Quo vadis, mercato azionario?

Yves Ceelen -

Il 2018 si è concluso con un forte calo dei mercati azionari e investitori spaventati in tutto il mondo. A dicembre, l’S&P 500 è sceso di quasi il 10%, mentre lo Stoxx 50 e il Nikkei sono diminuiti rispettivamente del 6 e del 10%.

Questa turbolenza del mercato ha spinto molti investitori a chiedersi: le azioni sono ancora in fase di discesa o si tratta di una buona opportunità di acquisto?

Un primo passo per risolvere questo rompicapo potrebbe essere capire in quale fase del ciclo economico ci troviamo oggi. La durata dell’espansione economica corrente ci fa pensare che potremmo essere vicini alla fase finale del ciclo. Attualmente al suo 114esimo mese, questa espansione già rappresenta la seconda più lunga della storia, che si avvicina alla ripresa economica iniziata a marzo del 1991 e durata 120 mesi. Tutto questo è il risultato di una politica fiscale particolarmente permissiva (tassi d’interesse bassi o addirittura negativi, politica monetaria espansiva, piano di rifinanziamento a lungo termine o LTRO, controllo della curva dei rendimenti) così come della recente politica fiscale degli Stati Uniti e dell’amministrazione cinese.

Comunque, come ha dichiarato l’ex presidente della Fed, le espansioni non muoiono di vecchiaia, e ciò rende necessaria un’analisi più profonda del ciclo economico. Gli indicatori economici e di mercato ci offrono più informazioni. Gli indicatori economici primari come l’indice dei direttori agli acquisti, o PMI, che tradizionalmente guida il ciclo economico, sembrano aver avuto il loro apice nel periodo che va dalla fine del 2017 a metà del 2018. Gli indicatori economici differiti come il tasso di disoccupazione mostrano però ancora risultati positivi, spingendo le banche a inasprire ancora di più le proprie politiche monetarie. Gli indicatori economici quindi mostrano come la fine dell’espansione potrebbe essere stata raggiunta. Questa conclusione è supportata dall’apparente intenzione della Fed di mettere in pausa il suo ciclo di rialzi e da una curva dei rendimenti statunitense che è già parzialmente invertita.

Gli indicatori economici e di mercato, così come i decisori politici come la Fed, indicano tutti la stessa conclusione: potremmo tranquillamente essere al culmine, o addirittura oltre il culmine, del ciclo economico. Questo ci obbliga a chiederci: in che direzione va il mercato azionario?

Per prevedere la direzione del mercato azionario, un investitore deve essere a conoscenza delle attuali valutazioni azionarie. Il rapporto prezzo-utili (Price-earnings, PE) è probabilmente il metro di valutazione più usato dagli analisti finanziari. Questo metodo di valutazione funziona molto bene nei mercati che seguono l’andamento di un trend, ma presenta una debolezza molto importante. Nei punti di svolta del ciclo economico, molte società e analisti tendono ad estrapolare il trend negli utili sottostanti nel momento in cui questi ultimi invertono la loro direzione. In questo modo, il metro di valutazione fornisce un messaggio errato. Il segnale è troppo ribassista quando si calcola in prossimità dei minimi economici e di mercato e troppo rialzista vicino ai picchi economici. Se il ciclo economico è prossimo alle sue fasi finali, il rapporto prezzo-utili è probabilmente lo strumento meno indicato.

Piuttosto, per inserire le valutazioni azionarie in una prospettiva più ampia, è meglio evitare l’estrapolazione del denominatore nel calcolo del rapporto (utile per azione) o usare un’altra metodologia che sta diventando sempre più popolare negli anni recenti, ispirata da Robert Shiller, professore di Economia all’Università di Yale. Il vincitore del premio Nobel ha creato un rapporto prezzo-utili che viene corretto per il ciclo economico, il metodo comunemente conosciuto come Cyclically Adjusted Price-to-Earnings, CAPE o Shiller PE. Questa misura di valutazione è definita come il prezzo diviso per gli utili medi degli ultimi dieci anni corretti per l’inflazione. Detto semplicemente, essa prende in considerazione i guadagni in un ciclo economico completo, per neutralizzare gran parte della ciclicità degli utili, cercando così di evitare un’ estrapolazione di dati troppo elevati e non realisticinel futuro.

Stimare il CAPE per le differenti regioni di riferimento per l’azionario ed inserire i numeri attuali in una prospettiva storica potrebbe aiutare a rispondere a diverse domande di interesse per gli investitori: dopo l’attuale caduta dei prezzi dell’azionario, le valutazioni diventeranno più convenienti? La recessione è già stata prezzata?

Dal 2006 la crescita dei ricavi è stata più forte nei mercati emergenti, seguita da una ripresa del Giappone e poi degli Stati Uniti. È desolante constatare che la crescita degli utili nell’Eurozona è quasi inesistente a causa dell’elevata regolamentazione di settori come quello delle utilities, dei servizi di comunicazione e finanziari che al contrario hanno visto i loro utili calare drasticamente.

Possiamo trarre due conclusioni dall’analisi svolta.
Prima di tutto, gli investitori dovrebbero in qualche modo mostrare prudenza sul mercato azionario europeo e su quello statunitense a lungo termine. Anche dopo il recente calo, questi mercati non mostrano valutazioni economiche. Certamente, non stanno prezzando una recessione. Il Giappone, d’altro canto, sembra valutato correttamente ed è quindi più interessante da un punto di vista delle valutazioni.
In secondo luogo, la crescita degli utili in Europa è frenata da un decennio. Non ci sono segnali immediati che questo quadro cambierà positivamente da qui a poco. Ciò non significa che l’Europa debba essere messa da parte, ma che la gestione attiva assume un ruolo vitale nelle scelte di investimento sull’azionario europeo, affinché si generino delle performance future soddisfacenti.


Yves Ceelen – Head of Institutional Portfolio Management – Degroof Petercam AM