Se il problema è il dossier titoli: come evitare il ricorso al giudice

di Rosaria Barrile -

Servizio bancario o contenitore di investimenti? In base al tipo di contenzioso sarà competente l’Abf o la Camera di conciliazione di Consob

In caso di disagi con la propria banca, prima di ricorrere alle aule di tribunale, è possibile tentare altre strade più veloci, e più convenienti dal punto di vista dei costi, e in primo luogo l’Arbitro bancario finanziario (Abf) e la Camera di conciliazione e arbitrato istituita presso la Consob.

Occorre però fare attenzione ai motivi del contendere: semplificando, è possibile dire che mentre il primo ha una competenza generica su prodotti e servizi bancari, il secondo si occupa di questioni relative agli investimenti.

Vi è tuttavia un argomento che può generare qualche dubbio sulla scelta dell’uno piuttosto che dell’altro ed è il dossier titoli perché di fatto è il “contenitore” degli investimenti dei risparmiatori legato al conto corrente. È lecito quindi chiedersi se si tratta di un argomento relativo alla sfera degli investimenti o a quella dei servizi bancari. Come regolarsi?

Nel caso di questioni legate al dossier titoli, l’Abf può essere chiamato a intervenire, ma soltanto nei casi in cui la controversia ha come oggetto non la prestazione di servizi d’investimento, ma la “diligenza” dell’intermediario nell’esecuzione del rapporto di deposito e di amministrazione dei titoli. Il principio generale è che può intervenire in tutti quei casi in cui il risparmiatore segnala una scarsa trasparenza delle condizioni contrattuali, una mancanza di informazione da parte della banca, oppure una scarsa diligenza nella gestione del servizio bancario in quanto tale (per esempio nel caso di ritardi nel trasferimento del dossier titoli da una banca all’altra).

In una delle situazioni sottoposte all’attenzione dell’Arbitro, e che ben esemplifica quest’ultima situazione, un correntista ha richiesto, nel gennaio del 2014, la chiusura del conto corrente e il trasferimento a un’altra banca dei titoli presenti nel dossier.

Un mese dopo la richiesta, la prima banca gli comunica che quella da lui indicata per il trasferimento non aveva accettato alcuni titoli. Il correntista indica quindi un’altra banca per trasferire anche quei titoli. A fine marzo, dopo oltre 70 giorni dalla richiesta, il conto corrente viene finalmente chiuso.

A questo punto il risparmiatore però chiede all’Arbitro, in primo luogo, di condannare la banca al risarcimento del danno da lui subito a causa del ritardo con cui ha ricevuto la certificazione fiscale delle minusvalenze relative ai titoli a lui intestati, quantificato nel ricorso in 707,18 euro.

In secondo luogo, il risparmiatore segnala all’Arbitro che la banca aveva applicato illegittimamente l’imposta di bollo relativa al 2013: in pratica questa era stata prelevata in un’unica soluzione nel febbraio 2014, in modo diverso rispetto a quanto previsto dal contratto. Oltre a ciò, e contrariamente a quanto pubblicizzato dalla banca, veniva applicata su un conto deposito con giacenza inferiore ai 5 mila euro. Il risparmiatore domanda, quindi, che gli sia restituita l’imposta indebitamente applicata.

Per quanto riguarda i tempi di chiusura del conto, la banca ammette il ritardo ma sottolinea che a causarlo non sarebbe stato un suo comportamento bensì il rifiuto della banca indicata dal cliente di ricevere alcuni dei titoli da trasferire. La banca evidenzia, inoltre, che le minusvalenze certificate sono interamente di competenza del 2014, e sono utilizzabili a compensazione delle plusvalenze fino al quarto anno successivo, per cui l’eventuale danno non potrebbe determinarsi se non al termine di tale periodo.

In riferimento all’imposta di bollo, infine, la banca afferma di non aver modificato le condizioni economiche del contratto relativo al conto corrente e al dossier titoli nello specifico, in quanto gli oneri fiscali sono a carico dei clienti. Per la banca, gli accordi contrattuali prevedono l’applicazione dell’imposta di bollo “secondo le disposizioni vigenti”, a cui si sarebbe attenuta.

Secondo l’Arbitro, invece, la banca sarebbe venuta meno ai suoi obblighi rilasciando la certificazione delle minusvalenze con notevole ritardo (70 giorni) rispetto alla richiesta di chiusura del rapporto.

Il cliente ha quindi diritto di vedersi risarcire il danno pari a 707,18 euro come quantificato nel ricorso.

Ma non solo. Per l’Arbitro, le modalità attuate dalla banca per l’addebito dell’imposta di bollo non appaiono conformi alla vigente normativa. Per poter procedere all’applicazione di tale imposta, in variazione delle condizioni contrattuali, la banca, in base all’articolo 118 del Testo unico bancario, avrebbe dovuto inviare una comunicazione formale al cliente e lasciargli la possibilità di esercitare il diritto di recesso. L’Arbitro ha quindi riconosciuto al risparmiatore il diritto a ottenere dalla banca la somma di 18,20 euro, pari all’importo della somma contestata e addebitata retroattivamente a titolo di imposta di bollo per l’anno 2013.