Dazi: strumento di riequilibrio delle partite correnti?

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Il flusso di dati della scorsa settimana è stato benevolo nei confronti del mercato obbligazionario globale. Con l’inflazione core statunitense che a dicembre si è attenuata più del previsto, quella che sembrava una marcia inesorabile verso un rendimento decennale del 5% si è arrestata negli Stati Uniti, mentre nel Regno Unito la combinazione di un dato migliore sull’inflazione con un’altra lettura mensile debole del PIL ha contribuito a rafforzare la capacità prevista della Bank of England di tagliare in modo deciso nel corso del 2025, con alcuni effetti di diffusione sulla parte lunga della curva. Sebbene ciò coincida con la nostra previsione di riferimento per il Regno Unito, rimaniamo dubbiosi circa l’ampiezza della traiettoria di disinflazione che ci attende negli Stati Uniti, anche se è necessario che arrivino segnali più precisi dalla nuova Amministrazione americana per quantificare appieno la linea di resistenza.

In questo contesto di mercato più favorevole, e proprio mentre attendiamo le prime misure promosse dal 47° Presidente degli Stati Uniti, possiamo prestare attenzione a questioni macroeconomiche, apparentemente arcinote, che riteniamo rilevanti per le prospettive a medio termine dell’economia mondiale, come la questione dei dazi. A tal proposito, prendiamo spunto da un intrigante articolo di Michael Pettis, il quale sostiene che i dazi unilaterali potrebbero essere uno strumento accettabile di riequilibrio delle partite correnti per gli Stati Uniti, con la logica conclusione che le altre regioni – Europa e Cina – che presentano un surplus strutturale ed eccessivo delle partite correnti non dovrebbero attuare alcuna forma di ritorsione. Sebbene riteniamo che Pettis abbia ragione, crediamo anche che non presti sufficiente attenzione agli effetti negativi a lungo termine derivanti dai dazi, anche negli Stati Uniti. Tuttavia, concordiamo con l’opinione che, nelle regioni con deficit di domanda, la ritorsione, sebbene tatticamente allettante, non è ottimale.