Invecchiamento della popolazione e riforme pensionistiche nell’Ue

Roberto Carli -

Nell’ultimo Bollettino economico della Bce vi è un interessante approfondimento che espone i principali risultati delle proiezioni contenute nel rapporto del 2018 sull’invecchiamento della popolazione (2018 Ageing Report) che fornisce proiezioni di lungo periodo per il 2016-2070 per tutti i paesi dell’UE sul totale della spesa pubblica connessa all’invecchiamento demografico e relative componenti, le quali includono pensioni, sanità, assistenza a lungo termine, spesa per l’istruzione e sussidi di disoccupazione.

Quali sono le considerazioni ? Si riportano in primo luogo le stime dell’Eurostat secondo cui si prevede che nell’area dell’euro l’indice di dipendenza degli anziani, ossia il rapporto tra il numero di persone di età pari o superiore a 65 anni e la popolazione in età lavorativa, aumenti di 20 punti percentuali tra il 2016 e il 2070, fino a raggiungere il 52 per cento nell’ultimo anno di proiezione.

In assenza di un’azione politica risoluta, l’invecchiamento demografico potrebbe ripercuotersi negativamente sulla dinamica del debito pubblico e sulla crescita potenziale. Nell’area dell’euro il totale della spesa pubblica dovuta all’invecchiamento dovrebbe aumentare di 1,1 punti percentuali del PIL nell’orizzonte temporale di proiezione (2016-2070), passando dal 26 per cento del PIL nel 2016 al 28,2 nel 2040, prima di tornare a scendere al 27,1 per cento nel 2070.

Il rapporto evidenzia che i costi connessi all’evoluzione demografica raggiungeranno il livello massimo nei primi anni dopo il 2040, quando andrà in pensione la generazione del “baby boom”, e diminuiranno moderatamente a partire dal 2050.

Le stime relative alla spesa per l’invecchiamento differiscono in misura notevole da paese a paese e tale varianza dovrebbe crescere verso il termine del periodo considerato. Si prevede che entro il 2070 i più alti costi legati all’evoluzione demografica saranno sostenuti da Belgio, Lussemburgo, Austria e Finlandia, dove raggiungeranno livelli superiori al 30 per cento del PIL; in Lettonia e in Lituania, al contrario, tali costi saranno pari a circa il 15 per cento del PIL .

Lungo l’orizzonte previsivo, la spesa per l’invecchiamento dovrebbe aumentare in undici Paesi, restare sostanzialmente invariata in quattro e diminuire in altri quattro. Gli aumenti più marcati dovrebbero interessare il Lussemburgo, seguito da Malta, dalla Slovenia e dal Belgio; i cali più consistenti, invece, dovrebbero registrarsi in Grecia e in Francia.

Si sottolinea ancora come in media, i costi delle pensioni pubbliche nell’area dell’euro dovrebbero aumentare di 1,3 punti percentuali del PIL entro il 2040, diminuendo tuttavia di 0,4 punti lungo l’intero orizzonte previsivo, fino a raggiungere l’11,9 per cento del PIL nel 2070.

Vi sono però notevoli differenze tra i diversi paesi. I costi delle pensioni pubbliche rappresentano la principale determinante della crescita della spesa per l’invecchiamento demografico in Belgio, Lussemburgo, Slovenia, Germania, Malta e Cipro, mentre contribuiscono in misura significativa al calo della stessa in Grecia e in Francia. Andando ai profili dinamici dei costi delle pensioni pubbliche si sottolinea come vi siano fattori di segno opposto.

Da un lato, si prevede che l’aumento dell’indice di dipendenza degli anziani dovuto all’invecchiamento della popolazione determini in tutti i paesi un incremento della pressione dei costi pensionistici.

Dall’altro, ci si attende che tale impatto sia compensato dalla diminuzione prevista di altri fattori, ossia il tasso di sostituzione, l’indice di copertura e l’effetto dovuto al mercato del lavoro. Il calo del tasso di sostituzione (ovvero, del rapporto tra prestazioni pensionistiche e salari) riflette l’effetto di quelle riforme attuate in passato che riducono il cumulo di trattamenti pensionistici, ma anche ipotesi relativamente favorevoli riguardanti la produttività del lavoro e la produttività totale dei fattori attraverso l’impatto esercitato sui salari.

L’indice di copertura (dato dal rapporto tra numero di pensionati e numero di persone di età pari o superiore a 65 anni) dovrebbe ridursi in quasi tutti i paesi, principalmente in virtù delle misure che limitano l’accesso al pensionamento anticipato e innalzano l’età pensionabile.

Infine, si prevede che l’effetto dovuto al mercato del lavoro (ossia, l’impatto sui costi pensionistici esercitato dai cambiamenti del mercato del lavoro relativi a occupazione, orari di lavoro e tasso di partecipazione della popolazione anziana) diminuisca per via dell’impatto delle riforme (ad esempio, incoraggiando carriere lavorative di maggiore durata) e dell’ipotesi che nel lungo periodo il tasso di disoccupazione converga su un livello strutturale più basso.

In generale, le proiezioni sugli andamenti dei costi pensionistici non dipendono soltanto dai passati sforzi di riforma ma anche da ipotesi sottostanti parzialmente favorevoli. Le proiezioni contenute nel rapporto sono soggette in ogni modo a considerevoli rischi negativi derivanti dalle ipotesi sottostanti favorevoli. Nel caso in cui le ipotesi demografiche e macroeconomiche sottostanti non rispettino le attese, i costi dell’invecchiamento saranno considerevolmente più elevati.

Ulteriori rischi riguardano poi il rovesciamento delle riforme attuate. Il rapporto ipotizza che tutte le riforme pensionistiche varate negli ultimi anni trovino piena attuazione. Tuttavia, in alcuni paesi (il riferimento particolare è a Italia e Spagna) il rischio che si compiano passi indietro rispetto alle riforme pensionistiche precedentemente adottate sembra elevato. Il medesimo rischio, inoltre, potrebbe aumentare per i paesi in cui, ad oggi, si prevedono importanti cali dei tassi di sostituzione.

In tali casi, in alternativa, potrebbe aumentare il rischio di sempre maggiori trasferimenti di natura assistenziale qualora i piani pensionistici privati non fossero in grado di sopperire al divario. Infine si sottolinea come in diversi paesi con livelli già elevati di debito pubblico sono necessari ulteriori sforzi di riforma volti a ridurre il previsto aumento della spesa connessa all’invecchiamento demografico.

In tale contesto, è la conclusione, sarà importante che i paesi intraprendano azioni politiche risolute e incrementino gli sforzi di riforme strutturali in ambiti quali pensioni, sanità e assistenza di lungo periodo.