I Mercati Emergenti si preparano all’impatto delle elezioni USA

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Manca una settimana alle cruciali elezioni statunitensi. L’esito potrebbe ripercuotersi sui mercati emergenti, soprattutto in caso di vittoria del candidato repubblicano Donald Trump.

Sebbene i mercati abbiano recentemente iniziato a prezzare una vittoria di Trump, con conseguente aumento dei rendimenti dei Treasury e rafforzamento del dollaro, ci aspettiamo ulteriori movimenti in caso di vittoria repubblicana, a causa della gravità dell’impatto economico dell’aumento dei dazi e dell’incertezza relativa alla conquista del Senato e della Camera. Oltre all’impatto negativo dell’aumento dei tassi statunitensi derivante da un deterioramento delle prospettive fiscali (attraverso i tagli alle tasse), anche il credito e le azioni dei Paesi emergenti potrebbero essere impattati dal peggioramento delle prospettive di crescita, che farebbe salire gli spread creditizi e ridurrebbe gli utili. Sebbene sia difficile valutare il livello di aumento dei dazi, le stime disponibili hanno preso per buono ciò che Trump ha spesso menzionato durante la sua campagna elettorale: dazi del 60% per la Cina e del 10% per tutti gli altri. I costi economici a breve termine di tali aumenti dei dazi per la Cina potrebbero variare dallo 0,2% del PIL (stime del World Economic Outlook del FMI) all’1% del PIL (stime PIIE) nel 2025 e 2026.

Ci aspettiamo che l’asset class dei mercati emergenti (FX, credito e azioni) risenta di una vittoria repubblicana. L’impatto dovrebbe essere maggiore per gli asset cinesi. Prevediamo che la People’s Bank of China (PBoC) lascerà indebolire la valuta per attutire in parte il colpo dei dazi elevati. Allo stesso modo, il nuovo piano della PBoC per sostenere il mercato azionario potrebbe moderare l’impatto. La prossima settimana (dal 4 all’8 novembre) si riunirà il Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo cinese, che probabilmente terrà conto dei risultati delle elezioni statunitensi. Prevediamo che, in caso di vittoria repubblicana, misure fiscali più coraggiose contribuiranno a compensare le perdite economiche derivanti da dazi elevati.

Al di fuori della Cina, il Messico è più vulnerabile a dazi generalizzati del 10%, data la sua elevata esposizione al mercato statunitense. Oltre all’impatto commerciale, il Messico risentirebbe anche di una politica di immigrazione più rigida da parte degli Stati Uniti. Analogamente alla precedente presidenza Trump, il Messico sarà probabilmente minacciato economicamente in cambio di controlli più severi alle frontiere. Non consentendo l’ingresso negli Stati Uniti agli immigrati provenienti da Paesi terzi (soprattutto centroamericani), il Messico stesso dovrà probabilmente ospitare questi richiedenti asilo. I Paesi centroamericani (El Salvador, Nicaragua) rischiano di ricevere meno rimesse, che rappresentano circa il 25% del PIL di entrambi i Paesi.

Molte economie asiatiche hanno aumentato la loro esposizione commerciale agli Stati Uniti dopo che la guerra commerciale del 2018 ha spinto i fornitori a diversificare rispetto alla Cina. Quelli che si basano maggiormente sul commercio, come Vietnam, Corea, Taiwan, Malesia e Thailandia, saranno probabilmente i più colpiti. Oltre all’impatto commerciale diretto, alcune delle supply chain che si rifanno alla strategia China+1 in questi Paesi potrebbero essere poste sotto esame e considerate come “attività di reindirizzamento del commercio” dalla Cina. Ciò potrebbe comportare l’applicazione di dazi più alti del 10%. Le loro valute probabilmente caleranno, a seguito del deprezzamento dello yuan.

I produttori di materie prime, come Brasile, Cile, Perù e Sudafrica, hanno un’esposizione diretta relativamente minore al mercato statunitense. Le ritorsioni della Cina nel 2018 hanno di fatto aumentato le esportazioni agricole brasiliane, e potenzialmente potremmo assistere al riproporsi di questa situazione. Le ripercussioni saranno principalmente dovute alla diminuzione della crescita globale e della domanda di materie prime. Anche l’India e l’Indonesia, con un maggiore orientamento al mercato interno, sono più protette dall’impatto diretto dei dazi.

Una vittoria dei Democratici sarà probabilmente più agevole per gli emergenti e potremmo persino assistere a un “rally di sollievo” a breve termine degli asset dei mercati emergenti. Politiche meno inflazionistiche renderanno più facile per la Fed fondare il suo percorso di riduzione dei tassi sul ciclo. Condizioni finanziarie più agevoli e prospettive di crescita più favorevoli sarebbero una manna per gli asset dei mercati emergenti.