Obbligazionario emergente, rendimenti oltre il 5% nei prossimi 12 mesi

Koon Chow -

L’ultima minaccia di Trump riguardante le tariffe commerciali può provocare alcuni temporanei picchi di volatilità, ma la data di scadenza della minaccia stessa (dazi del 10% sui rimanenti beni cinesi non soggetti a tariffe a partire dal primo di settembre) suggerisce una tattica negoziale.

Anche se non si registrassero progressi nei negoziati commerciali e l’aumento delle tariffe entrasse in vigore, è probabile che la politica monetaria globale si allenti in risposta. Ciò è giustificato da un’inflazione globale contenuta e da una minore crescita del PIL. Tuttavia, non si tratta di una recessione. Questo è importante perché significa che, nonostante il rallentamento, su base trimestrale i flussi verso i mercati emergenti dovrebbero rimanere saldi.

L’allentamento monetario si sta diffondendo anche fra gli emergenti, con un maggior numero di banche centrali che hanno cominciato a tagliare i tassi, facendo leva sulla loro bassa inflazione interna e sull’azione della stessa Fed. Ciò può aiutare i mercati del debito emergente nel loro complesso, riducendo i costi di finanziamento in valuta nazionale e attirando capitali esteri verso le proprie di obbligazioni in valuta locale. Il risultato dell’allentamento monetario è un crescente stock globale di obbligazioni a rendimento negativo nei mercati sviluppati, che sostiene i flussi di portafoglio obbligazionario nei mercati emergenti. Attualmente circa il 25% (per un valore di circa 14mila miliardi di dollari) dell’indice obbligazionario globale aggregato è a rendimento negativo. Questo dato ammontava al 15% (per un valore di 8mila miliardi di dollari) all’inizio di quest’anno e, a nostro avviso, è destinato a crescere ancora, in quanto le banche centrali di tutto il mondo prendono spunto dall’allentamento monetario della Fed. La BCE, ad esempio, ha dato forti segnali di taglio e riavvio del QE nei prossimi mesi.

I fondamentali della crescita degli emergenti rispecchiano la tendenza globale con un rallentamento guidato da Cina e Messico. È importante però sottolineare che le possibilità di una recessione di queste regioni sono molto scarse; nel nostro scenario di base vediamo ancora un divario sostenibile fra la crescita del PIL tra degli emergenti e quello dei mercati sviluppati. Secondo le previsioni dell’FMI, questo differenziale dovrebbe attestarsi a circa 2,2 punti percentuali nel 2019 (in linea con l’anno scorso) e di 3 punti percentuali nel 2020. Il divario positivo dovrebbe continuare ad essere un fattore di attrazione per i flussi di capitali verso gli emergenti, fattore che agisce in parallelo con il pull factor rappresentato dai bassi rendimenti obbligazionari globali.

Per quanto riguarda la Cina, siamo moderatamente cauti e prevediamo un graduale rallentamento in quanto l’onere dei dazi americani e l’azione precauzionale delle società su scala globale (alla ricerca di fornitori alternativi alla Cina) continuano a pesare sulle esportazioni cinesi. Nel frattempo, gli elevati livelli di debito non governativo cinese e gli sforzi normativi per rafforzare la qualità del portafoglio prestiti del settore privato dovrebbero contenere nuovi investimenti privati. I policymaker cinesi, di fronte alla minaccia tariffaria, potrebbero allentare nuovamente la politica monetaria, ma in generale è probabile che Pechino decida di non puntare su stimoli monetari e fiscali aggressivi, risparmiando munizioni per l’eventualità in cui i negoziati commerciali dovessero avere un impatto duraturo.

A nostro avviso, i fondamentali delle imprese emergenti sono stabili, con una certa pressione al ribasso sulla crescita degli utili controbilanciata da condizioni di finanziamento in valuta locale e forte più agevoli. Le condizioni di finanziamento favorevoli sono migliorate in tutto lo spettro di rating e, insieme a fondamentali di leva finanziaria mediamente buoni; questo dovrebbe continuare ad essere un forte fattore di contenimento sui tassi di insolvenza nella parte di mercato high yield.

Le valutazioni sono naturalmente meno interessanti dopo il rally di luglio, ma ci sono ancora buone sacche di valore nel debito in valuta forte e locale. La quota high yield dell’indice EMBI Global Diversified, ad esempio, è attualmente di 535 punti base sopra al livello dei Treasury americani, vicino alla media triennale e quinquennale e, soprattutto, con un ampio divario rispetto all’high yield societario statunitense.

Per le obbligazioni EM Corporate (JP Morgan CEMBI Diversified) ci aspettiamo nei prossimi 12 mesi rendimenti di circa il 5%, con il principale contributo ancora proveniente dal carry. Anche i rendimenti delle obbligazioni sovrane degli emergenti (JP Morgan EMBI Global Diversified) dovrebbero essere trainati dal carry e produrre rendimenti intorno al 5,6%.

Abbiamo un bias neutrale sull’universo valutario emergente. Un contesto di crescita globale più debole e tagli generalizzati dei tassi rendono difficile per ora avere un indebolimento generalizzato del dollaro (o un apprezzamento delle valute emergenti). Tuttavia, vediamo con favore il mantenimento di posizioni lunghe su alcune valute selezionate con bassa volatilità, come il naiara nigeriano e il peso uruguaiano.


Koon Chow – EM Macro and FX Strategist – Union Bancaire Privée (UBP)