Bce e Fed a due velocità, in Europa puntare su corporate IG
Sulla scia delle elezioni americane e degli ultimi dati sull’inflazione negli USA, emerge come le politiche monetarie delle principali banche centrali, in particolare Fed e BCE, stiano imboccando percorsi divergenti, rischiando di creare una frattura tra i rispettivi approcci. Da un lato la Fed ha ridotto i tassi d’interesse portandoli a un intervallo tra il 4,50% e il 4,75% al termine della riunione del 7 novembre ma, con l’inflazione che a ottobre è salita al 2,6% (rispetto al 2,4% del mese precedente), è possibile che i livelli dei prezzi rimangano ancora elevati. Questo nuovo taglio riflette una politica di cautela verso l’inflazione, sebbene la Fed stia rallentando anche il ritmo della riduzione degli asset detenuti nel suo programma di QE, portandolo da 95 a 60 miliardi di dollari al mese a partire da giugno 2024. Secondo Powell, le decisioni di politica monetaria continueranno a essere prese “riunione per riunione”. Powell ha anche precisato che, pur con l’economia su una traiettoria di crescita, si considera appropriato continuare, senza fretta, a ridurre i tassi per avvicinarsi all’obiettivo “neutrale”. Le politiche fiscali espansive dell’amministrazione Trump potrebbero dare un boost all’economia e si osservi come il debito pubblico americano, già a livelli record, nei prossimi anni aumenterà ulteriormente. Dall’altra parte, invece, la BCE, che ha optato per un taglio del tasso sui depositi dal 3,50% al 3,25% nella riunione del 17 ottobre, dovrebbe essere più spedita nel raggiungimento del tasso neutrale. Il tasso neutrale è il livello del tasso di interesse che non stimola né rallenta l’economia.
In un quadro di crescente instabilità internazionale, gli investitori si preparano a sfide economiche che potrebbero colpire l’euro e indebolire i mercati azionari europei, soprattutto in vista della seconda presidenza di Trump. Guardando al 2025, le aspettative sul “terminal rate” della Fed riflettono un numero ridotto di tagli rispetto a quanto previsto un mese fa: a fine 2025 i mercati ora si attendono un tasso del 3.8%. La Fed sembra quindi orientata verso una politica meno accomodante. Il terminal rate della BCE atteso a 2025 invece non ha mai mostrato sostanziali cambiamenti, attestandosi al 2% circa.
In un contesto di divergenza tra le politiche monetarie, sarebbe opportuno mantenere in portafoglio obbligazioni investment grade, denominate in euro, mantenendo una scadenza media per bloccare rendimenti ancora interessanti. Si ritiene opportuno anche non allungare troppo la duration, per limitare il rischio di uno spike dell’inflazione, che soprattutto per l’Europa potrebbe essere causato da shock esterni, come i conflitti internazionali che potrebbero determinare la crescita dei prezzi delle materie prime e dei beni lavorati con conseguente maggiore inflazione importata.