Il confronto tra i rendimenti tra le obbligazioni verdi e quelle tradizionali

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Un interessante approfondimento contenuto nella Relazione annuale della Banca d’Italia analizza il fenomeno delle obbligazioni verdi che sono strumenti di debito emessi sia da emittenti privati sia da istituzioni pubbliche con l’obiettivo di raccogliere risorse per finanziare progetti sostenibili dal punto di vista ambientale.

Le emissioni nette di questi titoli da parte di residenti nei paesi dell’area dell’euro sono state pari a 188 miliardi nel 2023 (da 179 nel 2022). La forte crescita del loro mercato indica che le obbligazioni verdi rappresentano uno dei principali mezzi scelti dagli investitori per canalizzare risorse finanziarie verso finalità ambientali. Secondo i dati del Centralised Securities Database (CSDB) della Banca centrale europea, alla fine del 2023 il valore nominale delle obbligazioni verdi in circolazione emesse da residenti nei paesi dell’area dell’euro era di circa 870 miliardi di euro, il 4 per cento del totale delle obbligazioni (3,3 a fine 2022).

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Circa il 94 per cento era assistito da una valutazione indipendente di un revisore esterno che ne certificava l’allineamento a criteri definiti dalla normativa di riferimento, come ad esempio il recente regolamento sullo European Green Bond Standard (EUGBS) o a linee guida internazionali, quali quelle pubblicate dall’International Capital Market Association (ICMA) e dalla Climate Bond Initiative (CBI).

Il 46 per cento delle obbligazioni verdi in circolazione era stato emesso dal settore finanziario, a fronte di quote più contenute delle Amministrazioni pubbliche e delle società non finanziarie (31 e 23 per cento, rispettivamente).

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Circa la metà del valore delle obbligazioni faceva capo a emittenti tedeschi e francesi, il 9,2 per cento a italiani (7,9 nel 2022). Il valore di quelle emesse da residenti in Italia è aumentato da 54 a 81 miliardi nel 2023.

La durata originaria dei titoli verdi è mediamente maggiore di quella degli altri titoli, coerentemente con un più lungo orizzonte temporale dei progetti finanziati. Inoltre i titoli verdi sono in media meno rischiosi di quelli tradizionali .

Un argomento molto dibattuto nella letteratura economica, prosegue l’approfondimento,  riguarda l’esistenza di un greenium (termine che nasce dalla fusione tra green e premium), ossia di un differenziale, a parità di altre caratteristiche, tra il rendimento delle obbligazioni verdi e quello dei titoli convenzionali.

Secondo le principali spiegazioni avanzate in letteratura, un valore negativo del differenziale può scaturire da un minore rischio legato al cambiamento climatico nel medio e nel lungo termine (ad esempio, in seguito alla realizzazione di investimenti sostenibili finanziati con l’emissione di obbligazioni verdi), da una maggiore trasparenza in relazione al più intenso monitoraggio da parte degli investitori e degli enti certificatori, nonché da un eccesso di domanda nel mercato delle obbligazioni verdi.

Stime che tengono conto anche della tipologia di emittente e delle altre caratteristiche delle obbligazioni, come il grado di rischiosità e di liquidità del titolo oltre che la durata residua, indicano sia l’esistenza di un greenium sia la sua eterogeneità tra settori emittenti .

Nella media del periodo 2017-22, il differenziale negativo per il settore finanziario è pari a 14 punti base, mentre è più contenuto per le società non finanziarie e per le Amministrazioni pubbliche (4 e 3 punti base, rispettivamente). Si riscontra inoltre, in corrispondenza della pandemia di Covid-19, un aumento di 5 punti base del greenium medio nel settore privato, che si è riassorbito con la fine dell’emergenza. Il ritorno sui livelli precedenti potrebbe essere riconducibile al venir meno di una più marcata preferenza da parte degli investitori per strumenti maggiormente resilienti a condizioni di stress, come le obbligazioni verdi, che presentano un minore livello di rischio.