Il dibattito sul tetto del debito incombe

Michael O'Sullivan -

Settembre potrebbe dimostrarsi un mese instabile. Necessario un accordo sul debito entro fine settembre.

A ottobre 2013, sullo sfondo di una chiusura del governo e del forte stress politico legato al dibattito sul tetto del debito, il Senatore John McCain abbandonò brevemente il dibattito sul debito per fare un tweet sul Wealth Report di CS. Mentre mi accingo a mettere insieme le parti del Wealth Report 2017, mi domando se il buon Senatore avrà ancora motivo di fare un tweet sul nostro lavoro o se invece un altro ancor meglio noto «tweeter» potrebbe farvi riferimento.
Appena dopo ottobre 2013, Twitter fluttuò sul mercato azionario e ben presto salì a USD 60. Ora è sotto a USD 17 pur avendo rimpiazzato opuscoli, radio e televisione come palcoscenico dell’arena politica. Infatti, la scorsa settimana alcuni tweet del Presidente americano, oltre a un paio di discorsi di incitamento, hanno animato il dibattito attorno al tetto del debito USA. Avendo toccato l’apice del tetto di circa 20 000 miliardi di dollari a marzo, il Tesoro USA «si è arrangiato» sul fronte della spesa, anche se pare che resterà senza fondi il 13 ottobre. Per prevenire ciò, è necessario che il Congresso approvi un’estensione del tetto del debito.

Tagli alla spesa?
Sotto molti aspetti, l’estensione del tetto del debito è un rituale austero inventato da politici fiscalmente conservatori per tenere la spesa sotto controllo. A ottobre non è improbabile che il Freedom Caucus aiuti l’approvazione di una proposta sul «tetto» in cambio di qualche modesto taglio alla spesa o che, per un certo periodo, si trovi una «Continuing Resolution» per prolungare il dibattito. Tuttavia, se il Congresso non dovesse approvare una proposta entro la fine di settembre, allora è probabile uno shutdown del governo.
I mercati stanno iniziando a preoccuparsi di questo (i titoli con scadenza a ottobre ad esempio ora trattano con uno sconto). Proprio così. La disgregazione di molti rapporti politici a Washington rende più difficile l’«Arte di fare affari». Inoltre, il consenso del Presidente alla necessità di maggiori risorse militari per l’Afghanistan e il suo rinnovato desiderio di un muro al confine col Messico sollevano maggiori interrogativi sul quadro della spesa. Molti investitori ora ritornano col pensiero ai precedenti episodi legati al «tetto» del debito. Nel 2011, gli USA subirono un declassamento del debito e l’indice S&P evidenziò un vistoso calo. Nel 2013, nel mezzo di uno shutdown del governo, lo S&P scese di oltre il 4% inizialmente per poi registrare un forte recupero verso la fine dell’anno. In entrambi i casi il contesto macro generale appariva debole (specialmente in Europa).

Profit warning
Questa volta il quadro economico è robusto (sebbene alcuni profit warning di aziende britanniche come la WPP siano per me motivo di preoccupazione). Le solide prospettive macro, particolarmente in Europa e Giappone (con il PIL che procede al 4%), ci hanno indotti ad apportare un paio di modifiche ai nostri giudizi sul reddito fisso alla riunione dell’Investment Committee di settimana scorsa, con i Bund e i titoli di Stato giapponesi passati entrambi ad underweight.
Sul fronte azionario, tuttavia, la valutazione è un problema. A livello di indice, le valutazioni sono elevate come abbiamo sottolineato la scorsa settimana nell’analizzare il rapporto Shiller P/E. A livello aziendale, mettendole insieme sul piano mediano, le valutazioni sono prossime ai valori più alti del loro range degli ultimi trent’anni.
Ancora una volta, i parametri di valutazione non spiegano del tutto perché i mercati sono stati protagonisti di un tale rally quest’anno pur presentando un limite superiore sempre più restrittivo per i titoli USA. Un parametro che ha contribuito a spiegare l’ascesa dei titoli azionari quest’anno è quello dei flussi, e qui i dati dei miei colleghi americani indicano dei deflussi dai fondi passivi azionari statunitensi. Si tratta di un nuovo sviluppo che potrebbe minare l’ascesa incondizionata dello S&P. Insieme al dibattito sul tetto del debito, ciò conferma il nostro parere che un approccio volto a «proteggere i guadagni» sia il migliore finché non arriveremo alla metà di ottobre.

Dollaro più debole dopo il Jackson Hole
Su un orizzonte a più lungo termine, i tentativi degli istituti centrali di liberarsi da «schemi» monetari molto espansivi (pardon, dall’allentamento quantitativo) condizionerà in maniera pesante i mercati verso la fine dell’anno. Qualcuno di voi potrebbe già averlo visto, ma segnalo il mio articolo FT di qualche giorno fa in cui presento in anteprima i possibili esiti del Jackson Hole. Alla fine Janet Yellen si è concentrata maggiormente sulla politica di Washington e sembra aver sfruttato il suo discorso per respingere eventuali tentativi di rovesciare il regolamento del settore finanziario.
Il decommissioning del bilancio della banca centrale (si noti che ne sapremo di più alla prossima riunione della Fed del 21 settembre), o quel che mi piace chiamare «la fine dell’accomodamento » saranno ciononostante tra i principali temi d’investimento alle soglie del 2018. Ciò può significare che la volatilità nei mercati citati come quello dell’high yield e l’azionario sarà più instabile, ma si potrebbe anche assistere a maggiori afflussi di capitali verso investimenti alternativi come il private equity, o investimenti tematici a più lungo termine (es. i Supertrend).
Con tutte queste cose che si ingigantiscono nella mia mente, sono tentato di pensare a come sarebbe la vita se Janet Yellen avesse un account su twitter!


Michael O’Sullivan – Chief Investment Officer – International Wealth Management – Credit Suisse