FED: verso un ridimensionamento della situazione patrimoniale

Chris Iggo -

Quando la Federal Reserve smetterà di acquistare titoli del Tesoro in grande quantità, qualcun altro dovrà prendere il suo posto. Sarà un processo senza grossi scossoni o assisteremo a profonde oscillazioni dei prezzi? Chissà.

La Fed ridimensionerà il suo stato patrimoniale solo lentamente.

Tuttavia, col tempo, questo processo comporterà un’inversione di tendenza. La proprietà dei titoli del Tesoro passerà dalle mani della Fed al settore privato, locale e internazionale. Saranno dunque necessari rendimenti più alti per persuadere il settore privato ad aumentare nuovamente le posizioni in Treasury? Quali conseguenze ci saranno sui portafogli? Gli spread di credito si amplieranno con lo spostamento di interesse tra gli investitori?

Sono domande rilevanti per il destino dei rendimenti obbligazionari nei prossimi anni. Se il Quantitative Easing (QE) ha fatto scendere i rendimenti e incrementare i prezzi degli strumenti finanziari, la chiusura del piano potrebbe produrre l’effetto inverso.

Il numero 7 – Gli europei si stanno ancora godendo gli ultimi giorni delle vacanze estive, ma chi si occupa dei mercati finanziari inizia a pensare a settembre e a ciò che ci attende. Forse dovremmo riflettere sul fatto che le crisi spesso sono avvenute negli anni che finiscono col numero 7. C’è stato il crollo della Borsa Valori nell’ottobre 1987, la crisi finanziaria asiatica nel 1997 e l’inizio della grande crisi finanziaria nel 2007 con le vicende di Northern Rock e i primi segnali del tracollo del mercato immobiliare americano. Se consideriamo i timori per le valutazioni sui mercati azionari e del credito, il caos politico a Washington, le tensioni globali sulla Corea del Nord e il terrorismo, i tempi potrebbero essere maturi per una crisi nel 2017.

Il ritiro degli stimoli monetari – Nei mercati obbligazionari, l’attenzione è rivolta alla prevista riduzione dello stato patrimoniale della Federal Reserve, in altri termini, alla chiusura del Quantitative Easing. Naturalmente, così come la Fed ha alzato i tassi di interesse in modo molto graduale, anche il ridimensionamento delle posizioni in Treasury e in altre obbligazioni da parte della banca centrale americana sarà un processo lento, e speriamo senza particolari scossoni. Ma non è detto che il nocciolo della questione sia proprio questo; potrebbe essere l’impatto sui mercati finanziari e sull’economia in generale. Basti pensare a uno dei meccanismi di trasmissione chiave del QE, ovvero l’effetto di bilanciamento del portafoglio. Quando la Fed ha acquistato titoli (del Tesoro e MBS garantiti da ipoteca) dal settore privato (famiglie e istituti finanziari) ha immesso liquidità nell’economia attraverso la creazione di riserve detenute presso la banca centrale.
Nel contempo, gli operatori del settore privato che hanno venduto le obbligazioni alla Fed hanno ricevuto liquidità in cambio. Questa liquidità è stata spesa in consumi, oppure reinvestita in strumenti finanziari diversi dai Treasury, come obbligazioni societarie, titoli high yield, mercato immobiliare o azioni. Questo effetto di ribilanciamento del portafoglio ha portato a un incremento dei prezzi degli strumenti più esposti al rischio e a un effetto ricchezza positivo per i proprietari di tali strumenti che ha contribuito al miglioramento dell’economia.
Con l’aumento dei prezzi degli strumenti esposti al rischio, il costo del capitale è sceso e questo avrebbe dovuto incoraggiare gli investimenti di capitale. Inoltre, il fatto che una delle ragioni del QE fosse quella di trovare una politica monetaria alternativa nel momento in cui i tassi di interesse a breve termine toccassero quota zero, ha fatto scendere i tassi di interesse a lungo termine. Al culmine della fase di recessione e del QE, i modelli come la Taylor Rule indicavano che il tasso sui Fed fund avrebbe dovuto essere negativo a meno 2,5%.
La banca centrale americana non poteva o non intendeva tagliare i tassi in territorio negativo, dunque ha acquistato obbligazioni per far scendere i rendimenti a lungo termine. Durante le recessioni precedenti, lo spread della curva dei rendimenti tra Fed fund e rendimenti decennali avrebbe dovuto essere tra il 3% e il 3,5%. Facendo scendere i tassi a lungo termine quasi all’1%, la Federal Reserve ha ottenuto lo stesso risultato: il tasso “teorico” sui Fed fund era meno 2% e il rendimento obbligazionario a lungo termine dell’1,5%, uno spread sulla curva molto simile a quello rilevato in recessioni precedenti.
Dunque, il sistema bancario ha beneficiato di finanziamenti illimitati nel breve termine a un tasso a breve pari a zero, oltre che dell’effetto derivante dal calo dei tassi di interesse a lungo termine. Il settore privato ha beneficiato dell’aumento dei prezzi degli asset. L’economia, in assenza di altri riferimenti, ha recuperato e la fase di espansione si prospetta come una delle più lunghe in assoluto.

Gli impegni della Fed – La banca centrale americana ritiene di aver risolto da tempo il problema della liquidità e del credito sorto con la crisi. Crede inoltre che l’inflazione salirà se la disoccupazione continuerà a scendere. Pertanto ha intenzione di ritirare gran parte degli stimoli che ha introdotto nell’economia dopo la crisi. Si trova “dietro la curva” rispetto a quello che dovrebbe essere il livello dei tassi a breve secondo la Taylor Rule, e deve equilibrare il costante rialzo dei tassi a breve con la riduzione del bilancio.
Questo processo dovrebbe iniziare a settembre. Considerata la spiegazione dell’effetto di bilanciamento del portafoglio che abbiamo dato, se la Fed non acquista più Treasury, il processo si inverte. Il Tesoro ha ancora la necessità di finanziare un deficit di bilancio di circa 5 miliardi di dollari al mese, dunque continuerà ad emettere obbligazioni e titoli del Tesoro (nel presupposto che venga innalzato il tetto del debito). Ma se ad acquistarli non sarà la Fed, allora dovrà farlo il settore privato. Affinché ciò accada, il rendimento previsto sui Treasury deve essere più alto del rendimento di altri strumenti (in termini adeguati al rischio).
Questo significa rendimenti più alti e una preferenza degli investitori per i titoli di Stato rispetto agli strumenti più esposti al rischio. Questo spostamento dell’interesse comporterà un aumento degli spread di credito, probabilmente associato a un calo dei prezzi azionari. Nel contempo, la Fed probabilmente vorrà continuare ad alzare i tassi di interesse, almeno al 2% o più, se l’inflazione inizia a salire.

Servono rendimenti più alti – È difficile sostenere che la Federal Reserve, creando liquidità, non ha avuto un effetto positivo sui prezzi dei beni reali e dei titoli finanziari. Ed è altrettanto difficile sostenere che la Fed, riducendo la liquidità, non avrà l’effetto opposto. Attenzione. Il fatto che la banca centrale americana non reinvesta pienamente i proventi derivanti dalle obbligazioni in scadenza porterà a un calo di liquidità nell’economia e questo effetto si manifesterà attraverso un calo delle riserve in eccesso della Fed.
Comunque, saranno gli effetti sulle posizioni in portafoglio a determinare i rendimenti nei mercati obbligazionari e azionari, quasi indipendentemente da cosa farà l’economia. Le posizioni relative in Treasury detenute dal settore privato potrebbero anche non cambiare, se il Tesoro mantenesse un buon equilibrio di bilancio. In questo modo non dovrebbe emettere nuove obbligazioni alla scadenza delle vecchie. Chiaramente non sarà così, se consideriamo la debolezza strutturale del bilancio federale.
L’unica conclusione è che i rendimenti dei Treasury saliranno e gli spread di credito si amplieranno. Lo scenario alternativo indica un aumento massiccio di acquisti di Treasury dall’estero per compensare la riduzione di bilancio della Federal Reserve.

Lentamente – Ma allora cosa dobbiamo aspettarci? Primo, la Federal Reserve, dopo aver sbandierato l’impatto positivo dell’effetto di bilanciamento del portafoglio, non si illuderà di produrre l’effetto contrario. Pertanto il ridimensionamento della sua situazione patrimoniale avverrà molto lentamente. Secondo, le prospettive per i tassi e la riduzione del bilancio sono nelle mani dell’FOMC (Federal Open Market Committee) e dipendono dalla sua interpretazione dei dati economici.
Se ci saranno segnali di rallentamento dell’economia o di delusione sul fronte dell’inflazione, la banca centrale americana può ritardare ancora la normalizzazione. Non sono certo che azioni e credito continuino a riportare le stesse performance a fronte di uno scenario di rallentamento della crescita. Potrebbe preannunciare un ulteriore indebolimento del dollaro. Terzo, la Fed potrebbe far ripartire il QE se la situazione si aggraverà, ma in questo modo non farebbe altro che ritardare l’inevitabile.
Nulla può fermare la discesa dei rendimenti nel breve termine, ma le prospettive a più lungo termine indicano che i prezzi delle attività finanziarie potrebbero correggersi in caso di una variazione della politica monetaria. Anche se la riduzione della situazione patrimoniale avverrà in modo passivo e la Fed si limiterà ad aspettare che i Treasury giungano a scadenza, l’effetto sarà lo stesso. In realtà, potrebbe essere peggiore, considerata la concentrazione delle sue posizioni. L’altro aspetto da considerare è che, dato che la Fed paga gli interessi sulle riserve in eccesso, più sale il suo target sui Fed fund, più dovrà pagare alle banche locali ed estere che affidano alla Fed le loro eccedenze. C’è dunque l’incentivo a ridurre tali riserve in eccesso mentre i tassi salgono, riducendo le dimensioni patrimoniali della Federal Reserve.

Il ridimensionamento di bilancio ha implicazioni che vanno oltre il mercato dei Treasury – Come per la maggior parte delle questioni economiche, c’è ampio dibattito sulla portata del cosiddetto effetto di bilanciamento del portafoglio e, per estensione, sull’efficacia del QE. Tale dibattito accademico esula naturalmente dallo scopo di questo commento. Tuttavia, notiamo che i rendimenti obbligazionari sono più bassi oggi rispetto a prima della crisi e sono scesi in linea con l’aumento dello stato patrimoniale della Federal Reserve.
Nel contempo, gli spread del rischio in genere sono scesi, i prezzi immobiliari sono saliti e i mercati azionari scambiano vicino ai massimi record. La percentuale di titoli di debito nell’ambito del patrimonio complessivo delle famiglie (secondo il flusso di fondi monitorato dalla Fed) oggi è leggermente inferiore al 2007, mentre la percentuale di azioni e fondi comuni di investimento è salita. Ha senso.
Se possiedi titoli del Tesoro e la Fed li acquista in cambio di liquidità, allora puoi decidere, considerati i tassi di interesse pari a zero, di non tenere tanta liquidità in portafoglio, ma di acquistare uno strumento alternativo. Non avrebbe senso riacquistare titoli del Tesoro dato che i rendimenti sarebbero più bassi, dunque obbligazioni societarie, immobili e azioni risulterebbero più interessanti. Chi acquisterà i titoli del Tesoro che la Federal Reserve non compra durante la fase di ribilanciamento del suo bilancio? Lo vedremo. All’inizio saranno le banche, le compagnie di assicurazione e i fondi pensione, ma non sono completamente insensibili al prezzo, pertanto il cambiamento delle dinamiche dell’offerta faranno comunque salire i rendimenti.

L’innalzamento del tetto – La preoccupazione a più breve termine per gli investitori obbligazionari riguarda il tetto del debito. Il livello del debito federale in circolazione oggi è superiore al tetto prestabilito di 1.980 miliardi di dollari. Se il Congresso non accetterà di innalzare il tetto del debito, il Tesoro non sarà in grado di raccogliere altri capitali e resterà senza i soldi necessari per i pagamenti abituali, per pagare le cedole e le scadenze del debito in circolazione, ovvero sarà insolvente.
È assai poco probabile che ciò accada, ma in caso di un’escalation delle recenti tensioni tra la Casa Bianca e il Congresso, la fiducia del mercato nei policymaker subirà un nuovo colpo. Nel 2015 quando si arrivò a un’impasse analoga, a risentirne fu il rating di credito degli Stati Uniti. L’avvio del processo di riduzione del bilancio da parte della Federal Reserve, abbinato al caos politico sul tetto del debito, non è un fattore positivo per la stabilità del mercato obbligazionario né per il dollaro. La scorsa settimana ho espresso le mie preoccupazioni per i mercati del credito. Un’eventuale avversione al rischio derivante da questi timori per i Treasury potrebbe tramutarsi molto facilmente in un aumento della volatilità dei prezzi azionari e in un ampliamento degli spread di credito. Non dimentichiamoci che ci troviamo in un anno che finisce per 7.

Migliori opportunità di acquisto in arrivo – Ci sono ragioni di prevedere un aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti sulla base della situazione macro-ciclica (Taylor Rule) e dei timori per la stabilità finanziaria. La Fed ha iniziato il processo di normalizzazione, ma il ridimensionamento effettivo si manifesterà con la riduzione delle dimensioni del bilancio. Nei prossimi anni vedremo come si rifletterà sulle posizioni in portafoglio di famiglie, banche e società di investimento. Per gli investitori obbligazionari dovrebbero aprirsi nuove opportunità per passare a cedole più alte o a strumenti con uno spread più elevato nel corso del tempo.


Chris Iggo – CIO Obbligazionario – AXA Investment Managers