La deducibilità dei contributi a fondi pensione
Tra gli oneri deducibili dal reddito complessivo, vi sono anche i contributi versati alle forme pensionistiche complementari . Lo ricorda l’Agenzia delle Entrate in una specifica Guida sul trattamento fiscale dei contributi previdenziali pubblicata sul proprio sito in cui ricorda anche come a decorrere dal 1° gennaio 2018, la disciplina fiscale relativa alla deducibilità dei contributi della previdenza complementare è estesa anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni aderiscano ai fondi pensione di comparto (al momento sono attivi Espero e Perseo Sirio)
Si prevede in particolare che i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, anche aziendali, alle forme di previdenza complementare, sono deducibili dal reddito complessivo per un importo non superiore a euro 5.164,57.
Sono, pertanto, deducibili dal reddito complessivo i contributi versati alle forme pensionistiche complementari su base contrattuale collettiva (fondi negoziali residenti nel territorio dello Stato) e i contributi e premi versati alle forme pensionistiche individuali. Sono, altresì, deducibili i contributi versati ai sottoconti italiani di prodotti pensionistici individuali paneuropei (PEPP).
La deduzione spetta anche per i contributi versati a forme pensionistiche complementari istituite presso gli Stati membri dell’Unione europea ovvero in quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni. Il limite di deducibilità di euro 5.164,57 è riferibile ai contributi versati dal datore di lavoro o trattenuti dal medesimo e ai contributi versati direttamente dal contribuente nonché a quelli relativi ai familiari fiscalmente a carico.
In caso di versamenti di contributi di importo inferiore al predetto limite, l’ammontare residuo della deduzione non utilizzata non può essere riportato in avanti e utilizzato nei periodi di imposta successivi. Le condizioni e i limiti di deducibilità sono applicabili a tutti i contribuenti, compresi coloro che producono redditi diversi da quelli di lavoro e coloro che hanno scelto di proseguire volontariamente il versamento dei contributi oltre l’età pensionabile prevista dal regime obbligatorio di appartenenza.
Va però ricordato come i lavoratori di prima occupazione, successiva al 1° gennaio 2007, oppure i contribuenti che a quella data non avevano una posizione contributiva aperta presso un qualsiasi ente di previdenza obbligatoria, possono dedurre i contributi versati entro il limite di euro 5.164,57 . Se nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari o di apertura di sottoconti italiani di PEPP hanno effettuato versamenti di importo inferiore, possono godere di un maggior limite di deducibilità, a partire dal sesto anno di partecipazione alle forme pensionistiche e di apertura di sottoconti italiani di PEPP e per i venti anni successivi, nella misura annuale di euro 5.164,57 incrementata di un importo pari alla differenza positiva tra euro 25.822,85 e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni e, comunque, incrementata di un importo non superiore a euro 2.582,29.
E’ da evidenziarsi ancora come on riferimento ai lavoratori dipendenti, il datore di lavoro trattiene l’importo a carico del dipendente riconoscendo l’esclusione di tali somme dalla formazione del reddito di lavoro dipendente su cui applicare le ritenute alla fonte e ne dà indicazione dettagliata nella CU. Per consentire al soggetto che presta l’assistenza fiscale di determinare la deduzione effettivamente spettante, il contribuente deve attestare a quale forma pensionistica risulta iscritto.
Il contribuente, che in dichiarazione dei redditi non ha dedotto in tutto o in parte i contributi versati, comunica alla forma pensionistica complementare, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è stato effettuato il versamento (ovvero, se antecedente, alla data in cui sorge il diritto alla prestazione), l’importo non dedotto