Mercati di autunno all’insegna di un ritorno della volatilità

Michaël Lok, Norman Villamin, Patrice Gautry -

A differenza dei cicli precedenti, evitare la recessione economica non impedisce più che i mercati possano scivolare in territorio ribassista.

Anzi, gli investitori devono ora associare le tradizionali analisi economiche e di valutazione allo studio delle condizioni finanziarie e dei crescenti conflitti geopolitici per tenere conto di un numero sempre più elevato di rischi.

L’attuale contesto di mercato sembra ricordare quello già verificatosi nel quarto trimestre 2018. Valutazioni elevate, una politica della FED che i mercati considerano non abbastanza accomodante e l’emergere di tensioni tra le due maggiori economie mondiali, hanno innescato un inasprimento delle condizioni economiche nella scorsa primavera, rispetto al precedente quadro di allentamento, come avvenuto nell’ottobre 2018. Questo autunno i mercati si presentano con un rischio rinnovato che la FED deluderà ancora una volta i mercati con un taglio di soli 25 punti base al meeting di settembre e/o che l’UE e il Regno Unito non troveranno un accordo sulla Brexit.

Inoltre, mentre nel quarto trimestre 2018 Stati Uniti e Cina avevano fatto un passo indietro riprendendo i negoziati commerciali, il persistente indebolimento della valuta cinese dall’annuncio di nuovi dazi il 1° agosto e le ritorsioni in corso suggeriscono che la disputa commerciale tra le due superpotenze globali sta iniziando a trasformarsi in un conflitto destinato a diventare più ampio nei prossimi anni. Di conseguenza, in un contesto di condizioni finanziarie neutre/e in fase di irrigidimento per gli Stati Uniti e la zona euro, con le banche centrali che sembrano riluttanti (FED) o incapaci (BCE) di procedere proattivamente ad un allentamento, le economie e i mercati appaiono a rischio, proprio come è avvenuto nel quarto trimestre 2018.
Di fronte a mercati con valutazioni eccessive, all’indebolimento dei contesti di crescita in tutto il mondo, a policymaker reattivi piuttosto che proattivi e a un panorama geopolitico complesso, la gestione del rischio è diventata una delle priorità dell’ultimo anno. In effetti, gli investitori si sono trovati ad affrontare quella che ci aspettiamo sia una ripresa di un lungo ciclo di volatilità. Nel 2018, ciò è iniziato con un rimbalzo della volatilità dei titoli azionari rispetto ai minimi storici. Nel 2019, questa tendenza si è estesa ai mercati obbligazionari e dei metalli preziosi, e sospettiamo si allargherà anche ad altre asset class. Pertanto, per gli investitori obbligazionari, stiamo assumendo una posizione sempre più orientata alla preservazione del capitale dato il livello basso di rendimenti assoluti in tutto il mondo.

Mentre gli spread creditizi non riescono a prezzare il contesto macroeconomico delineato in precedenza, ci aspettiamo che le banche centrali, a causa del numero limitato di strumenti a loro disposizione, si concentreranno sulla ricerca di soluzioni volte a evitare eventi sistemici nell’universo del credito delle rispettive economie. Infatti, il Giappone e, in misura minore, la Cina stanno già perseguendo obiettivi simili. Pertanto, anche se la volatilità dovesse aumentare nell’universo del reddito fisso, ci aspettiamo che gli approcci di selezione attiva del credito da tenere fino a scadenza resteranno interessanti. Nel settore azionario, un’esposizione “asimmetrica” al rischio – partecipando ai rendimenti in rialzo sui mercati azionari ma contenendo al tempo stesso l’esposizione a cali consistenti – resta un punto fermo del nostro posizionamento. Il calo temporaneo della volatilità azionaria nei mesi di giugno-luglio ci ha permesso di integrare tatticamente l’esposizione azionaria a capitale protetto in portafogli. Riteniamo inoltre che gli investitori dovrebbero incorporare un portafoglio di strategie “risk-off” per temperare questo aumento previsto della volatilità a lungo termine. L’oro è stato l’ancora del nostro approccio “risk-off” nel 2019. Tuttavia, con il passaggio a US$ 1.550/oz. gli investitori dovrebbero iniziare a diversificare la loro allocazione “risk off”. In particolare, vediamo opportunità sia nello yen giapponese sia nel franco svizzero, che restano relativamente sottovalutati rispetto all’oro, ai titoli di Stato Usa e tedeschi, e alla volatilità azionaria.


Michaël Lok – Group Chief Investment Officer (CIO) – Union Bancaire Privée (UBP)
Norman Villamin – Chief Investment Officer (CIO) Private Banking e Head of Asset Allocation – Union Bancaire Privée (UBP)
Patrice Gautry – Chief Economist – Union Bancaire Privée (UBP)