L’incertezza politica mette a dura prova i bond bancari italiani

Andrew Fraser -

Le banche italiane sono tornate su un terreno noto, con il recente sell-off sulle obbligazioni di tutto il settore. In parte, questo fenomeno è giustificato.

Il bond Tier 2 a dieci anni di Mps denominato in euro è stato oggetto di ampie vendite. Il suo prezzo di emissione era troppo elevato quando è stato messo sul mercato lo scorso gennaio. A suo tempo la domanda era molto elevata a causa della ricerca di rendimento, mentre ora la situazione è diversa. Il prezzo di emissione non rifletteva il rischio rappresentato dal reale peso dei problemi che Mps deve affrontare. Tra questi, il più urgente è la cartolarizzazione di 24 miliardi di euro di sofferenze attualmente in bilancio. Un processo che già era difficile e che ora lo sarà ancora di più, vista l’evoluzione della scena politica italiana.

Il futuro appare cupo per gran parte del settore bancario italiano. Già prima delle elezioni c’era una serie di banche nazionali e regionali non competitive, che non prestavano abbastanza ed erano ancora appesantite da troppi crediti inesigibili. I tentativi del governo di creare un fondo di salvataggio per le banche in difficoltà hanno funzionato, in un certo qual modo. Ma il salvataggio di Mps l’anno scorso non è stato un progetto da imitare. Alcune banche falliranno e molte dovranno certamente procedere a fusioni.

In questo momento, poi, la politica sta mettendo a dura prova un settore che già stava lottando per rimettersi in piedi. C’è troppa incertezza nella situazione politica per poter analizzare dettagliatamente la situazione delle singole banche. Da un lato, se le leggi sul fallimento, recentemente modificate, venissero revocate, ciò potrebbe davvero danneggiare il mercato dei crediti in sofferenza. Un forte allentamento fiscale potrebbe favorire la crescita e quindi le banche, ma potrebbe anche aumentare il debito rispetto al Pil, che è già troppo elevato, e ciò in ultima analisi potrebbe avere una ricaduta sulle banche.

Ma non è tutto negativo. Nel complesso, le banche hanno gestito un gran numero di crediti inesigibili, anche se il loro ammontare è ancora eccessivo. La Bce ha ancora margine per sostenere le banche italiane orientando i loro acquisti di asset verso i titoli di Stato italiani. Dopo tutto, Mario Draghi non vuole che tutto il suo buon lavoro venga annullato dalla politica.

Allo stesso modo, non tutte le banche avranno un andamento negativo. Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno mostrato una buona resistenza in occasione del recente sell-off. Entrambe hanno dimostrato di poter cedere i prestiti in sofferenza a società di private equity e ad altri soggetti in grado di gestire adeguatamente questo tipo di attività. Ed entrambe hanno buone fonti di fatturato, come le attività di gestione del risparmio, che dovrebbero rivelarsi durevoli.

I due istituti bancari, inoltre, stanno adottando misure difensive per il prossimo periodo di contrazione. Oltre a cedere i crediti inesigibili pregressi, hanno investito molto per migliorare i propri sistemi di gestione del rischio e di finanziamento, e questo dovrebbero garantire migliori risultati sui prestiti più recenti. A un certo punto, il mercato comprenderà che si tratta di imprese sane, penalizzate insieme a tutto il settore bancario.

Probabilmente questo periodo di vendite non si placherà fino a quando la tensione sull’Italia non si sarà un po’ ridotta. Data però la natura tempestosa della politica italiana, potrebbe volerci un po’ di tempo.


 Andrew Fraser – Head of Financial Credit Research – Aberdeen Standard Investments