L’impatto delle politiche di Trump sui mercati del credito

Nicolas Jullien, Head of High Yield & Credit Arbitrage di Candriam -

Il 5 novembre abbiamo assistito alla vittoria di Donald Trump e dei repubblicani. Guardando nel dettaglio all’agenda politica del nuovo presidente, a nostro avviso emergono quattro temi chiave, ovvero dazi, deregolamentazione, tagli alle tasse e immigrazione. Pur conoscendo quest’agenda, non abbiamo ancora visibilità sull’entità di queste politiche e sui tempi con cui verranno implementate nei prossimi anni.

Probabilmente dovremo aspettare un paio di mesi per avere più informazioni. Prima di esaminare nello specifico le implicazioni per le diverse asset class, occorre però analizzare l’attuale contesto globale. Negli Stati Uniti la crescita è solida e l’inflazione sta diminuendo, nonostante ci siano stati recentemente alcuni segnali di una sua persistenza. Il deficit fiscale rimane invece elevato, superiore al 6%, quindi è un elemento che dovrà essere monitorato nei prossimi anni. In Europa la situazione è molto diversa. La crescita è molto più lenta e vediamo un potenziale rischio di ribasso da qui in avanti. L’inflazione sta diminuendo e pensiamo che continuerà a scendere.

Per quanto riguarda il deficit, da un lato abbiamo metà dei Paesi europei che deve far fronte a livelli eccessivi di deficit e margini di manovra molto limitati, dall’altro c’è la Germania che è attualmente in una fase di stallo e che dovrà affrontare le elezioni all’inizio del prossimo anno. Probabilmente vedremo un leggero aumento del deficit, l’implementazione di alcune misure di stimolo, ma non ci aspettiamo che siano significative.

Guardando ai mercati del credito, gli spread si sono ristretti perché siamo ai massimi storici nei mercati investment grade e high yield USA. Pertanto, probabilmente da qui in poi un ulteriore restringimento degli spread appare limitato. Possiamo quindi aspettarci che gli spread si allargheranno nelle prossime settimane o nei prossimi mesi? Non necessariamente, perché i principali driver dei mercati del credito quest’anno sono stati i dati tecnici e ci aspettiamo che questi rimangano forti almeno fino alla fine dell’anno. Rimaniamo quindi costruttivi fino alla fine di quest’anno.

 

Se guardiamo invece all’Europa, le valutazioni appaiono più interessanti rispetto a quelle degli Stati Uniti per quanto riguarda l’investment grade, notando che gli spread sono più ampi.

Inoltre, è importante tenere presente che la duration nei due mercati non è la stessa.

Infatti, se consideriamo l’investment grade statunitense, la duration è superiore a 8 anni, mentre per l’investment grade europeo è di soli 4 anni e mezzo. Si tratta quindi della metà della duration e del rischio associato ad essa e di uno spread più elevato. Pertanto, in termini di valutazione, tendiamo a privilegiare l’investment grade europeo.

Per quanto riguarda l’high yield, la duration è abbastanza simile. Tuttavia, se si guarda alla qualità del credito, il rating medio è molto più elevato in Europa rispetto agli Stati Uniti.

In Europa ci sono molti più titoli con rating BB rispetto agli Stati Uniti. Tendiamo quindi a favorire l’high yield europeo in termini di valutazioni, anche perché gli spread sono più ampi e i fondamentali sono relativamente stabili e solidi.

Quando guardiamo all’high yield, ci sono due elementi da tenere in considerazione.

Il primo riguarda i tassi di default. A nostro avviso rimarranno elevati perché stiamo uscendo da un decennio di liquidità elevata e nel mercato c’è ancora struttura di capitale che deve essere indirizzata.

Le politiche di Trump probabilmente faranno sì che i tassi di interesse rimangano più alti più a lungo, il che non è positivo per la parte inferiore del mercato high yield statunitense, i titoli con rating B e CCC che hanno bisogno di tassi molto più bassi per resistere. Riteniamo quindi che in questo contesto, nonostante gli spread positivi e ristretti, sia molto importante rimanere selettivi per evitare società che vadano incontro a default. In Europa, dove c’è un contesto di crescita bassa, incertezza e poca fiducia, i fondamentali sono in miglioramento. Le aziende non stanno effettuando molte spese in conto capitale, non stanno facendo operazioni di M&A e rimangono concentrate sulla riduzione del debito, il che è positivo per i fondamentali del credito.

Negli Stati Uniti la situazione è un po’ diversa. Il livello di fiducia è molto più alto e le società stanno diventando sempre più orientate agli interessi degli azionisti, il che può pesare sui fondamentali.

L’attività di M&A potrebbe tornare con Donald Trump e potremmo assistere a un’ondata di fusioni e acquisizioni negli Stati Uniti incentivate dalla deregolamentazione, che potrebbe pesare anche sui fondamentali.

Guardando alle implicazioni per il mercato e come dovremmo posizionarci in questo nuovo ambiente, vediamo tre principali implicazioni: una maggiore divergenza tra gli asset in euro e in dollari, soprattutto a causa della divergenza delle politiche monetarie. A questo proposito, riteniamo che il prossimo anno il lavoro di J. Powell sarà molto più difficile rispetto a quello della BCE.

Riteniamo inoltre che si assisterà a una maggiore dispersione tra i settori e le aree geografiche e a una maggiore volatilità dei tassi e degli spread creditizi. Per questo motivo preferiamo il credito europeo a quello statunitense. Tuttavia, sappiamo che ci sarà volatilità e che ci saranno opportunità tattiche.

Questo è il motivo per cui ci piacciono anche le strategie globali che potranno beneficiare della diversificazione, ma anche delle opportunità tattiche tra i due mercati nei prossimi quattro anni.

Infine, riteniamo che l’aggiunta di strategie long-short possa davvero migliorare il profilo di rischio-rendimento del portafoglio. Queste strategie possono offrire opportunità sia sul lato lungo che su quello corto e possono fornire sia diversificazione che rendimenti molto interessanti.

Questi sono i temi principali che riteniamo possano aiutare gli investitori a orientarsi nei prossimi quattro anni e a far fronte alle possibili implicazioni delle politiche di Trump per i mercati del credito.