Mercati azionari, cosa aspettarsi nel prossimo semestre

Nadège Dufossé -

Nella prima metà del 2019 i mercati azionari hanno registrato una netta ripresa rispetto ai minimi toccati a fine dicembre 2018, sebbene il divario tra la performance del mercato USA (crescita superiore al 20%) e quella dei mercati emergenti (meno del 10%) sia ancora significativo.

Gli investitori hanno approfittato di questo rally per ridurre le proprie posizioni e la loro fiducia è calata notevolmente. Gli ultimi sondaggi condotti tra i gestori di portafogli globali a metà giugno, hanno evidenziato un forte pessimismo, attribuibile alla persistente debolezza degli indicatori economici, all’imprevedibilità delle dichiarazioni del presidente Usa e all’agitazione suscitata dalle prossime mosse delle banche centrali.

A nostro avviso non ci si dovrebbe arrendere a questo pessimismo onnipresente. Per il secondo semestre 2019 ci manteniamo overweight sulle azioni. Posizione che modificheremo se il rallentamento economico dovesse peggiorare e se le banche centrali non dovessero riuscire a limitare l’indebolimento dell’attività economica (potenzialmente esasperato da eccessive tensioni commerciali).

Non riteniamo probabile una recessione nel 2020, e dopo l’impressionante calo dei rendimenti registrato a maggio, la ricerca di alpha è tornata ad essere una sfida per gli investitori. A partire dallo scorso anno, il premio per il rischio azionario è aumentato, a causa del calo delle valutazioni azionarie e dei rendimenti.

Dal punto di vista dell’allocazione geografica, il mercato USA è in testa, protetto da un doppio paracadute. La Fed sta facendo tutto il possibile per frenare il rallentamento economico e mantenere condizioni finanziarie accomodanti. Attualmente, la Federal Reserve ha un margine di manovra più ampio per allentare la PROPRIA politica monetaria rispetto ad altre banche centrali. Allo stesso tempo, il presidente Trump ha lanciato ufficialmente la sua campagna per un secondo mandato e a rigor di logica dovrebbe cercare di evitare di innescare una recessione e un crollo del mercato azionario. Da un punto di vista dei fondamentali, la crescita del Paese è più solida, come dimostrato dal miglioramento degli utili delle aziende, e la valutazione dei titoli statunitensi non è eccessiva.

Le azioni dei mercati emergenti (EM) sono interessanti nel medio termine perché hanno un track record di crescita: dei primi quattro settori azionari dell’indice EM Equities, tre sono legati alla tecnologia, ai social media e ai consumi. Stiamo tornando ad essere più costruttivi sulle azioni emergenti, in particolare sulla Cina, con la sicurezza che possa essere raggiunto un accordo con gli Stati Uniti (anche temporaneo) e che il rischio di una guerra commerciale nel breve termine sia stato evitato. Di conseguenza, Pechino dovrebbe essere in grado di sostenere la propria crescita economica e l’area EM potrebbe almeno in parte recuperare il ritardo in termini di performance.

La zona euro appare ancora più vulnerabile, dato il suo limitato margine di bilancio, i rendimenti già negativi e l’esposizione a diversi rischi politici interni ed esterni. Gli investitori, che hanno già prezzato questi rischi, hanno abbandonato la regione. Paradossalmente, questo pessimismo potrebbe finire per aprire la strada a qualche sorpresa positiva in termini di stabilizzazione della crescita o di allentamento delle tensioni politiche.


Nadège Dufossé – Head of Asset Allocation – Candriam