La spesa sanitaria in Italia
La Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere ha pubblicato il Rapporto Fiaso sulla spesa sanitaria in Italia. Lo studio incrocia i dati di OCSE, Ragioneria Generale dello Stato e Corte dei Conti per prendere in esame l’evoluzione degli ultimi quindici anni, attraverso un confronto con la spesa degli altri paesi europei. Quello che viene evidenziato è che la spesa sanitaria pubblica italiana è nettamente inferiore a quella dei principali paesi europei, sia in valore pro capite che in percentuale del PIL e il 2010 è stato l’ultimo anno nel quale la spesa sanitaria pro capite italiana è stata praticamente sovrapponibile a quella media dei Paesi europei dell’area OCSE .
Il dato di riscontro più comune per valutare la spesa sanitaria, a partire da quella pubblica, è parametrato in percentuale sul PIL, e ciò ha un senso per ragioni ovvie ed evidenti, visto che tiene conto della ricchezza prodotta da un Paese e di tutti i parametri economici ad essa collegati. Ma si tratta anche di un dato che non rende conto pienamente, in termini di informazione, di quanto si spende effettivamente. Se l’Italia dedicasse alla spesa sanitaria risorse simili a quelle di Francia, Germania o Regno Unito, in termini di Pil, considerato che le dimensioni della sua economia sono inferiori, avrebbe una spesa pro capite certamente maggiore di quella attuale, ma comunque inferiore rispetto a quella di quei Paesi. Ad ogni buon conto, comunque la si esamini, la spesa sanitaria pubblica italiana è nettamente inferiore a quella dei principali paesi europei, sia in valore pro capite che in percentuale del PIL. La spesa sanitaria pubblica pro capite, a parità di potere d’acquisto, espressa in dollari statunitensi, l’unità di misura adottata dall’OCSE, in Italia nel 2022 è stata di 3.255 USD, superiore alla spesa di Spagna (3.113), Portogallo (2.640) e Grecia (1.785), ma inferiore del 53% a quella della Germania (6.930 USD), del 42% rispetto a quella della Francia (5.622 USD) e del 27,3% rispetto al Regno Unito
Nel 2022, a parità di potere di acquisto, l’incremento della spesa pro capite in Italia, è stato del 6,7%, inferiore a quello di Germania (+7,9%) e Francia (+8,6%), mentre il Regno Unito ha ridotto la spesa dell’1,3%. Anche considerando il biennio 2020-2021, il più duro per la pandemia da SARS-CoV2, pur facendo registrare una crescita nell’insieme del 15,5%, quindi con un incremento rilevante rispetto a quello medio degli anni precedenti, la spesa sanitaria pubblica italiana è cresciuta comunque meno rispetto che a Francia (+19,2%), Germania (18,4%) e Regno Unito (+28,6%). Considerando l’incidenza sul PIL, la spesa sanitaria pubblica italiana è stata nel 2022 pari al 6,8%, superiore a quella del Portogallo (6,7%) e della Grecia (5,1%), ma inferiore di ben 4,1 punti percentuali rispetto a quella tedesca (10,9%), di 3,5 punti rispetto a quella francese (10,3%), di 2,5 punti rispetto al Regno Unito (9,3%), e inferiore di mezzo punto anche rispetto a quella spagnola (7,3%).
Va ricordato, per completezza di informazione, che il livello della spesa italiana è condizionato dal vincolo di finanza pubblica, che per l’Italia comporta il pagamento di interessi sul debito pubblico che nel 2022 hanno assorbito 4,3 punti percentuali di PIL (82,9 mld in valore assoluto), 3,6 punti percentuali più di Germania (0,7%, pari a 26,5 mld) e 2,4 più della Francia (1,9%, pari a 50,7 mld).
Volevo sintetizzare tra il 2011 e il 2015, negli anni della cosiddetta spending review, si è concentrato il ridimensionamento più corposo e significativo. Si è intervenuti prioritariamente sul contenimento del costo del personale con la fissazione del tetto di spesa ancora oggi in vigore, sulla riduzione della spesa farmaceutica e sull’aumento dell’addizionale Irpef. Dal 2016 la spesa sanitaria italiana è ripresa a crescere, anche se un po’ meno della media dei Paesi europei. Ma la distanza dall’Europa che si è accumulata tra il 2011 e il 2015 è il macigno che ci trasciniamo dietro ancora oggi, si rimarca. In tutti questi anni, le agenzie sanitarie internazionali hanno riconosciuto a più riprese la qualità del Servizio sanitario italiano, uno stato di salute della popolazione buono e una aspettativa di vita tra le più elevate. Ora siamo di fronte ad un quadro demografico, ed epidemiologico, che genera bisogni di cura e di assistenza profondamente mutati.