I numeri da capogiro dell’intelligenza artificiale

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Negli ultimi due anni l’indice Nasdaq Composite è salito di oltre il 75% e sono
stati contati circa 300 nuovi «unicorni», termine che indica start up private
che hanno raggiunto una valutazione di almeno un miliardo di dollari.

Dopo tanta euforia, molti investitori hanno cominciato a interrogarsi sulle
valutazioni raggiunte dal settore e sul potenziale residuo di questi titoli. Ad
esempio, il produttore di chip avanzati NVIDIA ha subito un calo del 6%
in borsa dopo la presentazione dei suoi prodotti per il 2025 e il discorso di
apertura al Consumer Electronics Show 2025 (CES) di Las Vegas.

Parallelamente, i buoni dati economici statunitensi e i timori per i piani della
nuova amministrazione Trump hanno spostato in avanti le aspettative sui tagli
della Federal Reserve e spinto al rialzo i rendimenti dei Treasury statunitensi,
penalizzando i titoli tecnologici, sempre tra i più sensibili ai tassi d’interesse.

I timori per le valutazioni sono riaffiorati dopo un rally del settore tecnologico,
che ha generato guadagni annuali per l’S&P 500 superiori al 20% per due
anni consecutivi. Bisogna quindi temere una brusca correzione oppure c’è
ancora potenziale per gli investitori in questa rivoluzione tecnologica? E,
visto il peso di questi titoli sui mercati globali, quali potrebbero essere le
implicazioni per le borse globali?

Nonostante il naturale senso di vertigini dopo una simile salita, a mio avviso
bisogna orientarsi soprattutto sulla base di due fattori: andamento degli utili
e valutazioni relative rispetto al resto del mercato.

Gli utili del settore tecnologico dipendono fortemente dalle spese in conto
capitale delle aziende. Tornando al CES 2025, il CEO di NVIDIA, Jensen
Huang, ha annunciato nuovi piani che prevedono l’uso dell’intelligenza
artificiale (IA) nell’addestramento di robot e auto a guida autonoma, chip per
videogiochi di nuova generazione e il primo computer con IA incorporata.

Queste dichiarazioni suggeriscono che il ciclo di sviluppo dell’intelligenza
artificiale è ancora agli inizi e vi sono forti segnali di una domanda robusta e
in crescita per questa tecnologia e la sua catena di fornitura.

Non si vede ancora un plateau, anzi, di recente abbiamo alzato le nostre stime
per la crescita complessiva degli investimenti in conto capitale cumulativi
di Microsoft, Meta, Amazon e Alphabet a 224 miliardi di dollari nel 2024
(+51% a/a) e 280 miliardi nel 2025 (+25% a/a). La prospettiva di un’adozione                                                                                                        più ampia dell’IA in altri settori importanti come l’automotive o la robotica
suggerisce un ulteriore aumento degli investimenti.

Per questo motivo vediamo una crescita degli utili ancora molto elevata,
stimata intorno al 18%. L’ampia disponibilità di cassa di queste società
potrebbe portare a interventi sul mercato come buy back, vale a dire l’utilizzo
del capitale in eccesso per acquistare azioni proprie.

Guardando alle valutazioni, quelle del NASDAQ sono elevate, ma il premio
rispetto al mercato complessivo non è lontano dalla media di lungo termine
e non ha nulla a che vedere con la bolla delle dotcom. Contrariamente alla
percezione generale, infatti, la gran parte della performance degli ultimi due
anni è dovuta alla crescita degli utili, più che all’aumento dei multipli degli
utili.

Le aspettative sono certamente elevate e si misurano anche fuori dalla borsa.

Ad esempio, secondo i media l’ultimo round di finanziamenti di Anthropic ha
portato la sua valutazione da 8 miliardi di dollari a 60, a fronte di ricavi di circa
875 milioni. Secondo Pitchbook, l’intelligenza artificiale ha rappresentato
quasi la metà di tutti i flussi di capitali di rischio negli Stati Uniti nel 2024 e
quasi il 36% delle operazioni di venture capital a livello globale.

Ci sono ovviamente molti rischi: ho già citato una discesa più lenta
dei tassi americani e l’incertezza sulle politiche economiche della nuova
amministrazione, a partire dai dazi. Ma, secondo Bloomberg, anche l’attuale
governo Biden starebbe preparando un nuovo giro di vite sulle esportazioni
di tecnologie legate all’intelligenza artificiale.

In particolare, le nuove regole mireranno a controllare la vendita di chip per
l’IA «sia a livello di Paese che di azienda», con un approccio a più livelli: il
primo (Stati Uniti e i loro 18 alleati) con un accesso piuttosto libero, il secondo
con limiti alla potenza di calcolo e il terzo (che comprenderebbe la Cina) con
ampie proibizioni.

La regolamentazione rappresenta a sua volta un rischio per i titoli tecnologici:
l’Europa e la Cina hanno già introdotto nuove normative sull’intelligenza
artificiale e ci si può aspettare che anche gli Stati Uniti si muovano in questa
direzione.

Complessivamente, rimaniamo ottimisti sulle prospettive dell’intelligenza
artificiale e suggeriamo agli investitori di continuare a concentrarsi sui
fondamentali del settore e sull’andamento delle spese in conto capitale.

Tuttavia, ci aspettiamo periodi di volatilità, anche a breve termine, sia per via
della situazione geopolitica che dell’aumento dei rendimenti obbligazionari in
dollari. Per gli investitori sottoesposti alla tecnologia, eventuali fasi di volatilità
potrebbero offrire l’opportunità di costruire un’esposizione a titoli di qualità.

All’interno dell’universo tematico dell’intelligenza artificiale continuiamo a
preferire i segmenti dei semiconduttori e del software. Infine, occorre
considerare che queste tecnologie sono altamente energivore e la catena
del valore dell’IA coinvolge anche le utility, tanto che Amazon, Microsoft e
Google hanno avviato progetti relativi allo sviluppo di energia nucleare.