L’Argentina e la Turchia potrebbero guastare il rally dei mercati emergenti nel 2019?

Alejandro Arevalo -

Il sentiment del mercato verso il credito dei Paesi emergenti può essere ampiamente diviso in due categorie – visione strutturale e tattica. L’anno è iniziato con un focus degli operatori sulla visione tattica – risultato delle relazioni commerciali tra USA e Cina.

Inizialmente, il termine usato per descrivere tali rapporti era “guerra commerciale”, che è poi diventato “tregua commerciale” con lo scongelamento delle relazioni tra i due Stati, e infine “negoziati commerciali” visti i segni di progresso verso un accordo. Visto quanto può cambiare la retorica di settimana in settimana, crediamo in un approccio prudente, che possa aiutare i nostri portafogli a resistere ai titoli dei giornali, piuttosto che nella presa di posizioni forti sulla questione commerciale. Preferiamo non correre il rischio di aver ragione una settimana e di essere velocemente smentiti quella successiva!

Un esempio di come i mercati possano adottare una visione strutturale, dall’altra parte, è costatabile nel caso della Turchia e dell’Argentina. Le debolezze di queste economie hanno richiesto anni per svilupparsi mentre i punti di forza, se ce ne sono, ci metteranno anni per ricostituirsi. La nostra visione strutturale per questi due Paesi è che ci sono crediti individuali che offrono un buon valore, ma il rischio macro porterà probabilmente ad una delle più alte volatilità tra i Paesi emergenti.

La Turchia e l’Argentina sono però esposte alla volatilità in modi molto diversi, creando opportunità per il gestore attivo. Per noi, la differenziazione dei paesi e uno stile d’investimento agile sono la chiave per trovare i migliori rendimenti ponderati per il rischio all’interno nei mercati emergenti anche in periodi di volatilità, e questi due paesi illustrano il nostro approccio.

Tuttavia, ci viene continuamente chiesto se la Turchia e l’Argentina potrebbero guastare il rally dei mercati emergenti di quest’anno, proprio come hanno fatto nel 2018. Nel 2019 i mercati emergenti sono tornati a vivere, trainati da un’inversione delle condizioni che hanno originato il “sell-off” visto l’anno scorso. I nuovi afflussi nei mercati emergenti sono stati trainati da una Fed molto più accomodante, che sta tenendo sotto controllo il dollaro e sta portando a un rallentamento gestito in Cina, il che ha fatto apparire nuovamente interessanti le valutazioni sui mercati emergenti. A che punto siamo?

Turchia: Posizionati in modo difensivo con titoli di Stato liquidi in valuta forte

La nostra strategia sui mercati emergenti ha una posizione sottopesata per la Turchia viste le nostre preoccupazioni sul quadro macro di lungo termine per il Paese. Le vulnerabilità dell’economia turca sono ben note – inflazione alta e un importante disavanzo delle partite correnti – e sono la ragione principale per cui la lira ha perso il 40% contro il dollaro statunitense nei primi dieci mesi del 2018. Il deficit cronico della Turchia indica la sua dipendenza dall’indebitamento in dollari per alimentare il boom dei consumi interni sotto il presidente Erdo?an, che fallì nel momento in cui, l’anno scorso, gli Stati Uniti dichiararono la fine del quantitative easing e iniziarono ad aumentare i tassi di interesse. L’elevata inflazione turca e l’ampio deficit sono rischi strutturali di lungo termine che potrebbero essere gestiti nel breve, ma che suggeriscono come il Paese sia ancora molto esposto a shock esterni.

Rispetto all’anno scorso, la liquidità della Turchia ha mostrato una ripresa e l’economia sta beneficiando di discreti rendimenti nel breve periodo. Ma il Paese è ora molto meno disciplinato fiscalmente rispetto alle precedenti crisi che ha attraversato. La “scatola nera” della Turchia, costituita da spese pubbliche sconosciute, si sta ampliando – senza alcuna visibilità sull’equilibrio totale. Sono riportati, per esempio, casi di “stimolo invisibile” sotto forma di passività contingenti del governo e sussidi alle PMI, mentre sono state introdotte misure di concessione (c.d. “forbearance”) nei confronti delle banche statali turche, ma senza alcuna visibilità per gli investitori sul livello reale dei prestiti in sofferenza (NPL) del settore.

Per queste ragioni, deteniamo una posizione in obbligazioni sovrane (e legate al debito sovrano) turche, che sono liquide e possono essere efficacemente coperte attraverso i credit default swap (CDS). Deteniamo una posizione limitata sul debito corporate turco, in quanto non è possibile mitigare così facilmente i risultati negativi; le valutazioni societarie sembrano elevate in considerazione del recente rally e preferiamo avere cautela, dato che la “scatola nera” della spesa sconosciuta della Turchia probabilmente non sarà una notizia positiva per gli asset rischiosi. Questo approccio conservativo di detenere debito sovrano liquido significa che possiamo beneficiare dei rally all’interno della Turchia, ma siamo abbastanza vicini alla “porta di uscita” in caso di volatilità.

Argentina: Posizionati opportunisticamente con i corporate bond

In contrasto con il rischio di lungo termine della Turchia, in Argentina siamo più attenti al rischio idiosincratico e di medio termine. La prima tornata delle elezioni presidenziali si svolge a ottobre e gli investitori sono molto sensibili ad un passaggio politico dal presidente Macri all’ex presidente di sinistra Cristina Fernández de Kirchner, che si dice possa annunciare una ricandidatura. I mercati temono una scelta binaria tra la continuazione delle politiche favorevoli al mercato di Macri o il ritorno del rischio di default.

I sondaggi vedono attualmente un testa a testa tra i due. Per far sì che Macri riguadagni la sua posizione nei sondaggi e si faccia rieleggere, l’Argentina ha bisogno di vedere un miglioramento nei dati economici. Il PIL è calato del 2,5% nel 2018 e ha chiuso l’anno con la seconda cifra più alta d’inflazione in America Latina al 47,6% (seconda solo al Venezuela), costringendo Macri a chiedere un prestito di salvataggio di 56 miliardi di dollari al FMI e ad annunciare misure di austerità impopolari. Tutto questo, e un’inopportuna siccità, ha scatenato una grave crisi valutaria, con il Peso che ha perso più della metà del suo valore.

Le misure di austerità hanno inoltre spinto l’economia argentina in recessione, rafforzando al tempo stesso la fiducia degli investitori, date le aspettative che esse avrebbero posto le basi per una ripresa sostenibile. E in un certo senso è stato così. La produzione agricola era aumentata del 4% negli ultimi tre mesi del 2018, su base annua – un settore che produce il 10% del PIL del Paese – ma nei primi quattro mesi del 2019 la ripresa economica è rimasta generalmente debole. A gennaio, l’inflazione su base mensile è stata del 2,9%, mancando le aspettative di mercato (al 2%) e stimolando un “sell-off” degli asset argentini. Il secondo trimestre invece potrebbe mostrare un miglioramento a seguito dei dati relativi ai raccolti agricoli che si prevede siano positivi. Inoltre, l’attuale deficit delle partite correnti dell’Argentina dovrebbe diminuire significativamente poiché l’indebolimento del peso, combinato con il calo dei consumi e degli investimenti, potrebbe causare una ripresa delle esportazioni e una contrazione delle importazioni.

Nel frattempo, è probabile che gli afflussi di capitale rimangano deboli data l’incertezza delle elezioni. Per gli investitori attivi come noi, questo implica che siamo ancora alla ricerca di buone opportunità nell’ambito dei corporate bond che possano offrire un carry interessante a valutazioni inferiori rispetto all’indice più ampio. Dati i rischi idiosincratici, ci aspettiamo che i titoli di Stato siano vulnerabili alla volatilità valutaria, quindi non siamo esposti al Peso. A differenza del nostro posizionamento in Turchia quindi, crediamo che i corporate bond in Argentina siano meglio posizionati per resistere alla volatilità. Preferiamo le società difensive come i servizi pubblici e gli aeroporti; gli aeroporti internazionali dell’Argentina, ad esempio, beneficiano di bassi livelli di indebitamento e di entrate generate in dollari, che fungono da copertura contro la volatilità della valuta locale. Manteniamo un approccio agile alla gestione dell’esposizione – siamo stati sovrappesati in Argentina rispetto all’indice per la maggior parte del 2018 e siamo ora tatticamente in linea con l’indice, dato che c’è spazio per migliori opportunità che potrebbero essere generate da un’ulteriore volatilità.


Alejandro Arevalo – gestore della strategia Emerging Market Debt – Jupiter Asset Management