2016, l’anno dell’impact investment

di Rosaria Barrile -

Secondo Matt Christensen, responsabile degli investimenti Sri di Axa Im, il disinvestimento dalle imprese legate ai combustibili fossili andrà di pari passo con l’engagement in quelle impegnate nella transizione energetica

Nel 2016 l’impact investment, inteso come quel tipo di investimento finalizzato a produrre un impatto misurabile in termini ambientali e sociali, sarà non solo ritenuto fondamentale per la costruzione di portafogli responsabili, ma andrà a influenzare tutta l’industria della finanza etica.

Ad affermarlo nel suo outlook annuale dedicato agli investimenti responsabili è Matt Christensen, responsabile investimenti Sri di Axa Investment Managers: questa tendenza, afferma, andrà a interessare tutte le asset class, “compresi i titoli emessi sia da soggetti pubblici, sia da società quotate”.

“Siamo convinti che l’approccio all’impact investment non costituirà più una semplice opzione, ma verrà incorporato all’interno del settore finanziario. Stando ai livelli attuali di diffusione di questa tipologia di investimento, non ancora maturo dal punto di vista del mercato, le stime prevedono che il settore possa crescere fino a 500 miliardi di dollari in termini di raccolta entro il 2019 per una percentuale circa dell’1% degli assetti globali”, ha spiegato Christensen, in occasione dell’evento Green bond: un investimento per il futuro del pianeta, organizzato a Milano dal Forum per la Finanza Sostenibile.

Secondo Christensen, l’altro grande tema chiave per l’industria Sri per il 2016 è quello del disinvestimento dalle società e dalle attività a più elevata intensità d’uso di combustibili fossili, sulla scia di quanto già avvenuto nel corso del 2015.

“Finora, più di 500 istituzioni, che rappresentano globalmente 3.400 miliardi di dollari di asset in gestione, hanno scelto di disinvestire. Sappiamo che questa strategia ha attirato anche critiche ma, come abbiamo potuto constatare, chiedere a imprese strettamente legate ai combustibili fossili, e che non hanno un business diversificato e quindi altri tipi di ricavi, di passare a tecnologie più pulite si rivela di fatto un tentativo impossibile”.

Per l’asset manager francese, che tra pochi giorni registrerà anche in Italia Axa World Funds Planet Bonds, (uno strumento per investire nella transizione verso un’economia low carbon attraverso i green bond), a dare i risultati migliori, soprattutto per l’ambiente, è tuttavia l’approccio che combina disinvestimento e “engagement”, inteso come coinvolgimento e stimolo nei confronti delle imprese a migliorare progressivamente la loro efficienza energetica.

“Dato che il 2015 è stato il quarto anno consecutivo di emissioni record per i green bond, ci aspettiamo per il 2016 una maggiore selettività. Le grandi imprese private, con il 45% delle emissioni totali nel 2015, rappresentano attualmente il principale emittente di green bond nonostante finora il mercato sia stato dominato da emittenti e agenzie pubbliche sovranazionali. Il settore finanziario è stato il primo a dare impulso alle emissioni, in misura persino superiore ai produttori di energia che stanno entrando adesso sul mercato con l’obiettivo di rifinanziare le loro fonti rinnovabili. Il ritmo delle emissioni inoltre è accelerato nell’ultimo trimestre del 2015, sia per effetto dell’approssimarsi della Cop21, sia per lo sviluppo di standard volontari per l’emissione di green bond in Cina e India”.

“Per il 2016 la domanda da parte degli investitori nei confronti di asset responsabili continuerà a crescere. Aumenteranno ancora le emissioni di green bond, per lo più in euro e in dollari. Ma ad essere attratti finalmente non saranno più solo gli investitori responsabili in termini di mission, ma anche investitori tradizionali, grazie alla possibilità di ottenere maggiore rendimenti, diversificazione e benefici ambientali”.