UBS: Sfumature e questioni per il nuovo anno

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Lo scenario economico non è cambiato significativamente nell’ultimo mese;
tuttavia, sono emersi nuovi dettagli, talvolta in contraddizione tra loro,
riguardo alle politiche monetarie, ai nuovi dazi evocati da Trump, alle crisi
politiche in Francia e Germania, oltre alle crescenti tensioni geopolitiche.

Per quanto riguarda le politiche monetarie, la Banca nazionale svizzera ha
nuovamente sorpreso i mercati con un taglio dei tassi di 50 punti base (pb),
mentre la Banca centrale europea (BCE) ha effettuato una riduzione di un
quarto di punto, come previsto. Questa settimana sarà il turno della Federal
Reserve (Fed), che ci aspettiamo diminuisca i tassi di 25 pb.

Entro la fine del 2025 prevediamo ulteriori tagli per un totale di un punto
percentuale da parte della Fed e della BCE, seppur in contesti molto diversi: gli
Stati Uniti dovrebbero continuare a crescere a un ritmo di oltre il 2%, mentre
la zona euro rischia di rimanere in stagnazione.

Rispetto alla campagna elettorale, dagli Stati Uniti sono venuti segnali
meno netti riguardo ai dazi. Il Presidente eletto Donald Trump ha acceso
nuovamente i riflettori su nuovi dazi contro Messico, Canada, Cina e altri
Paesi appartenenti al blocco dei BRICS. Tuttavia, allo stesso tempo, ha
nominato Scott Bessent, un famoso investitore, come Segretario al Tesoro,
facendo sperare in un approccio pragmatico.

Restiamo dell’idea che verranno introdotti dazi sufficienti a frenare le
importazioni da singoli Paesi e settori, ma non così elevati da far deragliare
l’economia. Inoltre, i futuri accordi commerciali potrebbero comprendere
altri aspetti di interesse per gli Stati Uniti, come l’impegno a continuare a
fare riferimento al dollaro negli scambi internazionali e a finanziare il deficit
statunitense.

L’incertezza politica in Europa è molto elevata, dopo il crollo del governo
francese e del governo tedesco. Nuovi dazi statunitensi e il protrarsi della
guerra Russia-Ucraina pesano sulla fiducia dei consumatori e delle imprese.

Ma le aspettative del mercato per l’Europa sono basse e l’azionario tratta a
uno sconto crescente se confrontato con la borsa d’oltreoceano.

La situazione fiscale francese resta complessa; il governo Barnier è durato
solo tre mesi cadendo sulla legge di bilancio. Francois Bayrou ha ricevuto
l’incarico venerdì scorso ma probabilmente non ci saranno progressi nel
ridurre il deficit, che corre a un livello del 6% annuo. Rimaniamo vigili sui                                                                                                            costi di finanziamento del governo francese, sebbene una crisi imminente
non sembri probabile.

Per quanto riguarda il settore privato europeo, dopo anni di forte risparmio
i bilanci delle famiglie sono solidi, l’inflazione e i tassi d’interesse stanno
diminuendo e il mercato del lavoro è in buona salute. Inoltre, dopo le elezioni
di fine febbraio la Germania potrebbe incrementare la spesa pubblica per
sostenere la domanda, vista la persistente debolezza economica.

Il mercato cinese ha beneficiato dei recenti annunci che suggeriscono
maggiori stimoli fiscali. Ci aspettiamo ulteriori dettagli entro il Congresso
nazionale del popolo a marzo. Per ora, in assenza di misure più concrete,
riteniamo appropriata una posizione neutra sulle azioni cinesi sia e ci
aspettiamo che lo yuan si deprezzi ulteriormente.

Dopo due anni di elevati tassi d’interesse, famiglie e aziende hanno
accumulato livelli di liquidità che non si vedevano da oltre trent’anni. Man
mano che i tassi d’interesse scendono, ci potrebbe essere una migrazione
di questa liquidità verso impieghi più remunerativi come obbligazioni,
immobiliare e azioni.

Per questo siamo costruttivi sui mercati azionari. Tassi d’interesse in calo,
crescita economica modesta ma positiva e investimenti in conto capitale in
intelligenza artificiale rimangono fattori positivi per i semiconduttori, le mega
cap e le utility, visto l’aumento atteso dei consumi di elettricità.

Al di fuori degli Stati Uniti, un’esposizione diversificata all’Asia ex Giappone,
in particolare all’India, può andare incontro a trend demografici favorevoli,
mentre in Europa vediamo opportunità nel settore farmaceutico, nelle
azioni ad alto dividendo in Svizzera e nelle small e mid cap, le società a
piccola capitalizzazione, in considerazione dei tassi in discesa e delle basse
valutazioni.

Tassi più bassi dovrebbero creare un contesto favorevole per le obbligazioni. I
titoli investment grade presentano ancora rendimenti ampiamente superiori
all’inflazione attesa, con potenziale di apprezzamento in caso di un
rallentamento economico più marcato.

Anche sul dollaro ci sono indicazioni apparentemente contrastanti: durante
la campagna elettorale Trump ha espresso una preferenza per un biglietto
verde più debole per aiutare la manifattura, ma successivamente ha diffidato
i Paesi BRICS dal sostenere un’alternativa all’USD.

A corto raggio il dollaro potrebbe rimanere intorno ai valori attuali, ma ci
aspettiamo che nel prossimo anno il cambio si indebolisca progressivamente
per via della delicata posizione fiscale statunitense, con un deficit intorno al
6%, e della bilancia commerciale, che implicano che il Paese sia finanziato
dall’estero.