Italiani e copertura del rischio salute, la diffusione delle polizze sanitarie

Roberto Carli -

Il progressivo invecchiamento della popolazione e la pressione sul debito pubblico determina nel nostro Paese un sensibile “rischio salute”.

Se, infatti, il nostro è uno dei Paesi più longevi al mondo, con una speranza di vita residua a 65 anni più elevata di un anno per entrambi i generi rispetto alla media UE (19,1 anni per gli uomini e 22,4 per le donne), non altrettanto confortanti sono i dati relativi agli anni che restano da vivere, in buona salute e/o senza limitazioni funzionali.

La speranza di vita in buona salute alla nascita si attesta a 58,2 anni e quella senza limitazioni funzionali a 65 anni è pari a 13,7 anni per gli uomini e 14,1 per le donne, contro una media UE rispettivamente di 14,4 e 15,8 anni.

Dal VII VII Rapporto RBM-Censis sulla sanità pubblica, privata e intermediata, presentato in occasione del Welfare Day 2017 emerge poi che l’Italia continua ad avere una spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil inferiore a quella di altri grandi Paesi europei (6,8 per cento del Pil, in Francia all’8,6, in Germania al 9 per cento) ma è salito a 12,2 milioni il numero di persone che nell’ultimo anno hanno rinunciato o rinviato almeno una prestazione sanitaria per ragioni economiche (1,2 milioni in più rispetto all’anno precedente). E’ poi molto elevata la spesa sanitaria out of pocket, quella pagata cioè direttamente dai cittadini, secondo dati Ania pari a circa 36 miliardi di euro (circa 600 euro a testa ). Di questi, solo il 15 per cento sono stati intermediati da polizze e fondi sanitari.

In questo contesto assume particolare interesse la elaborazione ora pubblicata dall’Ania , sulla base delle informazioni raccolte nella rilevazione del 2016 della Banca d’Italia dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane, sulla diffusione delle polizze sanitarie individuali.

Quali sono le principali evidenze ? Nel 2016 la percentuale delle famiglie in possesso di almeno una polizza sanitaria era pari al 6, per cento%, in forte aumento rispetto a quanto rilevato sia nel 2014 (3,3 per cento) sia nel 2012 (4,0 per cento); in termini assoluti le famiglie assicurate erano circa 1,7 milioni (0,8 e 1,0 nel 2014 e nel 2012, rispettivamente).

Tra le famiglie assicurate, il numero medio di coperture, ponderato per la rappresentatività campionaria, era pari a 1,4 (1,06 e 1,1) La maggioranza delle famiglie con almeno una copertura sanitaria risiedeva al Nord (9,6 per cento; 4,9 e 5,6 per cento nelle due precedenti rilevazioni), seguita dalle famiglie con residenza al Centro (8,3 per cento; 3,6 e 5,8 per cento) e da quelle del Sud (2,1 per cento; 0,8 e 0,7 per cento).

La diffusione di coperture sanitarie varia sensibilmente a seconda della condizione professionale del capofamiglia, inteso come il maggior percettore di reddito.

I lavoratori autonomi tendono infatti a ricorrere di più alle assicurazioni sanitarie. Ciò è confermato anche dall’ultima indagine, anche se la differenza con i lavoratori dipendenti si è ridotta notevolmente. Nel 2016 la diffusione di polizze tra i lavoratori autonomi era pari a 10,3 per cento (7,2 nel 2014 e 9,5 per cento nel 2012), mentre tra i lavoratori dipendenti era quasi del 10% (3,4 e 4,3 per ceto). Per i capifamiglia in condizione non professionale la percentuale era significativamente più bassa (2,9, 2,3 e 2,4 per cento).

Anche nel 2016 la diffusione di polizze sanitarie è risultata correlata positivamente il livello del reddito familiare. Rispetto al passato, nel 2016 la correlazione positiva si è ulteriormente accentuata: la percentuale di famiglie assicurate nell’ultimo quintile per reddito superava quella nel primo quintile di quasi 19 punti percentuali (10,6 nel 2014 e 12,88 nel 2012).