State Street Global Advisors, le implicazioni della guerra commerciale globale

Esther M. Baroudy -

Ovunque vengano applicati i dazi, le transazioni diventeranno più costose e probabilmente ci sarà un rallentamento dei volume commerciali.

Probabilmente anche altri settori potrebbero subire alcuni effetti secondari difficili da misurare. Questo a sua volta danneggerà la fiducia delle imprese in linea generale all’interno dei settori interessati. Inoltre, l’incertezza sull’escalation dei dazi danneggerà ulteriormente il sentiment aziendale.

Tutto ciò potrebbe causare un cambiamento o addirittura una diminuzione dei piani di investimento futuri. In Europa, un’area in cui le esportazioni e le spese in conto capitale sono relativamente elevate, questo potrebbe tradursi in un nuovo rallentamento dell’economia che, a sua volta, potrebbe rivelarsi difficile da gestire per via di un quadro politico frammentario, una già fragile ripresa economica e un elevato tasso di disoccupazione in molti paesi.

Le riforme strutturali per sostenere il tessuto delle economie dell’Eurozona e aiutarle a diventare più resilienti e flessibili non sono state attuate in maniera estesa. La Germania potrebbe subire fortemente l’impatto di tali misure, visto che le esportazioni rappresentano quasi il 47% del PIL. Nel frattempo, in seguito alla riforma fiscale degli Stati Uniti, le imposte a livello corporate restano ancora relativamente alte, creando un ulteriore disincentivo agli investimenti. La Francia, al contrario, sta cominciando a muoversi sul tema delle riforme e il presidente Macron sembra ben consapevole delle sfide che l’economia francese deve affrontare.

Qualora i dazi venissero imposti alle imprese europee in altri settori, oltre quello dall’acciaio, dall’alluminio e dalle automobili, gli incentivi fiscali statunitensi abbinati alla riforma fiscale a favore delle aziende statunitensi potrebbero incoraggiare alcune aziende europee a trasferire i loro nuovi investimenti negli Stati Uniti.

In definitiva, gli Stati Uniti vorrebbero mercati più aperti quando Europa e Giappone sono coinvolti. Per la Cina, l’intenzione dichiarata è quella di contrastare il predominio tecnologico del paese, fattore che implicherebbe uno stallo tariffario per un periodo prolungato. È probabile inoltre che, in futuro, alle imprese cinesi venga negata la possibilità di investire in settori statunitensi tecnologicamente avanzati. Ma, se da un lato l’asse commerciale USA-Cina potrebbe essere vulnerabile a un’escalation senza fine, dall’altro bisognerebbe trovare una soluzione attraverso una modifica del NAFTA.

L’incertezza sulle prospettive di business e la difficoltà di misurare questo impatto sui futuri flussi di reddito e di profitto stanno attualmente danneggiando indiscriminatamente i mercati azionari. Anche le commodity sono sotto pressione, mentre assistiamo a una fuga verso i beni rifugio, come i Treasury e il dollaro statunitense. Riteniamo che ci vorrà del tempo perché si possa delineare una più netta distinzione tra vincitori e vinti.


Esther M Baroudy – Portfolio Manager Global Equities – State Street Global Advisors