Intelligenza artificiale: una rivoluzione nei trattamenti neurologici

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L’interfaccia cervello-computer nell’era attuale dell’IA

La prima volta che un dispositivo è stato introdotto nel corpo umano per aiutare il cervello a controllare alcuni movimenti risale a… 30 anni fa! Il paziente soffriva di morbo di Parkinson. La procedura, nota come Stimolazione Cerebrale Profonda (Deep Brain Stimulation, “DBS”), si è rivelata sicura ed efficace nel controllare alcuni sintomi del Parkinson. Tuttavia, non è riuscita ad affermarsi come trattamento d’elezione per questa terribile malattia (per non parlare di altre malattie con effetti simili, come l’epilessia, la distonia e il tremore essenziale).
Alcune aziende di apparecchiature mediche (MedTech) proseguono le ricerche sulla DBS (es. Medtronic, Boston Scientific, Abbott Laboratories, ecc.). Medtronic, leader in questo segmento, offre la tecnologia “BrainSense”, che può registrare i segnali emessi dal cervello per consentire una terapia personalizzata e adattiva. I finanziamenti pubblici per la DBS sono in forte accelerazione (quasi 12 miliardi di dollari entro il 2023, rispetto ai soli 6,5 miliardi nel 2016), il che non sorprende, dato che ogni anno negli Stati Uniti vengono diagnosticati 90.000 nuovi casi di Parkinson. Ma è nel campo dell’IA che le prospettive di nuove scoperte sembrano più promettenti.

Neuralink: quando l’IA entra in gioco… con un piccolo aiuto da Elon Musk!

Neuralink è una start-up americana co-fondata da Elon Musk, con l’obiettivo di ripristinare le funzionalità nei pazienti i cui cervelli e corpi non comunicano più tra loro. Mira, ad esempio, ad aiutare i pazienti paralizzati a camminare o a muovere un mouse su un computer. Naturalmente, ci sono molti ostacoli da superare, in particolare dal punto di vista normativo, prima che questo sia possibile. Eppure sembra che Neuralink (forse con l’aiuto della visibilità di Elon Musk) sia stata valutata quasi sette miliardi di dollari al momento dell’ultima raccolta di capitali, in seguito all’autorizzazione da parte della Food & Drug Authority (FDA) per a sperimentazione su un essere umano, iniziata a maggio 2023.
Nella pratica, Neuralink impianta circa mille minuscoli elettrodi nel cervello umano, che registrano i picchi di impulsi elettrici generati dai neuroni. Il dispositivo di Neuralink (chiamato “The Link”, un termine che esprime l’intento di ristabilire una connessione tra cervello e corpo) include un algoritmo che analizza e aggrega questi segnali, prima di trasmetterli via Bluetooth a un computer esterno per la decodifica. L’algoritmo è stato addestrato a riconoscere l’equivalenza tra un particolare segnale elettrico emesso dal cervello e l’azione corrispondente (ad esempio, l’attivazione di un determinato muscolo).
The Link, è quindi supportata da una forma di Intelligenza Artificiale. Ciò dimostra anche la forza dell’IA rispetto ad altre tecnologie di tipo “BCI” (Brain-Computer Interface), in quanto The Link, secondo Neuralink, analizza e elabora i segnali molto più rapidamente.

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Sogniamo un po’…

L’altro aspetto interessante dei progetti di Neuralink è che possono essere estesi a un’ampia gamma di altre potenziali applicazioni. L’elenco sembrerebbe uscito da un romanzo di fantascienza, ma si tratta di percorsi che, sebbene non ancora realizzati, sono almeno plausibili: oltre alla terapia dei disturbi neurologici e al ripristino delle capacità funzionali (su cui stanno lavorando le aziende Medtech sopra menzionate), le BCI potrebbe coprire aree come:
Comunicazione aumentata tra esseri umani e computer (o addirittura tra esseri umani) utilizzando il pensiero, senza ricorrere al linguaggio; Realtà aumentata; Memorizzazione della memoria umana, ad esempio su un server cloud.

… prima di tornare con i piedi per terra

Questi percorsi futuri non sono ancora realtà concrete. Inoltre, è importante tenere presente che i progressi in questi settori possono essere lenti. Ad esempio, il paziente tetraplegico che ha ricevuto il primo impianto Neuralink lo scorso febbraio è stato in grado di controllare un cursore e giocare ai videogiochi usando solo il pensiero. Tuttavia, gli elettrodi non sono riusciti a mantenere la loro posizione iniziale, costringendo gli ingegneri di Neuralink a riconfigurare il software di analisi per tenere conto di una quantità minore di segnali in arrivo da analizzare. Per il futuro, la FDA ha dato il via libera per l’impianto di elettrodi più profondi. Ma questo chiarisce le evidenti difficoltà di questa ricerca.
Inoltre, ci sono diverse questioni da tenere presenti in questo campo delle BCI, che dovranno essere risolte per poter progredire. Tra queste, gli aspetti di sicurezza per gli esseri umani trattati mediante tali tecnologie, nonché gli aspetti etici: ad esempio, questi dispositivi dovrebbero essere impiantati nel cervello di persone sane? Quali sono le conseguenze in termini di sicurezza informatica e privacy? Come evolveranno la nostra personalità e le nostre capacità cognitive? E dato che queste tecnologie sono costose, chi deciderà chi ne potrà beneficiarne?

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Conclusioni

Gli impianti cerebrali sono ancora una forma molto complessa, e quindi remota, di applicazione su larga scala dell’IA al Sistema Nervoso Centrale. Tuttavia, l’IA può già dare un contributo significativo alla lotta contro le malattie neurologiche nel loro complesso (Parkinson, Huntington, Alzheimer, ecc.), senza le riserve descritte nel paragrafo precedente. Pensiamo qui alla ricerca attualmente in corso per rilevare il morbo di Alzheimer in una fase precoce, prima che si manifesti, grazie al deep learning.
A lungo termine, dobbiamo inoltre menzionare la ricerca sul calcolo neuromorfico: si tratta di un approccio al calcolo che cerca di riprodurre il funzionamento del cervello creando neuroni artificiali. Questi sono creati combinando biologia, ingegneria elettrica, informatica e matematica, con l’obiettivo di avvicinare il computer al cervello umano quando si tratta di elaborare informazioni. Un computer neuromorfico è definito come un dispositivo creato utilizzando neuroni artificiali nel contesto del calcolo. Poiché il cervello umano è particolarmente complesso, questo passo probabilmente richiederà l’avvento di computer molto più veloci e potenti di quelli attualmente disponibili. I computer quantistici, su cui vari team stanno lavorando, potrebbero soddisfare queste esigenze… ma questa è un’altra storia, forse per un futuro numero del nostro Fund Insights!