E’ possibile parlare di etica nel settore tecnologico?

Sébastien Thevoux-Chabuel -

Le ultime notizie provenienti dalla Silicon Valley hanno messo in dubbio lo standard etico di molte società che, nonostante ciò, stanno viaggiando verso nuovi picchi sul mercato azionario.

Dal nostro punto di vista di investitori quality growth di lungo periodo, il settore tecnologico è sempre stato interessante. Si tratta di un settore dalle incredibili potenzialità in termini di portata e durata della crescita, derivanti dalla capacità ad ampio spettro che il fattore tecnologico può esercitare nel rimodulare l’attività umana. Per tecnologia intendiamo l’automazione di processi e tecniche manuali che permettono di ottenere risultati uguali o migliori, ma con un costo decisamente inferiore e/o ad un livello superiore, semplicemente impossibile da raggiungere prima dell’avvento della tecnologia stessa.

La società umana ha sempre seguito in maniera fedele un modello di gestione delle risorse e della ricchezza, che è cambiato radicalmente con la prima rivoluzione industriale. A quel punto, in seguito ad ogni nuova ondata di innovazioni tecnologiche, il picco di ricchezza che ne è seguito ha portato a un eccesso di offerta rispetto alla domanda, che a sua volta ha condotto ad un aumento del potere di chi controllava la tecnologia e l’accumulo degli eccessi di ricchezza. Oltre ad una sempre maggiore disuguaglianza, tali tecnologie hanno modificato le norme sociali, la cultura e l’etica, creando nuove forme di collaborazione e nuove concezioni di ciò che è bene e ciò che è male.

Spostando lo sguardo sul presente, la più recente rivoluzione dell’IT sta seguendo il percorso di sempre, ma con disparità ancora più marcate. L’unica differenza è che oggi parliamo di dati e non di raccolto e che il carbone da bruciare per alimentare le macchine che processano i big data sono DRAMs e NANDs e che il numero di stagioni in cui mietere sta crescendo in maniera esponenziale. Il ritmo è così sostenuto che per una parte significativa della popolazione il concetto stesso di occupazione è messo in dubbio dalla combinazione di intelligenza artificiale e automazione. Allo stesso tempo le recenti controversie riguardo a società come Facebook hanno mostrato come con l’utilizzo di algoritmi molti cittadini siano ormai fin troppo facili da manipolare. Se lasciati senza controllo, questi sistemi potrebbero portare ad una manipolazione su larghissima scala e allo sfruttamento di tutte le tipologie di bias sia a livello collettivo quanto a livello del singolo, soprattutto se pensiamo che stiamo ancora graffiando la superficie di quello che è possibile realizzare utilizzando l’enorme quantità di tracce che lasciamo utilizzando gli strumenti digitali. Potrebbe diventare sempre più diffusa la discriminazione di prezzo su base individuale tra consumatori, basata su algoritmi che permetteranno alle società di prevedere quanto il singolo consumatore è disposto a pagare per un dato prodotto o servizio.

Per quanto le potenzialità dell’AI e le conseguenze dell’automazione possano sembrare esagerate, l’impatto che queste potrebbero avere sulla società civile non va sottovalutato. Curiosamente, crediamo che un segnale positivo venga proprio da una società che tutti amavano odiare vent’anni fa. Microsoft sta agendo da “leader morale” spostando il focus da quello che i computer possono fare a quello che i computer dovrebbero fare. Tramite la nostra attività di engagement con la società e come evidenziato da una serie di azioni da loro intraprese, oltre alle prese di posizione pubbliche, il gigante del software sembra voler delineare una serie di principi condivisi in merito all’affidabilità, sicurezza, privacy, trasparenza e responsabilità da parte di tutti gli attori in campo tecnologico. L’anno scorso Microsoft ha lanciato l’iniziativa “Digital Geneva Convention”, con l’intenzione di applicare questi principi anche agli Stati nazionali e alla tecnologia impiegata nella guerra cibernetica. Per i più scettici, vogliamo sottolineare che questi principi sono già messi in atto dalla società, come testimoniato dai contrasti con il governo statunitense, che Microsoft ha più volte accusato per presupposti abusi nelle richieste di informazioni e dati relativi agli utenti.

Per quanto cruciali per una serie di ragioni, i regolatori, come i generali, tendono a combattere nell’ultima battaglia. Per evitare il difficile futuro descritto dallo storico e scrittore israeliano Yuval Noah Harari nel libro “Homo Deus”, i consumatori e gli investitori possono agire in prima persona interagendo con le società e premiandole – o punendole – tramite le scelte che vengono fate al momento di allocare il proprio capitale.


Sébastien Thevoux-Chabuel – analista ESG – Comgest