Cambiamento climatico. Le ondate di calore in Europa causano il 95% dei decessi legati a eventi estremi climatici
Impatti sulla salute
Il cambiamento climatico ha reso le ondate di calore il fenomeno estremo più letale in Europa. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), dal 2000 questi eventi sono diventati più frequenti, intensi e prolungati, con effetti diretti sulla salute pubblica. Durante le ondate di calore, il corpo fatica a mantenere la temperatura interna, aumentando i rischi di disidratazione, colpi di calore e aggravamento di malattie cardiovascolari e respiratorie.

I dati sono allarmanti: nel 2022, le temperature estreme hanno causato circa 70.000 morti, soprattutto nelle aree mediterranee (EEA, 2024). Nel 2023 le vittime sono state oltre 47.000. Ospedali e pronto soccorso hanno registrato picchi nei ricoveri, con la Francia che ha visto raddoppiare le emergenze legate al caldo e il Portogallo un aumento del 19% dei ricoveri ospedalieri.
L’interazione tra calore estremo e inquinamento atmosferico, in particolare l’ozono troposferico, peggiora ulteriormente i sintomi respiratori, aggravando la pressione sui sistemi sanitari.
Popolazioni vulnerabili
Le fasce più colpite restano gli anziani, i bambini, le donne in gravidanza e i lavoratori all’aperto, categorie con minore capacità di adattamento fisiologico. L’EEA sottolinea che il 46% degli ospedali e il 43% delle scuole europee si trovano in aree urbane più calde della media regionale, con scarsa presenza di verde urbano capace di mitigare le temperature.
Nelle città, la carenza di spazi verdi e l’effetto “isola di calore” amplificano il rischio. L’“isola di calore urbana” (Urban Heat Island, UHI) è un fenomeno climatico tipico delle aree densamente popolate, dove la temperatura può essere fino a 2-5 °C più alta rispetto alle zone rurali circostanti. La causa principale è la combinazione di cemento, asfalto e superfici scure, che assorbono calore durante il giorno e lo rilasciano lentamente di notte, impedendo il raffrescamento naturale dell’aria. A ciò si aggiungono la scarsa presenza di aree verdi e acqua, l’uso intensivo di climatizzatori (che paradossalmente rilasciano ulteriore calore all’esterno) e il traffico urbano, che produce sia calore diretto sia inquinamento atmosferico.
Le persone con malattie croniche, come asma o patologie cardiache, sperimentano un peggioramento dei sintomi durante i picchi termici. Per questo, l’OMS raccomanda piani di emergenza e campagne di prevenzione mirate ai gruppi più fragili.
Conseguenze economiche e infrastrutturali
Il caldo estremo non incide solo sulla salute: secondo l’EEA, le perdite economiche attuali equivalgono allo 0,5% del PIL europeo, con stime fino al 3% nei Paesi mediterranei entro il 2060. La produttività cala per via della ridotta capacità di concentrazione e delle assenze lavorative. Lavoratori outdoor e in ambienti non climatizzati risultano tra i più penalizzati.
Le ondate di calore mettono in crisi anche le infrastrutture energetiche e di trasporto: l’aumento della domanda di climatizzazione spinge i sistemi elettrici al limite, con rischi di blackout, mentre strade e binari subiscono danni da deformazioni termiche. Questo impone costosi interventi di manutenzione e rafforza la necessità di investimenti in resilienza climatica.
Politiche di adattamento
Ad oggi, 21 dei 38 Paesi europei hanno introdotto piani nazionali contro gli effetti del calore. Tuttavia, l’EEA avverte che le misure sono frammentarie e insufficienti rispetto all’aumento atteso di frequenza e intensità delle ondate. Le strategie più urgenti includono:
Pianificazione urbana verde per ridurre l’effetto isola di calore.
Campagne di sensibilizzazione per informare i cittadini sui rischi e sui comportamenti protettivi.
Rafforzamento dei sistemi sanitari per gestire i picchi di emergenze.
Monitoraggio continuo dell’efficacia delle politiche, basato su dati scientifici.
Come sottolinea l’OMS Europa, il tempo per agire è limitato: senza piani coordinati e investimenti strategici, le ondate di calore rischiano di diventare il principale fattore di mortalità climatica nel continente. Prepararsi significa ripensare le città, rafforzare i sistemi sanitari e mettere la protezione delle popolazioni vulnerabili al centro delle politiche pubbliche. La sfida è urgente: senza un cambio di passo, le stime indicano che entro il 2060 le morti legate al caldo potrebbero crescere in maniera esponenziale, trasformando il Mediterraneo nell’epicentro della crisi climatica europea.

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