Mercati – prendere in considerazione le azioni europee
Tra qualche anno, guardando indietro alle cronache di questi giorni, gli analisti e i commentatori vedranno nelle elezioni americane del 2024 l’inizio di un nuovo ciclo politico, lo spartiacque tra un “prima” da un “dopo”. Il successo di Trump sarà ricordato come l’evento epifanico che certifica tendenze che in realtà sono in atto da tempo nelle democrazie occidentali: la tentazione dell’isolazionismo nazionalista, il ripiegamento all’interno dei confini nazionali, meglio se protetti dalle barriere doganali, i valori tradizionali eretti a simulacri identitari che distinguono “noi” da “loro”, l’idea del leader autoritario che seduce buona parte delle pubbliche opinioni.
Sui mercati finanziari la festa prosegue, l’ipotesi dell’atterraggio morbido viene aggiornata in quella di nessun atterraggio: le azioni hanno messo a segno la miglior settimana dell’anno con l’indice S&P 500 che ha raggiunto il 50° record del 2024, il sentiment dei consumatori sale e l’ottimismo sul programma di crescita del neoeletto presidente Donald Trump avvolge come incenso Corporate America.
L’aumento dei rendimenti del Treasury riflette le aspettative di accelerazione della crescita economica ma anche il conseguente, possibile scarto dell’inflazione e il cambiamento nelle aspettative di ciò che farà la Federal Reserve. Trump vorrebbe un dollaro debole, per rendere competitive le merci americane, nei fatti le sue politiche economiche potrebbero sortire l’effetto opposto, almeno nel breve termine. Il dollaro è in rialzo rispetto a tutte le principali valute ma sta performando meno rispetto ai giorni successivi il successo di Trump nel 2016.
Rispetto al rally del 2016 Wall Street invece sta andando meglio, l’elenco delle ragioni è lungo, i tagli alle tasse, l’attività di M&A che dovrebbe tornare in spolvero dopo un anno non esaltante, la deregolamentazione, il favore al “drill baby, drill” che entusiasma le società petrolifere.
Le basi su cui gli operatori stanno costruendo le posizioni sono il taglio delle tasse e le barriere doganali, la prima avrà effetti positivi sulle imprese, entrambe graveranno sul deficit federale e saranno inflazionistiche. La Federal Reserve dovrà adottare una politica guardinga rallentando, probabilmente, il ciclo di allentamento, Powell dovrà difendere l’indipendenza della banca centrale, il tono delle sue risposte relative al suo incarico rivela l’approntamento di una difesa agguerrita.
Ma attenzione alle previsioni, Trump ha già dato dimostrazione di imprevedibilità e, tenuto conto di come più volte abbia attribuito alle sue abilità politiche le performance di Wall Street, potrebbe aggiustare il tiro e attenuare la retorica pur di non spiacere ai mercati.
Il listino americano resta leader nelle performance nell’azionario globale, le prospettive restano positive ma è un leader sempre più ingombrante: il settore tecnologico rappresenta un terzo dell’indice S&P 500 e la borsa americana è arrivata a rappresentare oltre il 70% dell’indice MSCI World.
La soddisfazione per le buone performance non dovrebbe fare velo all’allentamento della diversificazione, la concentrazione è un rischio e gli investitori che desiderano conservare equilibrio nell’esposizione a Wall Street potrebbero prendere in considerazione le azioni europee nelle quali si verifica un intreccio virtuoso tra valutazioni interessanti, società leader con forti ramificazioni globali, migliore diversificazione a livello di settore. Rispetto al megalito tecnologico che occupa un terzo dello S&P 500, i listini europei si articolano in pharma, health-care, consumi, tecnologia, lusso.
L’Europa attraversa difficoltà economiche e politiche, ma le società europee dipendono sempre meno dalla crescita economica del Vecchio Continente e beneficiano invece della crescita economica globale, circa il 60% degli utili delle società quotate in Europa sono generati fuori dell’Europa.