Brexit: prossimi passi, incertezza e rischi

Charles St Arnaud -

Come ampiamente atteso, il Parlamento britannico ha respinto l’accordo con l’Unione Europea per la Brexit promosso dal Premier Theresa May.

Si tratta di una sconfitta schiacciante per il piano del Primo Ministro, con 391 deputati che hanno votato contro e 242 a favore dell’accordo, ma comunque meno clamorosa rispetto a quello di gennaio, quando i deputati in disaccordo erano 432 e quelli a favore 202. Avendo fondamentalmente accantonato l’accordo, l’attenzione ora è tutta rivolta ai prossimi passi da intraprendere, soprattutto perché mancano solo 16 giorni alla scadenza della deadline per l’uscita del Regno Unito dall’UE.

Il primo passo più immediato è il voto di questa sera del parlamento britannico, quando le Camere saranno chiamate a decidere se appoggiare o meno una Brexit “no-deal” (cioè lasciare l’UE senza un accordo). Ci aspettiamo che la possibilità di un no-deal venga respinta dalla maggioranza dei parlamentari. Il secondo passo, invece, sarà il voto di domani sull’opportunità di chiedere una proroga della deadline dell’articolo 50 che sancisce l’uscita del paese dall’Unione Europea che, a nostro avviso, sarà accettata.

Al di là di questi eventi, permane una forte incertezza. La prima domanda riguarda cosa spera di ottenere il governo britannico attraverso la proroga dell’articolo 50 per uscire da una situazione di stallo per il futuro della Brexit. La deadline verrà posticipata per indire nuove elezioni, un secondo referendum o ulteriori negoziati? A questo punto però è improbabile che si continui con i negoziati in quanto è molto difficile che emerga un nuovo elemento significativo per uscire da questa situazione di stallo.

Mentre un secondo referendum sarebbe il modo più democratico e diretto per sbloccare l’impasse della Brexit, crediamo che gli attori principali, ovvero il Primo Ministro May e il leader laburista dell’opposizione Jeremy Corbyn, preferirebbero arrivare alle elezioni, anche se notiamo che Corbyn ha timidamente avanzato l’ipotesi di un secondo referendum. Ci sono molte ragioni per cui i politici preferirebbero le elezioni piuttosto che il referendum, soprattutto quella di evitare un ulteriore frazionamento dei propri partiti. Le divisioni lungo l’asse Remain-Leave potrebbero portare a ulteriori defezioni di partito, probabilmente a vantaggio del gruppo indipendente, e potrebbero portare allo scioglimento dei partiti tradizionali. Inoltre, visto che i recenti sondaggi suggeriscono un piccolo vantaggio per i conservatori, il Premier May può contare su un ulteriore incentivo per spingere verso le elezioni.

Con il forte rischio di coda legato al “no-deal” che potrebbe essere rimosso, la valuta locale dovrebbe trovare sui livelli minimi attuali rispetto al dollaro e all’euro e inoltre è probabile che si apprezzi nel medio termine. Tuttavia, continuerà a permanere l’incertezza, soprattutto per quanto riguarda le prossime mosse (elezioni o referendum) e quali saranno gli esiti delle nuove relazioni a lungo termine tra il Regno Unito e l’UE. La vittoria dei conservatori alle elezioni potrebbe riportare il Regno Unito alla situazione attuale, ovvero quella di un paese incapace di decidere quali siano i rapporti migliori (da stringere), e persino di ripristinare potenzialmente l’opzione “no-deal” per la Brexit. Una vittoria del partito laburista porterebbe probabilmente un po’ di certezza in più, in quanto i leader del partito ha sostenuto l’unione doganale. Tuttavia, ciò potrebbe andare a scapito di una maggiore incertezza sulle politiche economiche nazionali.

Il principale rischio di downside nei prossimi giorni è legato a ciò che succederebbe se i deputati dovessero votare contro il “no-deal” e anche contro l’estensione della deadline dell’articolo 50. Questo farebbe sì che, quasi per caso, si arrivi ad una Brexit senza alcun accordo e sarebbe un’ulteriore conferma del caos che pervade la scena politica del Regno Unito. Riteniamo che le probabilità che questo scenario si concretizzi siano molto basse, inferiori al 5% ma, tuttavia, restano ancora possibili e gli investitori devono tenerne conto nel breve periodo.


Charles St Arnaud – Senior Investment Strategist – Lombard Odier IM