Monsanto dice sì a Bayer

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La società americana ha accettato l’offerta da 66 miliardi di dollari dei tedeschi. La parola all’Antitrust Usa

Ci sono voluti cinque mesi di corteggiamento. E un sostanziale aumento della dote offerta: alla fine Monsanto ha detto sì a Bayer: la fusione si farà. Il prezzo concordato per l’acquisizione è la cifra record di 66 miliardi di dollari, che corrispondono a un valore di 128 dollari per azione.

I tedeschi di Bayer si sono inoltre impegnati a pagare una commissione da 2 miliardi di dollari nel caso in cui l’Antitrust dovesse bocciare l’operazione. Dalla fusione nascerebbe il gruppo più grande del mondo nel settore agrochimico, con il controllo del 24% del mercato dei pesticidi e del 29% di quello dei semi.

L’operazione, salvo l’ok, tutt’altro che scontato dell’Antitrust, dovrebbe essere conclusa entro la fine del 2017, spiega una nota di Bayer. http://www.news.bayer.com/baynews/baynews.nsf/id/ADSF8F-Bayer-and-Monsanto-to-Create-a-Global-Leader-in-Agriculture

Un altro parere di cui tener conto, in realtà, è quello degli azionisti di Monsanto: ma i 128 dollari ad azione dell’accordo corrispondono a un premio del 44% rispetto alla chiusura di borsa del 9 maggio, il giorno prima cioè, che fossero diffuse le prime notizie sull’operazione. Oggi il titolo viaggia, in rialzo, a 107 dollari per azione, ed è dunque difficile immaginare un rifiuto.

Il settore dell’agrochimica si avvia dunque a un’ulteriore concentrazione. Il settore vale in tutto circa 85 miliardi di euro, ed è controllato da pochissimi colossi. I primi tre gruppi – Monsanto, DuPont Pioneer e Syngenta – detengono attualmente il 53% della produzione. E oltre alla fusione Bayer-Monsanto sono avviate le trattative per le nozze tra Syngenta e Chemchina (che in Italia controlla Pirelli) e fra Dow Chemical e DuPont.

I rischi sono importanti. La concentrazione significherà minore concorrenza, e quindi prezzi in aumento sia per gli agricoltori sia, di riflesso, per i consumatori.

E rischiano l’ambiente e la biodiversità. Negli anni ’70, ricorda Slowfood, operavano nel mondo oltre 7 mila aziende sementiere, nessuna delle quali raggiungeva il mercato globale. Secondo i dati Fao, già nel 2014 la concentrazione è arrivata al 76% considerando i primi dieci gruppi, dai quali dipende anche la produzione di fertilizzanti, pesticidi, diserbanti ed erbicidi.