Cgia: 48,6 miliardi di tasse sul patrimonio

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La loro incidenza sul Pil è raddoppiata in 25 anni, mentre il gettito è quintuplicato, afferma l’ufficio studi dell’associazione. Ma nel 2016 potrebbero calare

Nel 2014 le imposte patrimoniali sono costate agli italiani la cifra record di 48,6 miliardi di euro. Negli ultimi 25 anni, la loro incidenza sul Pil è raddoppiata, mentre in termini assoluti il gettito è aumentato di quasi cinque volte. A fare i conti è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha identificato 14 imposte diverse (da quelle di registro all’Ici, dal bollo auto alle imposta sul patrimonio delle imprese o sulle transazioni finanziarie) che gravano sulla ricchezza degli italiani.

Nel 2015, aggiunge l’analisi, il gettito complessivo dovrebbe attestarsi sul livello raggiunto nel 2014, ma nel 2016 potrebbe invertirsi la tendenza.

“Se il Governo confermerà l’abolizione delle tasse che gravano sulla prima casa, dell’Imu agricola e quella sugli imbullonati”, spiega Paolo Zabeo della Cgia, “nel 2016 dovremmo risparmiare 4,6 miliardi di euro: vale a dire uno sconto che sfiora il 10%”.

Tra tante imposte, inoltre, solo due, Tasi e Imu, che gravano sulle abitazioni e sugli immobili strumentali, garantiscono oltre la metà del gettito complessivo. “L’anno scorso, ad esempio, per onorare questi due tributi famiglie, imprese e lavoratori autonomi hanno versato ben 24,7 miliardi di euro”, sottolinea Zabeo.

Le imposte patrimoniali sono quelle che gravano sulla ricchezza delle persone, intesa in senso ampio: beni immobili (case, terreni), beni mobili (auto, moto, aeromobili, imbarcazioni), investimenti finanziari, eccetera.

Le 14 imposte patrimoniali identificate dall’ufficio studi della Cgia sono:
1) imposta di registro e sostitutiva;
2) imposte di bollo;
3) imposta ipotecaria;
4) diritti catastali;
5) Ici/Imu/Tasi;
6) bollo auto;
7) canoni su telecomunicazioni e Rai Tv;
8) imposta sulle transazioni finanziarie;
9) imposta sul patrimonio netto delle imprese;
10) imposta su secretazione dei capitali scudati;
11) imposte sulle successioni e donazioni;
12) imposta straordinaria sugli immobili;
13) imposta straordinaria sui depositi;
14) imposta sui beni di lusso.

Complessivamente la loro incidenza sul Pil italiano è passata dall’1,5% del 1990 al 3% del 2014: da poco più di 10 miliardi di euro, a 48,6.

In termini di gettito, dopo Imu e Tasi a far affluire più quattrini nelle casse dello Stato sono l’imposta di bollo (7,9 miliardi di euro nel 2014), il bollo auto (6,1 miliardi di euro) e l’imposta di registro (4,6 miliardi di euro).

La crescita dell’imposizione non è stata lineare, ma ha proceduto per sbalzi, in seguito all’introduzione (o più raramente all’abolizione) di nuovi tributi. In particolare, nel 2012 il “Salva Italia” ha inasprito fortemente la tassazione patrimoniale, introducendo l’Imu sugli immobili e prelievi sui beni di lusso (auto di grossa cilindrata, natanti e aeromobili), oltre all’applicazione dell’imposta di bollo sulle disponibilità finanziarie.