L’estate sta finendo …

Giordano Beani -

Dallo “chansonnier” impegnato al pop elettronico leggero della metà degli anni ’80 dei fratelli Righeira: “l’estate sta finendo”. Anzi per i mercati finanziari l’estate è finita settimana scorsa, oggi siamo già in autunno.

Un’estate caratterizzata da un andamento altalenante dei mercati azionari internazionali, bene in luglio e settembre, male soprattutto nella prima metà di agosto. Tale andamento ha seguito le alterne vicende delle guerre commerciali tra Stati Uniti e Cina, con i relativi timori di un peggioramento della crescita economica nelle fasi più tese e le spinte positive costituite dalle attese, poi realizzate, di un’azione espansiva delle principali Banche Centrali. I mercati obbligazionari, sia governativi sia corporate, hanno invece mostrato per tutto il periodo estivo, ad eccezione della settimana precedente la scorsa, una tendenza fortemente positiva, con i rendimenti che sono scesi pressoché costantemente, grazie alla doppia spinta fornita dal rallentamento economico e dall’orientamento al ribasso dei tassi ufficiali guidati dalle Banche Centrali.

Settimana scorsa la fine dell’estate non ha portato scossoni particolari con i mercati azionari principali che si sono mossi in un ventaglio stretto tra il -0,5% ed il più 0,6%, nonostante l’inizio di settimana negativo a causa del bombardamento con i droni delle piattaforme petrolifere saudite, che ha causato la distruzione di circa la metà della capacità produttiva dell’Arabia Saudita ed una conseguente impennata del prezzo del petrolio, calmieratasi in parte sul finire di settimana. L’altro evento clou è stata la riunione del FOMC (Federal Open Market Committee) che si è conclusa con la decisione della Banca Centrale USA, ampiamente attesa dai mercati, di ridurre di un ulteriore quarto di punto i tassi sui Fed Funds portandoli all’1,75%-2%. Decisione non unanime dei membri votanti (7 favorevoli, 3 contrari), divergenza che si ritrova anche nelle previsioni future dell’andamento dei tassi da parte di tutti i membri del Comitato, espressi nei cosiddetti “dots” (letteralmente “i punti”).

Le future decisioni sui tassi ha dichiarato il Presidente della Fed Jerome Powell, saranno dipendenti dai dati macroeconomici e dall’evolversi dei rischi globali che influiscono sulla crescita Da segnalare, inoltre, che proprio mentre la Fed diventa più espansiva, tagliando i tassi e ponendo fine al restringimento quantitativo, il mercato monetario overnight statunitense è andato incontro ad una scarsità di liquidità con i tassi overnight che hanno toccato punte del 10 il che ha richiesto per ben quattro giorni l’intervento dell’Istituto Centrale con ingenti iniezioni di liquidità La questione sembra tecnica, dovuta in larga parte alla riduzione strutturale delle riserve eccedentarie delle banche statunitensi depositate presso la Fed, riduzione causata dal doppio effetto del restringimento quantitativo, che drena liquidità, e dalla forte attività di emissioni da parte del Tesoro americano per finanziare l’aumento del deficit indotto dalla politica fiscale di Trump.

Veniamo ora al dettaglio dei movimenti occorsi sui mercati azionari la settimana scorsa L’Indice S&P 500 ha chiuso in territorio negativo 0,5 a causa soprattutto della chiusura di venerdì In positivo invece l’Area Euro con l’Indice Eurostoxx 50 che tocca i massimi dell’anno a 3.571 punti 0,6 ed il nostro mercato domestico in leggero ripiego 0,26. Benino anche il Giappone con un 0,4 del Nikkei 225 mentre sui mercati emergenti i risultati sono stati più variegati, con Cina in rosso, ma Corea ed India in positivo, per una chiusura dell’Indice MSCI Emerging del 0,52. Sui mercati obbligazionari si è arrestato il rialzo iniziato la settimana precedente dei rendimenti a lunga scadenza negli Stati Uniti ed in Germania, con il rendimento del Treasury USA decennale in discesa di 18 punti base a 1,72 e quello del Bund per pari scadenza in discesa di 7 pb a 0, 52 mentre il nostro spread ha allargato di 11 pb a 144 in vista dei primi scogli che il nuovo Governo dovrà affrontare con la predisposizione della nota di aggiornamento al DEF.

Per quanto riguarda le divise lieve rafforzamento del dollaro USA sull’Euro e rafforzamento della Sterlina grazie alla riapertura del dialogo tra il Regno Unito e l’Unione Europea ai fini della definizione di un accordo sulla Brexit Infine, come ricordato, balzo del prezzo del petrolio che sale del 6,7 %. In conclusione, l’autunno si apre con le speranze legate ai negoziati sino americani e quelli relativi a Brexit in un contesto tuttora di rallentamento economico, ma caratterizzato nelle recenti settimane da un miglioramento degli indici di sorpresa economica, che segnalano che al margine i dati economici negativi non sono inferiori alle aspettative. Con la fine dell’estate poi si apre la stagione dei risultati aziendali del terzo trimestre che fornirà indicazioni sullo stato di salute della “corporate America e delle aziende europee. La fine dell’estate è anche una fase di maturazione psicologica, con l’augurio che la maturazione dei mercati non sia giunta al termine ::“l’estate sta finendo e un anno se ne va, sto diventando grande anche se non mi va”.

Azioni

Dopo un momento di esitazione dovuto all’attacco agli impianti petroliferi sauditi, i mercati azionari si sono ripresi a metà settimana. Durante la settimana, i titoli petroliferi e i titoli difensivi hanno sovraperformato i titoli ciclici. Dopo le prese di beneficio avvenute all’inizio della settimana, c’è stato un rally dei titoli bancari vista la crescente divisione in seno alla Fed riguardo al proseguimento della stretta monetaria. La fiammata del prezzo del petrolio dopo l’attacco agli impianti petroliferi sauditi e la delusione per i dati cinesi hanno riacceso il dibattito su un prossimo rallentamento della crescita economica. Ciò nonostante, i mercati azionari sono rimasti vicini ai massimi storici perché sperano in una tregua della guerra commerciale e nel nuovo round di tagli ai tassi da parte della BCE e della Fed. Una tregua prolungata sul fronte delle tensioni geopolitiche favorirebbe il proseguimento del rally azionario.

Obbligazioni governative

I tassi hanno ripreso a scendere dopo gli ultimi annunci delle banche centrali. Da un lato, la BCE ha annunciato un pacchetto completo di misure. La sua politica monetaria rimarrà accomodante molto a lungo. Dall’altro, la Fed ha tagliato i tassi di 25 pb per la seconda volta a causa 1) della debolezza della crescita mondiale e delle forti incertezze (guerra commerciale e Brexit), (2) delle deboli attese d’inflazione. La Fed continua a ritenere i tagli dei tassi una mossa preventiva. Due fattori potrebbero fare la differenza e indurre la Fed a cambiare lo scenario: un peggioramento del mercato del lavoro americano e la mancanza di miglioramenti di questo regime di bassa inflazione. La Fed “prevede che il mercato del lavoro continuerà a godere di ottima salute.” Inoltre i membri del FOMC “sono consapevoli del fatto che un’inflazione persistentemente inferiore al target potrebbe causare un inopinato ridimensionamento delle aspettative d’inflazione a lungo termine”.

Obbligazioni corporate

Gli spread si sono ristretti negli USA, sia per quanto riguarda le obbligazioni societarie investment grade, sia quelle high yield, mentre si sono consolidati in Europa dopo il restringimento avvenuto sulla scia del pacchetto della BCE. L’evoluzione positiva degli altri attivi rischiosi, unitamente alla bassa volatilità implicita delle azioni, depone a favore della stabilità dei mercati del credito. Le banche centrali hanno mantenuto il loro orientamento accomodante in materia di politica monetaria. Le condizioni creditizie rimangono favorevoli al finanziamento delle imprese grazie ai rendimenti piuttosto bassi e al restringimento degli spread. La caccia al rendimento rimane uno dei principali driver sui mercati della zona Euro, soprattutto ora che c’è stata la forte compressione del premio al rischio dei titoli di Stato italiani.

Tassi di cambio

La situazione sui mercati valutari stranieri appare piuttosto contrastata. Il rialzo dei tassi di 25 pb effettuato dalla banca centrale norvegese non è riuscito a far apprezzare in modo stabile la Corona Norvegese. La BoJ ha cercato di sostenere il JPY. I dati deludenti sull’occupazione hanno spinto al ribasso il dollaro australiano. Il real brasiliano è stata la valuta che ha messo a segno la peggior performance a causa di una dichiarazione accomodante del comitato di politica monetaria della banca centrale (Copom), mentre la sterlina è la valuta che si è rafforzata di più tra quelle dei Paesi dei G10 per via dell’ottimismo nei confronti della Brexit e dei commenti positivi del presidente della Commissione europea. Il restringimento del differenziale dei tassi di interesse rispetto al resto del mondo fa pensare a un dollaro più debole in futuro, ma continuiamo a rimanere dell’idea che la stabilizzazione degli indicatori anticipatori e i miglioramenti costanti sul fronte commerciale rimangano i fattori principali da monitorare. Il dollaro dovrebbe quindi rimanere forte per un certo periodo prima di iniziare a scendere, e ciò dovrebbe tradursi in un rialzo contenuto a breve termine dell’euro e dell’intero universo delle valute cicliche.

Materie prime

Questa settimana i mercati delle materie prime sono stati dominati dal petrolio. Dopo l’attacco devastante agli impianti petroliferi dell’Arabia Saudita, il prezzo del Brent è salito sopra quota 68 dollari al barile per poi ridiscendere a 64,28 dollari. Questa settimana l’oro è stato scambiato attorno ai 1.516 dollari all’oncia e non ha pressoché reagito più di tanto allo shock petrolifero e alle decisioni della Fed. I metalli di base hanno risentito della potenziale escalation in Medio Oriente. Le tensioni in Medio Oriente faranno salire le quotazioni del petrolio durante le prossime settimane, mentre il fragile quadro dell’economia mondiale dovrebbe pesare in futuro sul prezzo delle materie prime cicliche. Per contro, le decisioni delle banche centrali potrebbero favorire l’oro e gli altri metalli preziosi. Finora, il target di prezzo rimane entro un rangetra i 60 e i 70 dollari per il Brent. Il quadro appare indubbiamente roseo per l’oro, che nei prossimi mesi dovrebbe continuare a salire.

Stati Uniti

La Federal Reserve USA ha tagliato i tassi alla luce delle ripercussioni negative che gli sviluppi mondiali potrebbero avere sulla crescita. Eppure, le proiezioni economiche di settembre mostrano pochi cambiamenti rispetto a giugno, sia sul breve, sia sul lungo termine. Sorprendentemente, le stime sulla crescita sono addirittura leggermente migliorate (anche se con una dispersione di poco maggiore). Le nuove stime sull’economia presentano solo modeste variazioni. La crescita tra i quattro trimestri del 2018 e quelli del 2019 è stata rivista al rialzo dello 0,1% e portata al 2,2%, confermata per il 2020 (al 2%) e di nuovo rivista al rialzo per il 2021 (all’1,9%). Il tasso di disoccupazione dovrebbe stabilizzarsi al 3,7% nel 2019 e nel 2020 e salire al 3,8% e al 3,9% nel 2021 e nel 2022. Le stime sull’inflazione PCE core riguardo alla spesa al consumo sono rimaste invariate (1,8% nel 2019, 1,9% nel 2020 e 2% nel 2021).

Zona Euro

Migliora la fiducia degli investitori in Germania. L’indice ZEW, che misura la fiducia degli investitori, è risalito a settembre a -22,5 (rispetto al -37,0 atteso e al -44,1 di agosto). Tuttavia, la componente dello ZEW che riflette la valutazione degli investitori riguardo alla situazione attuale è scesa a -29,9 (rispetto al -15 atteso e al -13,5 di agosto) ovvero ai livelli più bassi dal maggio 2010. L’inflazione nella zona Euro si è confermata ad agosto all’1% annuo (0,9% per l’inflazione sottostante). La ripresa dello ZEW è un segnale incoraggiante, ma è anche vero che l’indice era sceso in precedenza a livelli molto bassi. In ogni caso, questo miglioramento dovrà essere confermato dai dati sugli altri indici principali che verranno pubblicati nei prossimi giorni (PMI e IFO). L’inflazione non dà cenno di volersi risvegliare nonostante il calo dell’occupazione e l’aumento dei salari. L’obiettivo della BCE (di poco inferiore al 2%) appare ancora ben lontano.

Mercati Emergenti

Sono stati pubblicati gli indicatori sull’attività economica cinese nel mese di agosto che evidenziano una debolezza maggiore del previsto, con gli investimenti in attività fisse in calo dal 5,7%,al 5,5% annuo, la produzione industriale in calo dal 4,8%al 4,4% annuo, le vendite al dettaglio dal 7,6% annuo al 7,5% annuo, e gli investimenti immobiliari dal 10,6% di inizio annuo al 10,5%. Il rallentamento economico osservato a luglio si è aggravato. Tuttavia, gli ultimi dati non hanno evidenziato un quadro uniformemente negativo. Il settore immobiliare, le vendite al dettaglio (escluse quelle del comparto automobilistico) e gli investimenti nelle infrastrutture hanno dato prova di buona tenuta. Le autorità probabilmente aumenteranno i loro stimoli varando misure più espansive sul fronte dell’economia monetaria, più supporti a settori specifici (quello automobilistico) e aumentando la spesa di bilancio.

Giappone

La BoJ apparentemente si è mostrata piuttosto favorevole a un allentamento del credito. Tuttavia, è probabile che rimanga ancorata allo status quo visto che dispone di poche opzioni efficaci. La banca centrale ha mantenuto la sua politica nonostante i rischi esterni si siano intensificati sensibilmente. Il governatore Kuroda ha risposto affermativamente alla domanda se la BoJ potrebbe adottare delle politiche più accomodanti. Nella sua dichiarazione, la BoJ ha aggiunto una frase in cui dice che i rischi richiedono “una maggior attenzione” e che quindi riesaminerà la situazione in occasione della prossima riunione. Tuttavia, il governatore Kuroda ha dichiarato in modo inequivocabile che la deviazione significativa del rendimento dei titoli di Stato decennali rispetto all’obiettivo zero della BOJ è inaccettabile e che è preferibile una curva dei rendimenti più ripida. La BoJ ha riaffermato che la spesa al consumo e gli investimenti delle imprese stanno dando segnali di una buona tenuta nonostante le frizioni commerciali tra USA e Cina. Il rapporto Tankan della BoJ che verrà pubblicato il 1°ottobre e la riunione dei direttori di filiale che si terrà il 15 ottobre saranno la cartina di tornasole del sentiment delle imprese e dei consumatori.


Giordano Beani – head of Multi-Asset Fund Solutions Italy – Amundi SGR