Tra l’ottimismo americano e le incertezze europee
Le due economie principali dell’Eurozona sprofondano in crisi ogni giorno di più. La situazione politica resta
altamente complessa su entrambe le rive del Reno.
Sul fronte francese, l’incertezza riguarda la capacità del governo Barnier di mantenere il potere e assicurare
l’approvazione della legge di bilancio 2025, una situazione quasi senza precedenti nella quinta Repubblica.
Quand’anche la legge di bilancio fosse approvata, la debole base rappresentativa del governo sarebbeprobabilmente un impedimento a mantenere il potere oltre il luglio 2025.
Dal lato tedesco, sono programmate elezioni anticipate per il 23 febbraio con la possibilità di modifiche alla
regola del “freno al debito”, che limita il deficit federale allo 0,35%. Sfortunatamente, la modifica di questa
regola richiede una maggioranza parlamentare di due terzi, un obiettivo arduo nell’attuale instabilità dei
partiti tradizionali.
Sul fronte economico, gli ultimi dati PMI sono ancora deludenti. I settori manufatturieri sono in crisi da
circa due anni e i servizi mostrano anch’essi segnali di rallentamento. Ci sembra improbabile una ripresa
economica in Francia, con le nuove aziende e l’attività attuale delle imprese in calo a un tasso più
accelerato rispetto a ottobre. Vale anche la pena notare che le componenti del prezzo pagato sono in
aumento.
Le sfide che l’Europa deve affrontare sono notevoli: l’integrazione fiscale per evitare l’ottimizzazione
all’interno dell’area (Irlanda, Olanda, Lussemburgo), una politica di difesa comune per affrontare i rischi
geopolitici attuali e futuri, una strategia energetica condivisa, una politica unificata sull’immigrazione e
altro ancora. Più a breve termine, concentrandosi sulle soluzioni conseguibili, riteniamo che qualsiasi
ripresa della crescita dipenderà da un ribalzo degli indicatori della fiducia dei consumatori. Perché questo
avvenga deve ridursi la perdita del potere d’acquisto, soprattutto per quanto riguarda le spese non
discrezionali come l’energia e gli alimentari. Queste due categorie sono cresciute a tassi che hanno ben
superato l’inflazione generale e che, per le famiglie a reddito più basso, rappresentano una quota
significativa della spesa. Finché il costo relativo di queste spese non diminuirà, sarà difficile recuperare la
fiducia di quelle famiglie che hanno la più alta propensione marginale al consumo.
I mercati USA mantengono le prospettive ottimistiche
Dall’altra sponda dell’Atlantico, le condizioni restano molto favorevoli con indicatori economici in salute.
Nonostante permanga l’incertezza sulle politiche che verranno attuate dall’amministrazione Trump,
continua a esserci ottimismo nel mercato in attesa di politiche moderate sui dazi, un ritorno alle politiche
migratorie pre-Covid e sgravi fiscali. In sostanza il mercato sta anticipando il miglior scenario possibile,
sebbene l’ottimismo possa diventare una profezia che si autoavvera influenzando gli indicatori sulla fiducia,
come indicato da certe metriche a livello locale. Ci sembra verosimile un rimbalzo dell’attività
manifatturiera USA nei prossimi mesi.
Dalle banche centrali le novità restano limitate; la Fed rimane esitante, in attesa di chiarezza sull’agenda
della nuova amministrazione. La BCE manifesta l’intenzione di continuare il programma di taglio dei tassi al
ritmo di 25 punti base per meeting, mostrando scarsa preoccupazione formale per le sfide economiche di
Germania e Francia. Dal nostro punto di vista, nel contesto economico europeo sarebbero più adatti tagli
dei tassi più aggressivi, nonostante l’indebolimento dell’euro sembri destare preoccupazione tra i banchieri
centrali, come riflesso nella recente dichiarazione di Isabelle Schnabel: “I tassi delle politiche monetarie non
sono lontani dal tasso neutrale.”
Le nostre posizioni strategiche rimangono largamente invariate. Manteniamo la preferenza per l’azionario
USA nonostante le valutazioni impegnative. Nell’Eurozona continuiamo a preferire l’esposizione alla
duration, sebbene le posizioni di breve termine sulla curva USA stiano diventando sempre più interessanti.
Un tasso neutrale del 4% riflette un’anticipazione minima dei futuri rischi macroeconomici, il che crea una
situazione asimmetrica. Infine, manteniamo una prospettiva positiva sul credito.
Outlook di dicembre
Con l’avvicinarsi alla fine dell’anno, osserviamo il tradizionale calo nella liquidità di mercato. Tuttavia, è
probabile che il mercato sia ancora influenzato in modo significativo da fattori politici più generali: il
conflitto in Medio Oriente, la guerra in Ucraina, le dichiarazioni di Donald Trump e la crisi della legge di
bilancio in Francia sono alcune delle molte preoccupazioni. Analogamente ad anni incerti come il 2018,
queste condizioni sembrano favorire movimenti potenzialmente volatili in questa fine anno.
Agenda:
11 dicembre: Inflazione USA
12 dicembre: Meeting BCE
18 dicembre: Meeting Fed
19 dicembre: Meeting BoJ
Dicembre: Legge di bilancio francese