Cosa abbiamo imparato dalle crisi

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La crisi economica attuale dovuta alla pandemia da COVID-19, con un incremento della volatilità sul mercato, ci fa pensare inevitabilmente al 2008, non perché le cause della crisi siano simili ma perché entrambe hanno provocato una fase ribassista per gli strumenti più esposti al rischio e scatenato una risposta politica di ampia portata. Naturalmente ci sono delle analogie, e gli investitori possono trarre qualche lezione da quanto accadde allora. Ci sono però anche tante differenze, a partire dalla fonte del problema, dall’impatto più ampio e indiscriminato, fino alla portata e alla rapidità della risposta politica. È dunque legittimo assumere sia un approccio molto più pessimista che una visione più ottimista, considerato il massimo grado di incertezza. È preoccupante leggere le notizie di Bloomberg la mattina e scoprire che chi ha giù avuto il virus potrebbe ammalarsi di nuovo. Nello stesso tempo è incoraggiante leggere che la Federal Reserve ha offerto nuovi aiuti a famiglie e imprese.

Una ripresa in più fasi

Io e molti dei miei colleghi facciamo riferimento a una ripresa dalla crisi in tre fasi.

Primo, le notizie sulla pandemia devono migliorare. Ci sono stati nuovi segnali di un rallentamento dei casi attivi in Italia e Spagna, con meno pazienti in condizioni critiche e più guariti usciti dalle prime ondate di contagi a inizio/metà marzo. La curva dei contagi sembra appiattirsi in Germania, Francia e nel Regno Unito, e c’è qualche primo segnale positivo anche negli Stati Uniti. Fintanto che non ci saranno i segnali di una seconda ondata in Cina o una ripresa dei contagi in Europa, gli investitori possono essere ottimisti sul ritorno alla normalità.
La seconda fase dipende dalla prima e riguarda il ritmo con cui i governi allenteranno le misure di lockdown (con l’apertura delle imprese, la ripresa delle scuole, meno restrizioni ai viaggi e una lenta diminuzione della distanza sociale). C’è poca chiarezza su tale processo, tuttavia una volta che si riprenderà l’attività le aziende avranno un’idea più chiara dei danni.

La terza fase è la lunga strada verso la ripresa. Ci immaginiamo una ripresa dalla forma simile a un’ala, come il simbolo della Nike, e la sua inclinazione dipenderà dalla rapidità con cui le imprese reagiranno alla chiusura per tornare alla normalità.

Ci sono molte cose che dovranno tornare alla normalità, e ci vorrà tempo. Lo dimostra chiaramente il mercato del lavoro statunitense dove la scorsa settimana ci sono state 6,6 milioni di nuove richieste di disoccupazione. Il governo federale contribuisce generosamente al sussidio (il salario di base pagato negli Stati Uniti), ma non tutti i lavoratori che sono stati licenziati troveranno subito un nuovo impiego.

Nuovi aiuti dalla Fed

Credo comunque che siamo consapevoli della situazione e i mercati comprendono in genere che è ciò che ci attende. La rapidità con cui i mercati hanno recuperato dipende in parte dal fatto che hanno accettato tali dinamiche, riconoscendo che è impossibile una ripresa economica a forma di V, ma anche dalla risposta della politica che è stata più ampia e più rapida rispetto al 2008. Questa crisi colpisce tutte le parti dell’economia e la risposta politica a livello globale ha riguardato tutte le componenti dell’economia. Tutte le parti politiche sono concordi sulla risposta (in questa crisi sanitaria globale non ci sono state critiche come quelle mosse all’epoca della crisi finanziaria sul salvataggio delle banche). Per tali ragioni dobbiamo essere più ottimisti.

Credito sui minimi a marzo

Nel 2008 la ripresa del credito è arrivata per prima. Il mercato investment grade toccò il fondo a metà ottobre 2008, quello high yield a dicembre 2008 e il mercato azionario a marzo 2009. Secondo me il mercato del credito investment grade ha già toccato il fondo in questa crisi. Marzo è stato uno dei mesi peggiori in assoluto per il rendimento complessivo e difficilmente assisteremo a un nuovo crollo di tale portata nell’immediato. E non è troppo tardi per gli investitori per tornare a investire nel credito. Gli spread restano alti e la curva del credito è molto piatta, a conferma del forte rialzo degli yield per le obbligazioni a più breve scadenza, quelle che sono state vendute più facilmente a marzo quando gli investitori avevano bisogno di incamerare liquidità. Una normalizzazione della curva del credito porterà a un calo più rapido degli spread sulle scadenze più brevi rispetto agli spread a più lunga scadenza. Dato che i tassi di interesse sono vicino allo zero, c’è un’opportunità molto interessante nelle strategie obbligazionarie short duration, sia per l’investment grade che per l’high yield. Qui nel Regno Unito lo yield-to-worst per le obbligazioni societarie a 1-5 anni è lo stesso del segmento a 15 anni. Non è normale. Gli yield delle obbligazioni societarie a breve termine sono di circa 250 p.b superiori al tasso bancario. Ciò dovrebbe tradursi in un rendimento discreto quando gli spread scendono e i prezzi obbligazionari tornano verso il valore nominale.

La copertura dei tassi

Un’altra osservazione che farei sulle ultime settimane riguarda la performance dei titoli di Stato. Gli yield sono scesi molto e, come ho sostenuto la settimana scorsa, è ancora il settore più sicuro dal punto di vista del credito (sebbene la Fed stia facendo del suo meglio per mettere Treasury e obbligazioni societarie sullo stesso piano). Aspetto importante, le obbligazioni societarie core, in particolare quelle a più lunga scadenza, si sono comportate esattamente come previsto durante una crisi degli strumenti più esposti al rischio, ovvero sono salite. La correlazione dei rendimenti complessivi giornalieri tra l’S&P500 e l’indice dei Treasury a febbraio e marzo è stata -0,41. Solamente in 4 giorni i prezzi delle azioni e delle obbligazioni sono scesi contemporaneamente, un caso è stato a fine mese/trimestre e gli altri tre casi hanno coinciso con i giorni peggiori e meno liquidi della crisi, quando gli investitori praticamente vendevano ciò che potevano. Una strategia obbligazionaria con un’esposizione in titoli di Stato a lunga scadenza avrebbe riportato performance migliori rispetto a una pura strategia di credito, e una strategia multi-asset con una componente obbligazionaria avrebbe fatto meglio di un fondo puramente azionario. Non sto dicendo che sta arrivando un’altra ondata di rischio, ma che la copertura naturale di un’esposizione in obbligazioni societarie è un bene e dovrebbe far parte di un piano di investimento a medio termine.

Ed è ancora così

Senza avventurarci in calcoli complicati basti dire che la duration delle obbligazioni sale quando i tassi di interesse sul mercato scendono. La duration dell’indice dei titoli di Stato europei è salita a 8,5 anni oggi, rispetto ai 7,9 dello scorso anno in questo periodo e ai 7,7 di due anni fa. Per il mercato dei Treasury USA la duration oggi è più lunga di 1 anno rispetto a due anni fa, mentre l’indice dei governativi britannici è più lunga di quasi 2 anni. Questo significa che il mercato nel suo complesso è più sensibile alle variazioni degli yield, e gli investitori possono trarne vantaggio attraverso un’allocation più contenuta in reddito fisso a fronte della stessa esposizione in duration. In futuro, in una fase di ripresa, questo dovrebbe essere particolarmente utile. Si potrà investire di più in high yield o azioni, a fronte di opportunità interessanti, mantenendo la stessa esposizione sulla long duration come copertura dal rischio. I titoli di Stato di per sé non saranno probabilmente l’asset class più remunerativa, con gli yield bassi, ma, pur entro limiti ristretti, potranno fare un buon lavoro.

La ripresa a lungo termine riguarderà le azioni

Dunque dobbiamo aspettare altri 4 mesi per vedere i mercati azionari toccare il fondo? Questa sarebbe la lezione appresa nel periodo 2008-2009, e per molti investitori la probabile evoluzione del ciclo degli utili comporta ancora un rischio di perdita. È da vedere, tuttavia non credo sia ragionevole dire che i mercati azionari abbiano già raggiunto il fondo in questo momento. Il mercato non sembra essere d’accordo con me, tuttavia ci sono stati due rally del 20% o più dopo che il mercato del credito ha toccato il fondo e prima che l’S&P toccasse il minimo di marzo 2009. Le azioni chiaramente beneficiano di tutto questo sostegno del credito, ma iniziano a delinearsi stime alquanto preoccupanti sugli utili (qualcuno ha parlato di un utile per azione per l’S&P nel 2020 di 100 dollari, che significherebbe un calo del 40% rispetto alle stime di consensus prima della crisi). Che multiplo dovremmo calcolare dunque? Anche a un multiplo di 20 il livello del mercato sarebbe di 800 punti al di sotto rispetto al livello a cui sta scambiando oggi. Avremo un’idea più chiara quando le aziende inizieranno a pubblicare gli utili del 1° trimestre, ma il rischio è che in qualche caso i risultati siano assai peggiori del previsto e che le aziende non siano in grado di fare previsioni accurate per i prossimi sei mesi. Il meglio in cui possiamo sperare è che gli investitori azionari restino orientati al futuro, e che si proceda in questa ripresa in tre fasi. Non tutti gli aspetti dell’economia si sono bloccati e alla fine ci saranno componenti abbastanza robuste in grado di tornare alla normalità. Se concordiamo che non si è ancora toccato il fondo, una strategia di investimento a lungo termine in questo momento dovrebbe investire in azioni.