relativamente indenne soprattutto grazie ai ridotti tassi di interesse e all’aumento della spesa pubblica, in particolare sotto forma di finanziamenti emessi dalla banca di sviluppo statale. L’arrivo di tempi migliori è coinciso con una forte espansione del ciclo delle materie prime.

In tempi più recenti, dopo aver assistito al collasso del prezzo del petrolio e trovandosi nel mezzo di una profonda crisi politica, sociale ed economica, il Brasile è probabilmente diventato un esempio degli stereotipi negativi spesso associati ai mercati emergenti.

Il Paese è in recessione da due anni, l’economia si è contratta di quasi il 10%, l’inflazione e i tassi di interesse sono a doppia cifra, il deficit di bilancio si sta ampliando (dal 2% al 10%) e il tasso di disoccupazione è intorno al 13%. Se a questo si aggiunge l’instabilità politica dovuta all’impeachment e all’incarcerazione degli ultimi presidenti, oltre al più grande scandalo di corruzione (“Lava Jato” – Operazione “Autolavaggio” – indagine tuttora in corso) nella storia brasiliana che coinvolge la più grande società del paese, molti uomini di affari e politici di tutti i partiti, il quadro è tutt’altro che entusiasmante.

È proprio questo tuttavia sembra essere lo “stile brasiliano”. Michel Temer, salito al potere dopo il rinvio a giudizio di Dilma Rousseff e a sua volta parte di uno scandalo legato alla corruzione, è riuscito a resistere e a mettere in qualche modo sotto controllo l’inflazione, ne è seguita una riduzione dei tassi di interesse. La mossa più significativa di Temer è stata il congelamento della spesa pubblica per i prossimi 20 anni.

Sicuramente sono segnali incoraggianti, ma sono solo dei piccoli passi in avanti. La riforma più importante, che potrebbe realmente avere un impatto sul debito brasiliano, è relativa al sistema pensionistico. È una riforma molto impegnativa, e l’iter richiederebbe una dirigenza politica forte per arrivare a buon fine. Il Brasile spende di più per le pensioni che per educazione e infrastrutture insieme. La spesa pensionistica conta per un decimo del Pil brasiliano – giustamente eccessiva per un paese con un’età media di 31 anni. Senza una ristrutturazione, le pensioni potrebbero crescere fino ad essere un quinto del PIL.

Le elezioni di ottobre si avvicinano, e questi temi domineranno l’agenda. Attualmente non c’è un candidato in una chiara posizione di vantaggio. L’ex-presidente Lula è avanti nei sondaggi, ma dato che sta scontando una pena di 12 anni in prigione per corruzione, la sua partecipazione è improbabile.

Nonostante le evidenti sfide cha il Paese sta affrontano, l’ottimismo che si è sviluppato intorno alle riforme (congelamento della spesa pubblica, ristrutturazione delle leggi sul lavoro) e il lento recupero del ciclo economico hanno alimentato – forse troppo – la fiducia, portando il mercato azionario brasiliano vicino ai massimi storici in termini di valuta locale.

Il Brasile ha diverse società interessanti, con molte delle quali ci siamo incontrati nel corso del nostro viaggio di aprile. Come investitori, ci piacciono le società che prosperano quando i mercati sono in difficoltà e che hanno buone barriere a protezione delle loro attività, che riescono a generare forti flussi di liquidità e che rispettano gli azionisti di minoranza. In questo senso ci sono diverse società che operano in Brasile che rispettano questi criteri. Un buon esempio è Raia Drogasil (RADL), leader nel mercato molto frammentato della vendita al dettaglio del settore farmaceutico (detengono il 12% di quota di mercato). Hanno costantemente dimostrato di essere i migliori nel loro campo, con margini di EBITDA tra l’8% e il 9% circa, nonostante la crescita accelerata degli ultimi anni (circa un terzo dei suoi nuovi punti vendita ha meno di tre anni). Il loro focus è stato la crescita organica, piuttosto che l’acquisizione, che vediamo come un buon indicatore dell’obiettivo di creare valore, non un “impero”.

Alpargatas (nota soprattutto per le infradito Havaianas) è stata molto interessante, mentre Hypera Pharma, la più grande azienda farmaceutica, e OdontoPrev, impegnata nella fornitura di servizi odontoiatrici, ci hanno impressionato per la loro disciplina, per la decisione di allocazione del capitale e per la qualità della gestione. Una parola dovrebbe essere riservata anche alle banche che abbiamo incontrato e, in particolare, Itau. Il team di gestione di Itau ha costantemente dimostrato la disciplina e la lungimiranza necessarie per gestire un’organizzazione altamente redditizia, garantendo una crescita prudente ma sostenibile e, al contempo – e in questo è probabilmente la migliore nella sua categoria – vendendo servizi finanziari alla sua vasta base di clienti.

Il prezzo da pagare per detenere la maggior parte di queste società è il vero ostacolo. Sembra infatti che al momento il mercato si sia entusiasmato fin troppo per i tiepidi segni di una possibile ripresa, spingendo i prezzi fino a renderli non più interessanti, nonostante la qualità di alcune aziende sia evidente. È sicuramente frustrante, tuttavia il pregio di essere un investitore di lungo termine è l’avere il tempo dalla propria parte. Aspetteremo pazientemente la prossima opportunità.

Partendo dal Brasile, la sensazione generale che si prova (percepita dalle aziende e dalle persone che abbiamo incontrato) era quella di un “ottimismo frustrato”. Vi sono aree di miglioramento e i prezzi delle materie prime si sono anch’essi ripresi dai minimi recenti. Ma le riforme sono fondamentali e il nuovo presidente che si insedierà più avanti nel corso dell’anno avrà in questo senso un compito difficile.


Rishikesh Patel – Portfolio Manager – BMO Global Asset Management