L’olio di palma può essere sostenibile?

Nina Roth -

Le preoccupazioni sulla sostenibilità della produzione di olio di palma non sono una novità, da molti anni gli investitori uniscono le proprie voci alle pressioni politiche e sociali per l’introduzione di standard ambientali più rigorosi a riguardo della produzione di questo ingrediente alimentare ampiamente diffuso.

Con l’aumentare dell’attenzione verso i cambiamenti climatici e biodiversità, la sollecitazione politica da parte di Unione Europea e Stati Uniti, e le preoccupazioni sull’efficacia delle misure esistenti, stanno aumentando ulteriormente la pressione. Un recente riferimento a questa tematica è stato la mosso da parte dei candidati alla corsa Presidenziale USA del 2020: Elizabeth Warren e Bernie Sanders, in collaborazione con altri sei colleghi senatori hanno inviato una lettera ai gestori di fondi chiedendo loro di rivolgersi alle società, presenti nei loro portafogli o nella propria rete finanziarie, ritenute responsabili delle deforestazioni causate dall’olio di palma.

La Tavola rotonda sull’olio di palma sostenibile (RSPO) è stata un’iniziativa chiave per migliorare la sostenibilità del settore, ma anch’essa non è stata priva di critiche. Di seguito vi riassumiamo alcune delle sfide che deve affrontare e i recenti sviluppi della RSPO in risposta a tali sfide.

L’impatto dell’olio di palma

Ogni anno vengono prodotte circa 66 milioni di tonnellate di olio di palma, oltre il 50% proviene dall’Indonesia e più del 30% dalla Malesia. La produzione di questo ingrediente provoca una serie di effetti gravi, sia sociali che ambientali:

  • Inquinamento atmosferico locale: è stato particolarmente grave nel 2015 quando il fumo degli incendi boschivi indonesiani raggiunse il centro finanziario di Singapore, per settimane le scuole furono chiuse e vennero scoraggiate le attività all’aria aperta.
  • Deforestazione: a causa della deforestazione per far spazio alle piantagioni di olio di palma, stanno scomparendo le foreste pluviali tropicali, la biodiversità, gli habitat naturali e si sta perdendo la protezione dalle inondazioni.
  • Torba: è un terreno capace di immagazzinare efficacemente il carbonio, il drenaggio e la conversione della torba in piantagioni ha notevolmente favorito i cambiamenti climatici.
  • Specie minacciate dall’estinzione: la perdita degli habitat naturali a causa della deforestazione minaccia ulteriormente le specie in via di estinzione, tra cui: i rari esemplari di oranghi e le tigri.
  • Diritti umani e diritti dei lavoratori: la mancanza dei diritti dei lavoratori per i migranti, la violazione dei diritti delle popolazioni indigene e il trasferimento delle comunità locali.

Alcuni produttori di alimenti stanno iniziando a cercare delle alternative all’olio di palma, ma le altre colture oleaginose, come la colza, la soia, i semi di girasole e la noce di cocco, implicano ugualmente delle problematiche legate alla sostenibilità e la sostituzione potrebbe addirittura peggiorare la situazione a livello ambientale.

Il ruolo della Tavola rotonda sull’olio di palma sostenibile

Per far fronte alle gravi problematiche di sostenibilità della filiera dell’olio di palma, grazie all’iniziativa delle diverse parti interessate e con le ONG come co-fondatrici, nel 2004 è stata costituita la Tavola rotonda sull’olio di palma sostenibile (RSPO). Circa il 21% dell’olio di palma prodotto a livello mondiale è ora certificato dalla RSPO, l’organizzazione ha avuto diversi impatti positivi per quanto concerne la sostenibilità, come evidenziato nella ricerca della Zoological Society of London (ZSL) tramite il loro strumento sulla trasparenza della politica di sostenibilità (SPOTT), il quale ha dimostrato che le società facenti parte della RSPO, quindi produttrici di un olio di palma certificato, sono più trasparenti e si comportano meglio sotto tutti gli aspetti rilevanti per la sostenibilità.

 

BOX: performance sulla sostenibilità e certificazione RSPO 
bmo l olio di palma puo essere sostenibile 
Il confronto tra la media dei punteggi delle società RSPO (a sinistra) rispetto alle società non RSPO (a destra). La media complessiva per le società RSPO si attesta al 60%, mentre la media complessiva per le società non RSPO è del 20%.
Fonte: SPOTT ZSL, febbraio 2019 

 

Tuttavia, la RSPO è stata anche oggetto di critiche, quest’ultime reclamavano all’organizzazione di non esser stata abbastanza incisiva, non penalizzando coloro che infrangono le regole e reagendo troppo lentamente nei confronti di gravi violazioni dei diritti umani, dei diritti dei lavoratori o nei confronti di attività che danneggiano le specie in via di estinzione. La credibilità dell’organizzazione è stata messa in dubbio dalle accuse rivolte al quadro di sorveglianza e ai meccanismi di richiamo, imputando loro di essere troppo amichevoli con le imprese. A destare preoccupazioni c’è stato anche il processo di auditing e certificazione nel quale non veniva garantita l’indipendenza dei revisori.

RSPO risponde

Negli ultimi anni, la RSPO ha visto crescere il proprio potere finanziario e la propria autorevolezza, ed ha cercato di risolvere le problematiche che le sono state segnalate.

Nel 2017 e per tutto il 2018 la RSPO ha rivisto i suoi Principles & Criteria (P&C), i quali costituiscono lo statuto dell’organizzazione e delineano i requisiti per suoi membri; il processo si ripete ogni cinque anni e senza dubbio l’ultima revisione è stata la più completa, dando particolare importanza agli aspetti dei diritti umani e dei lavoratori.

Per la revisione è stata costituita una task force con una rappresentanza equilibrata di produttori di olio di palma, attori della catena di approvvigionamento, investitori e ONG; quindi sono stati istituiti due periodi di 60 giorni per le consultazioni pubbliche e si sono tenute dieci riunioni fisiche in tutto il mondo. I documenti sono stati tradotti in cinque lingue, per praticità e facilità di verifica il nuovo standard è stato testato in Africa e nel Sud-Est asiatico, e la stessa sperimentazione ha indicato ulteriori adattamenti. I nuovi P&C sono stati votati e accettati a larga maggioranza durante la tavola rotonda annuale della RSPO del 2018.

Le principali novità e modifiche includono:

  • No alla deforestazione: le nuove piantagioni non dovrebbero causare deforestazioni, con alcune possibili eccezioni per i paesi con una copertura forestale elevata.
  • Nessuna nuova semina sulla torba: tutti i terreni di torba – che immagazzinano milioni di tonnellate di carbonio e hanno un elevato pericolo d’incendio se drenati – devono essere conservati.
  • Diritti umani e dei lavoratori: un ampiamento dei diritti che includono l’attuazione dei meccanismi di reclamo, maggiori controlli, protezione dei diritti delle popolazioni indigene, rispetto dei diritti dei lavoratori migranti, nessun lavoro forzato e il divieto al lavoro minorile. Un’ottimizzazione dell’allineamento generale con gli standard dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sui nuovi aspetti relativi al genere.
  • Salario: per il salario della forza lavoro devono essere applicate le direttive della Global Living Wage Coalition (GLWC) che garantiscono una vita decente al lavoratore.
  • Standard per i piccoli proprietari: delle procedure ad hoc che facilitino l’accesso alla certificazione RSPO ai piccoli proprietari.
  • Fornitori di terze parti: dei criteri più rigorosi che richiedono la geolocalizzazione per le origini della frutta fresca e le licenze per la coltivazione e il commercio.

Gli organismi di certificazione dell’RSPO sono stati coinvolti nella consultazione e saranno formati sui nuovi P&C. Per aumentare ulteriormente la propria credibilità, la RSPO dovrà garantire che le valutazioni annuali per la conformità siano eseguite rigorosamente e gli elementi di audit, se critici, vengano evidenziati di conseguenza.

Si tratta di sviluppi positivi che ampliano il campo d’azione dell’RSPO su alcune questioni chiave, tuttavia, permangono delle tensioni attorno all’ambizione generale e sull’equilibrio tra gli obiettivi sociali e quelli ambientali, se da un lato la RSPO deve essere sensibile alle esigenze dei piccoli proprietari, ad esempio mediante la concessione di alcune esenzioni, nonché dare priorità allo sviluppo delle comunità locali, dall’altro deve rispondere alle richieste di azzeramento della deforestazione, dove gli viene richiesto che non ci sia alcuna riduzione delle foreste primarie a tutti i costi e in tutte le regioni.

È stato concesso un anno per l’attuazione del P&C che entrerà in vigore entro novembre 2019, sarà accompagnato da un roadshow e da corsi di formazione, ma a causa di alcuni aspetti l’adozione potrebbe rivelarsi troppo ambiziosa per l’industria (ad esempio l’attuazione di un approccio per gli stock ad alto contenuto di carbonio o il salario di sussistenza), in particolar modo nelle nuove aree di produzione con una bassa penetrazione della certificazione RSPO come: Papua Nuova Guinea, Nigeria, Liberia e Colombia.

Le riforme hanno orientato la RSPO nella giusta direzione, ma l’espansione della propria certificazione oltre l’attuale 21% della produzione globale e la garanzia dell’attuazione dei relativi criteri rimangono delle enormi sfide aperte, mentre gli investitori continuano ad essere critici.

L’impegno di BMO

Negli ultimi dieci anni, la BMO Global Asset Management, con delle iniziative individuali o in collaborazione con altri enti, si è impegnata nella sensibilizzazione delle società di investimento che sono direttamente o indirettamente (catene di approvvigionamento – istituzioni finanziarie) esposte alle problematiche legate all’olio di palma, incoraggiandole a:

  • sviluppare, pubblicare e attuare una politica a riguardo della deforestazione che raggiunga tutta la catena di approvvigionamento;
  • sviluppare, pubblicare e attuare una politica in materia di diritti umani e dei lavoratori, che raggiunga sempre l’intera la catena di approvvigionamento;
  • nel complesso, allineare i propri standard con la RSPO e prendere in considerazione l’adesione a quest’ultima.

In un contesto di rischi crescenti legati alla deforestazione, i quali coinvolgono le nostre società partecipate o presenti nei portafogli dei nostri clienti, porteremo avanti il nostro impegno con l’industria dell’olio di palma. Recentemente abbiamo parlato con i senior management di due importanti società malesiane produttrici di olio di palma, in particolare abbiamo cercato di comprendere la loro capacità di implementare con successo i nuovi P&C. Mentre uno sembra essere in anticipo rispetto l’adeguamento alle nuove politiche, l’altro è rimasto sostanzialmente nella situazione originaria, evidenziando un netto divario tra i leader e i ritardatari.

Stiamo inoltre collaborando con le banche coinvolte in questo settore attraverso la concessione dei prestiti, le loro condizioni di concessione dei prestiti rappresentano uno strumento importante per il cambiamento; un impegno rilevante è stato preso con la Bank Mandiri, la più grande banca dell’Indonesia.

 

Caso di studio PT Bank Mandiri

La Bank Mandiri è la più grande banca dell’Indonesia ed è uno dei maggiori istituti di credito del paese per l’industria dell’olio di palma, impegna circa il 9% del suo portafoglio prestiti in questo settore, e le gravi preoccupazioni legate alla sostenibilità presentano dei rischi per le società coinvolte.

Abbiamo incontrato la banca diverse volte e l’abbiamo incoraggiata ad applicare una politica sui finanziamenti che richieda una conformità più rigorosa che tenga conto dei rischi legati alla produzione dell’olio di palma. In particolare, le abbiamo chiesto di adottare una politica di No Deforestazione, Salvaguardia della torba e Nessuno sfruttamento (NDPE). Ciò richiederebbe ai clienti produttori di olio di palma di porre fine alla deforestazione, proteggere le aree ad alto valore e implementare al meglio le pratiche di gestione delle piantagioni.

Il nostro punto di vista
Le crescenti richieste rivolte all’Indonesia per una riduzione delle emissioni di carbonio stanno mettendo sotto pressione le banche, queste devono migliorare la gestione dei rischi derivati dal finanziamento dei clienti ad alto impatto. Un approccio più rigoroso al finanziamento per le società produttrici di olio di palma potrebbe portare la Bank Mandiri ad anticipare gli sviluppi normativi e allo stesso tempo contribuire all’adozione di pratiche agricole più sostenibili.

 

La pressione degli investitori è stata determinante per compiere progressi in questo settore, ma con l’emergere di nuove aree di produzione di olio di palma e la domanda in costante crescita, la strada da percorrere non è stata ancora delineata nonostante il miglioramento degli standard della RSPO. Continueremo ad impegnarci sperando che il nostro dialogo con le banche fornisca una nuova via verso il cambiamento.


Nina Roth – Director, Analyst, Responsible Investment – BMO Global Asset Management