Mirabaud AM: divergenza crescente tra mercato e banche centrali. Le implicazioni per l’obbligazionario

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Nonostante i tagli dei tassi siano in corso in tutti i mercati sviluppati, certamente l’allentamento monetario in Europa, Stati Uniti e Regno Unito è partito da basi diverse. Le banche centrali di ciascuno di questi Paesi hanno infatti una percezione diversa del proprio percorso di riduzione dei tassi di interesse, e anche i loro diversi mandati giocano un ruolo importante.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, nonostante i consueti dibattiti sulle potenziali mosse della Federal Reserve prima di ogni riunione, secondo il mercato avremmo assistito a un programma piuttosto aggressivo di altri tre tagli da qui alla fine dell’anno. In particolare, i mercati obbligazionari anticipavano maggiori difficoltà per la crescita degli Stati Uniti, in contrasto con il mercato azionario in crescita e con lo scenario Goldilocks. Tuttavia, il PIL si è rivelato superiore alle aspettative pari al 3%, la creazione di posti di lavoro è in aumento e continua la spesa dei consumatori, che mantengono un’occupazione. Proprio gli ultimi dati sull’occupazione sono stati forti e il mercato è ora più o meno allineato ai dot plot della stessa Fed, anche se al momento con un orientamento leggermente più falco della banca centrale. I mercati obbligazionari hanno quindi dovuto rivedere le loro prospettive più deboli.

In Europa, invece, il contesto macroeconomico si sta orientando in senso opposto. Con il taglio di 25pb di ottobre, il mercato prevede ora un solo altro taglio entro la fine del 2024, anche se l’economia europea è più debole rispetto a quella statunitense, per cui si prevedono tre tagli.

La Germania, storica locomotiva d’Europa, è bloccata in una recessione. Le sue difficoltà sono forse più visibili nel settore automobilistico, dove la debolezza della domanda è stata esacerbata dal crollo delle esportazioni cinesi. È in corso una guerra di dazi con la Cina sulle auto, che sta inasprendo le difficoltà del settore.

La seconda economia in Europa, la Francia, presenta rischi idiosincratici crescenti, con il Primo Ministro Barnier che deve urgentemente ridurre il deficit e stimolare l’economia, ma senza avere molti strumenti a disposizione. Gli aumenti delle tasse e i tagli alla spesa non dipingono un quadro di crescita favorevole per il futuro.

Nel Regno Unito, il mercato sta prezzando dei tagli, con le probabilità di un taglio a novembre che variano ogni volta che vengono rilasciati dei nuovi dati. Mentre il dato IPC di settembre è risultato inferiore all’obiettivo, l’inflazione dei servizi rimane elevata. A ciò si aggiunge l’enorme incertezza sul bilancio di fine ottobre, che probabilmente comporterà un ulteriore inasprimento fiscale.

In sintesi, stiamo assistendo a una contraddizione: il mercato prevede funzioni di reazione diverse per le tre economie che ignorano in larga misura le loro condizioni di base. Gli Stati Uniti continuano a prevedere più tagli dei tassi rispetto alle altre grandi banche centrali, senza che ne abbiano un reale bisogno. L’Europa mantiene una posizione molto più neutrale sui tassi, quando invece dovrebbe procedere con i tagli. Infine, il Regno Unito sembra in contrapposizione con la retorica della Banca d’Inghilterra.

Questa dicotomia è resa più interessante dalla continua ed elevata correlazione tra i Treasury statunitensi e i titoli di Stato europei dove non abbiamo assistito alla divergenza che ci si aspetterebbe in queste situazioni; la curva si è irripidita negli Stati Uniti e i titoli di Stato europei hanno seguito in larga misura la stessa traiettoria. Il vero protagonista è il tasso di cambio, con l’euro che si sta indebolendo nei confronti del dollaro USA in previsione di un’accelerazione dei tagli.

Cosa potrebbe portare alla fine di questa correlazione? Dato che l’allentamento finanziario richiede almeno 6-8 settimane per influire sul relativo contesto economico, gli Stati Uniti potrebbero iniziare a sviluppare un chiaro vantaggio nel periodo novembre-dicembre, creando una maggiore divergenza tra i due mercati e mostrando forse una crescita più forte e un’inflazione più persistente. Anche l’esito delle elezioni presidenziali USA dovrebbe fornire una direzione al mercato, data la netta differenza di politiche tra i due candidati.

Allo stesso modo, potrebbero essere prezzati ulteriori tagli in Europa, mentre cresce la pressione ad agire in questo senso. L’argomentazione contro questo scenario è che, essendo i tassi d’interesse più bassi in Europa, sono meno restrittivi e la banca centrale non ha bisogno di muoversi con la stessa velocità o aggressività di altri Paesi. Ma questa tesi non sembra reggere, dato che l’economia sottostante richiede ora tassi più bassi e di un’entità che la Banca Centrale Europea non ha finora adottato.

In ogni caso, l’elevata correlazione tra i vari mercati dei titoli di Stato rimane intatta. Le divergenze, e con esse le potenziali opportunità di investimento, si registrano tra gli spread dei titoli di Stato francesi e tedeschi, e persino in alcune economie europee periferiche. Nonostante la debolezza economica della Germania, i Bund rimangono strettamente correlati agli Stati Uniti. Al contrario, gli spread in Francia sono attualmente più ampi di quelli della Grecia, il che fa pensare a una crisi di fiducia nel mercato dei titoli sovrani che potrebbe protrarsi fino a quando i problemi fiscali non saranno risolti. Sebbene la Francia abbia chiaramente un problema di deficit, ritiene che la reazione e quindi la rivalutazione dei prezzi sia eccessiva e quindi potrebbe rappresentare un’opportunità. Le probabilità di una crisi di fiducia e persino di un default sono a questo punto estremamente improbabili.