Un nuovo scenario per le obbligazioni

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Interesse per il picco dei tassi

Alla fine del 2022 le banche centrali hanno accelerato il ritmo, aumentando i tassi di altri 19 punti percentuali e portando il totale dei rialzi annuali a quasi 100 punti percentuali nei mercati sviluppati ed emergenti. Le banche centrali dei paesi sviluppati hanno contribuito in misura maggiore a questo inasprimento, nel tentativo di colmare il ritardo rispetto alla curva dell’inflazione. Con l’accelerazione della stretta finanziaria complessiva, l’impatto globale dell’aumento dei tassi ha inciso maggiormente sulle condizioni finanziarie di Stati Uniti, Eurozona e Regno Unito rispetto alle economie più piccole. Mentre un numero maggiore di economie si trova ora a dover far fronte a tassi che limiteranno l’attività economica, le banche centrali hanno mantenuto il loro atteggiamento da falco, proseguendo con rialzi aggressivi o facendo emergere la possibilità di un aumento dei tassi per un periodo più lungo.

L’obiettivo implicito del rallentamento della crescita economica ha sollevato lo spettro della recessione in tutto il mondo: secondo le proiezioni del FMI, un terzo dei Paesi potrebbe subire una contrazione del PIL, mentre gli Stati Uniti, l’Eurozona e il Regno Unito sono precariamente vicini alla fase di stallo. Di conseguenza, molti indicatori di recessione stanno diventando più evidenti, con l’inversione della curva negli Stati Uniti che ha raggiunto livelli visti l’ultima volta negli anni Ottanta.

Gli investitori del reddito fisso hanno interpretato questi sviluppi come segnali crescenti di un ciclo di inasprimento prossimo alla conclusione, se non altro per contrastare una recessione. In risposta, il reddito fisso ha registrato un’impennata nel quarto trimestre del 2022, con gli investitori che hanno iniziato ad aspettarsi tagli dei tassi quest’anno. I guadagni della asset class sono stati piuttosto ampi, le obbligazioni governative, corporate e dei mercati emergenti (EM) hanno finalmente invertito il trend di tre trimestri consecutivi di perdite.

Sebbene il rally di attivi rischiosi sia stato diffuso, gli investitori hanno mostrato una preferenza per le asset a reddito fisso relativamente più sicure. Il Treasury è stato in cima a questa lista, con flussi complessivi a 60 giorni nel 90° percentile per tutto il mese di dicembre. Dal punto di vista delle scadenze, chi investe in Treasury ha privilegiato la duration, con la parte della curva a 5-7 anni che ha registrato la maggiore forza. Gli investimenti sulla duration sono stati evidenti anche nell’eurozona, area che ha registrato flussi tra i più forti degli ultimi cinque anni, guidati dalla parte lunga della curva. In termini di paesi, gli investimenti sono stati trainati dai Bund e dagli OAT, mentre i BTP e i Bonos hanno registrato un’attività piuttosto neutra. Anche i flussi complessivi nelle obbligazioni corporate sono migliorati, anche se l’investment grade ha registrato un aumento di attività molto più marcato rispetto all’high yield, dove i flussi sono di poco migliorati. Il debito EM è stato l’asset class meno coperta all’interno della nostra strategia, poiché il rischio di recessione ha spinto gli investitori a concentrarsi sui mercati domestici.

È improbabile che la BCE si fermi sul miglioramento dell’inflazione nell’Eurozona

Come negli Stati Uniti e in altre parti dei mercati sviluppati, l’inflazione nell’Eurozona sembra aver raggiunto il suo picco, con i dati preliminari che sono scesi al 9,2%, il primo valore a una cifra da agosto. Il miglioramento è stato determinato da livelli più bassi in Germania, Francia e Spagna, che hanno tutte sorpreso al ribasso. Come per altre economie, buona parte di questi trend di miglioramento sono dovuti al calo dei costi energetici, che nell’eurozona hanno ricevuto una spinta dai sussidi una tantum. Poiché questi sussidi sono destinati ad annullarsi all’inizio del 2023, è probabile che i prezzi ricomincino a salire. Tuttavia, la compressione dei prezzi dei beni mantiene viva la narrazione del picco dei prezzi . L’inflazione dei prezzi dei generi alimentari rimane una preoccupazione costante nell’Eurozona, uno sviluppo che probabilmente manterrà vigile la Banca Centrale Europea (BCE), dato che le aspettative sull’indice dei prezzi al consumo continuano ad aumentare. Il nostro indicatore PriceStats dell’inflazione complessiva dell’eurozona mostra un aumento di 31 punti base a dicembre, appena un po’ inferiore ai livelli massimi. Questi dati contrastanti hanno probabilmente influenzato le recenti dichiarazioni restrittive di vari membri della BCE, che hanno lasciato intendere la necessità di continuare a effettuare più rialzi di 50 punti base fino a quando la politica non sarà sufficientemente restrittiva da favorire i risultati desiderati in termini di inflazione.

Credito investment grade: la sfida dei tre picchi

Il ciclo di rialzi sembra essere in fase di svolta e il mercato obbligazionario ha iniziato a registrare performance positive. Il primo trimestre potrebbe rimanere difficile e cerchiamo del rendimento per ridurre in parte l’impatto della volatilità. Il credito investment grade (IG) rientra in questa categoria, poiché ha un rendimento più elevato rispetto ai titoli di Stato, ma non è eccessivamente esposto in caso di rallentamento significativo della crescita.

Determinare a che punto siamo del ciclo di investimento è la sfida principale per gli investitori. Ci sono sufficienti evidenze per ritenere che il picco dell’inflazione sia ormai alle spalle. Anche il picco di aggressività delle banche centrali è probabilmente passato. Questo è più evidente per la Fed che per la BCE ma, anche per quest’ultima, il ritmo dei rialzi è rallentato da 75 punti base in settembre e ottobre a 50 punti base in dicembre. Il terzo picco, quello dei livelli massimi dei tassi, è stato raggiunto da alcune banche centrali dei mercati emergenti, ma per le banche centrali dei mercati sviluppati rimane ancora un’incognita.

Il mercato sta prezzando un ulteriore inasprimento di circa 70 punti base da parte del FOMC , ma ciò dipenderà in larga misura dalla forza dei dati in arrivo. Il mercato si aspetta che la BoE e la BCE aumenteranno di oltre 100 punti base e, dato il recente tono da falco della BCE, il punto in cui i tassi raggiungeranno il picco finale rimane meno chiaro. Il rally di fine 2022 delle obbligazioni suggerisce che il mercato ritiene che il trade-off rischio-rendimento sia più simmetrico. Permangono i rischi che i tassi si spingano più in alto di quanto prezzato dal mercato se l’inflazione sarà più persistente. Si può ipotizzare che l’inflazione potrebbe diminuire abbastanza rapidamente più avanti nel 2023 grazie all’indebolimento dei prezzi dell’energia e all’effetto base. Se la crescita si indebolirà ulteriormente, si verificherà la possibilità che le banche centrali inizino a tagliare i tassi. Questo è lo scenario già ampiamente previsto dal mercato, con la curva statunitense che prevede un calo dei fed funds di quasi 40 punti base nel secondo semestre del 2023.

In Europa, focus sul front-end e sull’ESG

In Europa, optare per un profilo di duration più breve può essere saggio, visto il contesto economico incerto. Il rapido calo dei prezzi dell’energia in Europa potrebbe ancora sostenere la crescita. I picchi dei prezzi del gas sono stati associati a spread più ampi in seguito al calo delle aspettative di crescita. Il recente calo dei prezzi del gas potrebbe quindi portare ad un restringimento degli spread creditizi, ma anche indurre la BCE a mantenere più a lungo il suo atteggiamento da falco. Ciò dovrebbe favorire il credito rispetto ai titoli di Stato. Optare per la parte 0-3 anni della curva del credito IG comporta un leggero rendimento inferiore (circa 25 pb rispetto all’intera curva), ma la sensibilità del prezzo alle oscillazioni dei tassi è un terzo rispetto alla strategia dell’intera curva.

Nel 4° trimestre gli investitori hanno ricostituito la loro allocazione al credito IG, ed i flussi verso questa asset class sono quindi stati consistenti. Prevediamo che questo trend continuerà nel 1° trimestre del 2023 ma ci aspettiamo una maggiore inclinazione verso le strategie ESG. Il nostro sondaggio “Future State of Fixed Income” di State Street Global Advisors evidenziava infatti che i 39% degli intervistati ha dichiarato che l’integrazione delle considerazioni ESG è la priorità più importante da affrontare nelle proprie allocazioni a reddito fisso nei prossimi 12 mesi.