Censis – Confcooperative, Millennials pensioni giù del 15%

Walter Quattrocchi -

Per i Millennials pensioni più basse del 15% rispetto a quelle dei loro padri e impossibilità a ricorrere alla previdenza integrativa.

Questo è lo scenario allarmante per la generazione dei nati tra il 1980 e il 2000 che risulta dallo studio Censis- Confcoperative “Millennials, lavoro povero e pensioni: quale futuro?”

Un esercito di 5,7 milioni di lavoratori che, se questa tendenza non dovesse essere invertita, rischiano di alimentare le fila dei poveri in Italia entro il 2050.

Confronto tra generazioni

Lo studio fa il confronto ipotetico tra la pensione di un padre e quella futura di suo figlio : il sistema previdenziale obbligatorio attuale garantisce a un ex dipendente, ora pensionato, con carriera continuativa, 38 anni di contributi versati e uscita dal lavoro nel 2010 a 65 anni, un assegno pari all’84,3% dell’ultima retribuzione; a un giovane, invece, che ha iniziato a lavorare nel 2012 a 29 anni, per il quale si prefigura una carriera continuativa come dipendente, 38 anni di contribuzione e uscita dal lavoro nel 2050 a 67 anni, un rapporto fra pensione futura e ultima retribuzione che si dovrebbe fermare al 69,7%, quasi quindici punti percentuali in meno. Questo, riconosce lo studio, nella migliore delle ipotesi.

Le cause

Il ritardo nell’ingresso nel mondo del lavoro, la discontinuità contributiva, la debole dinamica retributiva che caratterizza molte attività lavorative rappresentano un pericoloso mix di fattori che proietta uno scenario preoccupante sul futuro previdenziale dei Millennials, dove le condizioni di nuove povertà, determinate da pensioni basse, saranno aggravate, inoltre, dall’impossibilità, per molti lavoratori, di contare sulla previdenza complementare come secondo pilastro pensionistico

Rischia di andare molto peggio a oltre 3 milioni di Neet ( 18-35anni) che hanno rinunciato a ogni tipo di progetto futuro per mancanza di lavoro.
A questi si aggiungono 2,7 milioni di lavoratori, tra working poor e occupati in “lavori gabbia” ostaggi ormai in attività non qualificate dalle quali , una volta entrati, è difficile uscire.

Inoltre, evidenzia la ricerca, vi è un problema di “adeguatezza del rendimento economico” del lavoro che espone a rischio povertà: lavori a bassa qualità, a bassa intensità e con basse remunerazioni che si stanno via via diffondendo.
Sono infatti 171 mila i giovani sottoccupati , 656 mila quelli con contratto part time involontario e 415 mila impegnati in attività non qualificate.
Questo fenomeno può diventare una specie di trappola: all’inizio il giovane può accettare un compenso più basso per poter entrare nel mondo del lavoro, ma poi resta confinato per anni nella stessa condizione.

Le conseguenze sui trattamenti pensionistici

Tutto ciò con conseguenze importanti al momento della pensione perché il trattamento previdenziale, in particolare con il sistema di calcolo contributivo, dipende in modo cruciale dalla continuità delle carriere lavorative e dall’adeguatezza dei contributi versati in percentuale della retribuzione.

 Divario tra Nord e Sud

La lettura dei dati su base regionale fa emergere la forte differenza socio –economica tra Nord e Sud : i Neet ad esempio nella fascia 25-34 anni ( totale 2 milioni) residenti nelle sei regioni del sud sono oltre la metà , bel 1,1 milioni , di cui 700 mila circa concentrati in Sicilia e Campania.
Nelle stesse regioni ( e in Calabria) il tasso di disoccupazione in questa fascia di età supera il 30 per cento , mentre in Lombardia , Emila Romagna e Trentino Alto Adige è al di sotto del 10.