Mercati: ritorni solidi e potenziale di crescita per azionario e obbligazionario

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Si sta delineando una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, con Trump che minaccia di imporre dazi del 60% sulle esportazioni cinesi residue. Sebbene la Cina abbia ridotto la dipendenza dagli Stati Uniti, tali dazi avrebbero un impatto significativo sul commercio e sul sentiment degli investitori. In risposta, la Cina potrebbe incrementare la domanda interna. I modelli commerciali globali sono cambiati, e il Messico e l’Eurozona hanno acquisito quote di mercato più ampie negli Stati Uniti, mentre la Cina ha diversificato le esportazioni verso l’Asia. Le accuse di dumping e il crescente protezionismo, come i dazi dell’Ue sui veicoli elettrici cinesi, sottolineano le tensioni commerciali globali. I dazi, spesso considerati strumenti politici inadeguati per ridurre i deficit commerciali, potrebbero danneggiare i margini delle aziende statunitensi o aumentare i prezzi al consumo senza affrontare gli squilibri economici sottostanti. L’incertezza economica più ampia deriva infatti dai tagli fiscali previsti da Trump, dall’aumento del debito pubblico e dalle mosse politiche di stampo ideologico.

La visione di fondo è ancora positiva

L’incertezza è nemica dell’autocompiacimento – ma quando si tratta di investire, ciò che conta è capire se i rischi si concretizzeranno e sconvolgeranno i flussi di cassa o la valutazione degli asset. Per il momento, è difficile valutare in che misura l’agenda di Trump verrà implementata, e a quale velocità ciò avverrà. La visione economica centrale rimane positiva. Si prevede che la crescita degli Stati Uniti rimanga al di sopra del suo tasso tendenziale, il che limita in qualche modo l’entità di eventuali tagli dei tassi da parte della Fed. Il tasso implicito di mercato sui Fed Funds alla fine del 2025 è ora al 3,9%, il che suggerisce sostanzialmente solo altri tre tagli di 25 punti base nel corso del prossimo anno. Se ciò è coerente con una politica più espansiva sotto la presidenza Trump, bisogna riconoscere che lascia poco spazio a rendimenti obbligazionari significativamente più bassi.

Il credito è interessante…

Le banche centrali, tuttavia, manterranno un atteggiamento di allentamento. L’inflazione potrebbe rimanere leggermente al di sopra dei livelli target delle banche centrali, ma i tassi di policy reali sono ancora elevati e, avendo raggiunto un atterraggio morbido (o quasi), le banche centrali vorranno preservare l’espansione allentando ancora un po’ la politica. Inoltre, visto che gli Stati Uniti beneficiano di un certo stimolo derivante dai tagli alle imposte sulle società e dalla deregolamentazione, e l’Europa prevede ulteriori tagli ai tassi, le prospettive per il credito societario rimangono positive. Il credito investment grade offre un rendimento di circa il 5,25% nel mercato del dollaro USA, del 5,5% in sterline e di oltre il 3% in euro. I gestori di fondi di credito possono trovare rendimenti ancora migliori rispetto a queste medie di mercato, generando una sana prospettiva di rendimento, dominata dal reddito. Solo negli ultimi tre mesi, il mercato investment grade statunitense ha fornito un rendimento da reddito vicino al 4,6% annualizzato. Per l’high yield statunitense, il rendimento è stato di circa il 6,5%.

…ma è anche caro?

Gli investitori hanno espresso una certa preoccupazione per la valutazione dei mercati del credito. Gli spread sono bassi, questo è certo (anche se i rendimenti all-in sono sani): tuttavia, ci sono alcuni dettagli interessanti. D’abitudine, i rendimenti delle obbligazioni societarie vengono confrontati con i rendimenti dei titoli di Stato di pari scadenza – un confronto anche chiamato spread vs govies. Secondo questa metrica, il credito statunitense è estremamente costoso, con spread che si collocano nell’ultimo percentile di questa distribuzione degli ultimi 10 anni (basandosi sulle osservazioni settimanali del database obbligazionario ICE/Bank of America). Tuttavia, esiste un altro modo di osservare gli spread – cioè quello di confrontare i rendimenti delle obbligazioni societarie con la curva dei tassi swap – e questo confronto ci racconta una storia leggermente diversa. Gli spread sono stretti, ma non così stretti come suggerisce lo spread rispetto ai titoli di Stato. Per completezza, vogliamo sottolineare che gli spread di credito europei sono a valori meno estremi rispetto agli Stati Uniti su entrambe le misure di spread.

I titoli di Stato stanno diventando più convenienti

Il fatto è che i titoli di Stato sono diventati più convenienti. I rendimenti dei titoli di Stato sono superiori alla curva swap dei tassi d’interesse, in particolare nella parte lunga della curva dei rendimenti: ciò accade da tempo negli Stati Uniti e nel Regno Unito, ma di recente ha iniziato a diventare evidente anche nel mercato in euro. I mercati dei titoli di Stato sono maggiormente influenzati da fattori di domanda e offerta – durante il periodo del quantitative easing, l’incredibile domanda da parte delle banche centrali ha reso i titoli di Stato costosi, e i rendimenti erano inferiori alla curva dei tassi swap. Oggi, il timore è quello di un eccesso di offerta, dato che i governi lottano per ridurre i prestiti: per gli investitori con un benchmark swap – quali ad esempio molte compagnie di assicurazione – l’aumento dei rendimenti obbligazionari rispetto agli swap ha creato un contesto di performance più difficile.

Si tratta di una situazione complicata e molto tecnica, ma la conclusione è che le valutazioni dei titoli di Stato sono influenzate negativamente dalle prospettive fiscali. Ciò significa anche che il credito forse non è tanto costoso quanto suggerisce il semplice confronto spread vs govies – tuttavia, non significa neppure che credito sia a buon mercato, con i prezzi attuali sostenuti da buoni fondamentali e da una forte domanda. A un certo punto alcuni investitori potrebbero pensare, sulla base del valore relativo, che i titoli di Stato siano sufficientemente scontati da renderli nuovamente interessanti, rispetto a una curva dei tassi d’interesse a termine che potrebbe ancora scendere.

L’effetto Trump sulle azioni

I mercati azionari stanno ancora riflettendo il cosiddetto “Trump trade”: nell’ultimo mese, i mercati azionari più performanti sono stati soprattutto gli indici statunitensi – piccole e medie imprese, indici di crescita e il Nasdaq. La prospettiva di una riduzione delle imposte societarie e la forza del tema tecnologico dovrebbero sostenere la sovraperformance delle azioni statunitensi nel prossimo futuro. Basti guardare a Nvidia, che ha battuto le stime per le revenue del terzo trimestre, registrando 35 miliardi di dollari di vendite: il prezzo delle azioni è salito del 196% da inizio anno.