Guerra commerciale, la volatilità del mercato proseguirà per tutta l’estate

Anthony Chan -

L’incertezza che circonda la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina continua a causare volatilità sul mercato. Tuttavia, la performance migliore del previsto del mercato azionario dalla fine della scorsa settimana è stata sostenuta, a nostro avviso, da due notizie principali.

Il 12 luglio il Senato USA ha votato a stragrande maggioranza (88 a 11) una mozione contraria alle misure commerciali che il Presidente Trump ha adottato in nome della sicurezza nazionale. Sebbene la mossa fosse di natura simbolica e priva di qualunque efficacia, ha rispecchiato la crescente preoccupazione tra i repubblicani per le politiche commerciali di Trump.

Inoltre, stando a un’intervista rilasciata alla fine della scorsa settimana, il vice ministro al commercio cinese, Wang Shouwen, si è anche mostrato favorevole a riprendere i negoziati con gli USA. Ciò rinforza la nostra view secondo cui la Cina ha reagito con moderazione agli sviluppi di questa guerra commerciale. Il nostro scenario di base è che la volatilità di mercato probabilmente continuerà in vista delle elezioni di novembre di metà mandato. È improbabile che la minaccia commerciale del Presidente Trump si attenui fino a settembre o ai primi di ottobre quando la sua campagna elettorale raggiungerà il culmine. Nonostante Pechino abbia esteso per rappresaglia i dazi doganali e le restrizioni agli investimenti alle imprese USA, l’autorizzazione alla nuova fabbrica Tesla in Cina, rilasciata all’apice di questa guerra commerciale, indica che l’amministrazione Xi resta calma e moderata.

Lo slancio della crescita degli utili in Cina si è attenuato rispetto alla base molto solida dello scorso anno. Gli indici Hang Seng China Enterprises (che comprende le H shares) e CSI300 (composto da titoli di tipo A), sono scesi al di sotto della valutazione media degli ultimi cinque anni, ma devono ancora diventare convenienti. Ci attendiamo altre probabili revisioni al ribasso degli utili man mano che le tensioni commerciali inizieranno a espandersi dal sentiment agli utili effettivi. In particolare, l’erosione dei margini è di norma la prima conseguenza dei dazi prima che questi incidano sui prezzi finali. Per contro, l’MSCI China e l’Hang Seng sono ancora al di sopra della valutazione media, ma ultimamente hanno riportato un rallentamento della crescita degli utili.

La persistente condizione di stretta creditizia, nonostante i due tagli dei coefficienti di riserva obbligatoria nell’ultimo trimestre è estremamente preoccupante. Il nostro indice proprietario UBP China’s Credit Impulse, che segue la crescita della domanda da circa due trimestri, ha continuato a rallentare. Negli ultimi tre mesi la decelerazione si è intensificata. Ciò indica che in futuro la crescita della domanda interna sarà molto più contenuta, soprattutto se la PBOC non riuscirà a invertire questa tendenza attraverso una maggiore iniezione di liquidità nell’economia.

I dati relativi al credito mensile nel mese di giugno spiegano bene questo fenomeno. I prestiti bancari sono continuati ad aumentare grazie alle direttive statali e alla nuova liquidità di oltre 1.000 miliardi di renminbi derivante dai due tagli di 50 punti base del RRR effettuati ad aprile e giugno. Tuttavia, i crediti ombra si sono contratti ulteriormente sulla base di una regolamentazione ancora rigida della China Banking Regulatory Commission. Di conseguenza, la crescita complessiva del credito si è ridotta, scendendo a circa il 10% su base annua.

Dal momento che la guerra commerciale si è estesa dal sentiment all’attività economica reale, la politica di compensazione della Cina è insufficiente; particolarmente rischioso è il fatto che i dati stabili relativi al PIL non sono sufficienti a riflettere la vera realtà economica. Oltre a ulteriori tagli al coefficiente di riserva obbligatoria e ad alcuni investimenti e consumi incentivati dal centro, riteniamo che la Cina necessiti di una migliore ricalibrazione delle politiche tra la PBOC e la CBRC. Altrimenti, Pechino dovrà affrontare un compito molto più arduo nel secondo semestre, mentre sarà impegnata a combattere una battaglia per il commercio estero e sarà gravata da un marcato rallentamento dell’economia interna.

Nonostante la debolezza del renminbi rispetto al dollaro, crediamo ancora che la Cina non utilizzerà il tasso di cambio come uno strumento di guerra commerciale. A nostro avviso, il costo/beneficio di un persistente deprezzamento del renminbi è ampiamente negativo, soprattutto se inizia a ravvivare i deflussi di capitale.

Ci è voluto più di un anno a Pechino per fermare la precedente fuga di capitali e riconquistare la fiducia di base nel renminbi. Dal 2016 all’inizio del 2017, la Cina ha perso quasi 1.000 miliardi di dollari, pari a un terzo delle riserve totali in valuta estera, per i deflussi speculativi. Al momento siamo del parere che il deflusso di capitali sia a un punto di non ritorno della politica dei cambi e che il renminbi registrerà una ripresa se la tensione commerciale si allenterà. Detto questo, l’incertezza e la volatilità del mercato continueranno durante l’estate.


Anthony Chan – Chief Asia Investment Strategist – Union Bancaire Privée (UBP)