Il Rapporto Consob sulle scelte finanziarie delle famiglie italiane
E’ stato pubblicato dalla Consob il Rapporto annuale sulle scelte di investimento delle famiglie italiane realizzato nel 2024 che analizza conoscenze, attitudini e comportamenti di investitori retail italiani. L’Indagine consente di tracciare le dinamiche evolutive delle scelte di portafoglio degli investitori rispetto alle rilevazioni condotte negli anni precedenti e dedica un focus a finanza sostenibile e finanza digitalizzata. Quali sono le principali evidenze ? Si evidenzia come l’obiettivo prioritario nelle scelte di investimento è la protezione del capitale (81%) a fronte di un 55% di intervistati che si prefigge, invece, la crescita del capitale.
I prodotti finanziari maggiormente presenti nei portafogli degli intervistati sono certificati di deposito e buoni fruttiferi postali, seguiti da titoli di Stato, fondi comuni di investimento e obbligazioni.
Sono poi ampiamente indagate le caratteristiche dell’investitore che assumono rilevanza in sede di profilazione ai fini della valutazione di adeguatezza: le conoscenze, l’esperienza, la situazione finanziaria e gli obiettivi d’investimento. L’Indagine evidenzia che gli intervistati frequentemente investono nei mercati finanziari da un numero significativo di anni.
L’orizzonte temporale di investimento preferito dagli investitori si attesta più frequentemente sul medio periodo (3-5 anni, per il 38% degli intervistati). Tra i fattori che possono guidare le scelte di portafoglio dei decisori finanziari, le conoscenze finanziarie (18%) e l’esperienza negli investimenti (9%) – che pure costituiscono parametri per la valutazione di adeguatezza prevista dalla disciplina MiFID II – sono indicati come rilevanti meno frequentemente rispetto all’orizzonte temporale di investimento (35%) e ai rendimenti attesi (30%).
Per quel che riguarda le fonti di informazione utilizzate risulta che Internet è di gran lunga il canale più usato per la ricerca di informazioni finalizzate a prendere una decisione di investimento. Il 67% degli intervistati si approvvigiona in rete sul web. Al secondo posto la televisione (43%). A seguire con il 36% i social media (sostanzialmente a pari livello con i siti o le app degli intermediari finanziari). Carta stampata e testate on-line sono usate dal 34% degli interpellati, percentuale che scende al 33% per i siti delle istituzioni.
La rilevanza dei social media come fonte d’informazione in campo finanziario è maggiore per i giovani fra i 18 e i 34 anni (58%), per le donne (42% contro il 34% degli uomini), per i nuclei familiari che gestiscono somme inferiori ai 50.000 euro (41% a fronte di un 33% di chi ha disponibilità più elevate) e per chi ha un basso livello di educazione finanziaria (55% contro 33%).
Tuttavia, una volta raccolte le informazioni nella prima fase di orientamento, quando si arriva alla decisione finale su come investire i propri soldi, la percentuale di intervistati che si lascia guidare dalle indicazioni trovate sui social scende al 3%.
L’indagine evidenzia anche la forte crescita delle criptovalute tra le famiglie italiane. Tra il 2022 e il 2024 la percentuale degli intervistati che dichiara di avere criptovalute in portafoglio è più che raddoppiata, passando dall’8% al 18%, anche se la scelta non sempre è associata ad un’effettiva conoscenza delle caratteristiche di questo tipo di asset digitale. Tra i fattori che possono incentivare l’acquisto di criptovalute emergono l’opportunità di un guadagno immediato e la possibilità di diversificare il proprio portafoglio.
Si sottolinea ancora l’attrattività del trading online che deriva principalmente da valutazioni in merito alla comodità e al costo del servizio oltre che dalla possibilità di accedere a una gamma più ampia di prodotti e di scegliere in autonomia.
Lo studio mette in luce, inoltre, che il decisore finanziario è di regola il membro della famiglia che percepisce il reddito più alto ed è anche il principale responsabile della gestione delle finanze.
Nel 78% dei casi è un uomo di età media di 51 anni. Si conferma, dunque, il consolidato divario di genere che caratterizza il contesto italiano con riferimento non solo ad aspetti retributivi ma anche sociali e culturali.
Il Rapporto analizza poi la modalità con la quale gli investitori assumono decisioni finanziarie. Complessivamente, la quota più rilevante dei partecipanti all’indagine dichiara di assumere (almeno) alcune delle decisioni finanziarie in autonomia (42%), mentre il 40% assume decisioni con il supporto di un consulente finanziario oppure di un addetto della banca (‘advice’; dato in crescita rispetto al 2022 pari al 32%).
Il 32% degli investitori retail segue i suggerimenti di parenti, amici, colleghi considerati non esperti (‘informal advice’), mentre il 9% segue le indicazioni di parenti, amici, colleghi che lavorano nel settore finanziario (‘informal advice by expert’). Infine, il 6% circa delega le proprie scelte finanziarie a intermediari, mentre solo il 3% segue i consigli dei social networks.
Gli investitori che si rivolgono al consulente (‘advised investors’) più frequentemente possiedono fondi comuni di investimento (51%), buoni postali (46%), obbligazioni (44%) e titoli di Stato (43%).
Infine, l’Indagine pone in evidenza come si mostrino interessati agli investimenti sostenibili il 50% degli investitori, dato sostanzialmente in linea con la rilevazione del 2022. L’interesse verso la sostenibilità è più marcato tra gli investitori supportati da un professionista (55% dei casi), così come tra gli investitori che mostrano una attitudine più elevata a dedicare più tempo alla ricerca di informazioni sulla finanza sostenibile (64% dei casi) e tra coloro che già possiedono investimenti sostenibili (76%)
La metà degli intervistati associa ai prodotti di investimento sostenibili un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, il 42% non li percepisce più profittevoli (in parte spiegabile anche dalla segnalata carenza di dati sui rendimenti passati), il 38% non li associa a minori costi e il 36% non li considera meno rischiosi e attribuisce a tali forme di investimento caratteristiche finanziarie che possono renderli meno attraenti rispetto agli investimenti tradizionali (che non perseguono obiettivi di sostenibilità).
Gli investitori segnalano quali fattori deterrenti rispetto a scelte di investimento sostenibili la circostanza che la finanza sostenibile sia troppo opaca (41%) e che essa costituisca un fenomeno di marketing (39%); in aggiunta il 30% degli intervistati afferma di non credere che essa possa avere un impatto concreto sullo sviluppo sostenibile.
In questo quadro, il 50% degli intervistati ritiene che i consulenti siano in grado di conoscere e riconoscere i prodotti sostenibili individuando, in tali figure professionali, un punto di riferimento formativo e informativo che potrebbe facilitare l’avvicinamento verso la sostenibilità. Sulla base dell’Indagine 2024, il 20% dei decisori finanziari italiani detiene investimenti sostenibili. Il dato è in crescita rispetto al 2022 (11%), ma rimane elevata la quota di intervistati che dichiara di non possedere questo tipo di assets (72%).