Mario Draghi costretto a fare l’equilibrista

Amundi Asset Management -

Per Mario Draghi, il consiglio dei governatori della BCE di luglio è stato indubbiamente una riunione di transizione e il presidente della BCE è stato costretto ancora una volta a fare l’equilibrista.

Non ha perso però l’occasione per sottolineare “il miglioramento incontestabile” delle condizioni economiche e la debolezza dell’inflazione (“l’inflazione non è dove dovrebbe essere, né dove noi vorremmo che fosse”). La BCE è sì pronta a diminuire il ritmo degli acquisti delle attività nel 2018, ma non vuole premere troppo il piede sull’acceleratore perché intende evitare un rialzo troppo rapido dei tassi lunghi o un apprezzamento troppo frettoloso dell’euro. “L’ultima cosa che desidera il consiglio dei governatori è l’inasprimento eccessivo delle condizioni finanziarie”. Mario Draghi ha fatto sapere che è proprio per questo motivo che la BCE non ha escluso nel suo comunicato introduttivo la possibilità di aumentare di nuovo il QE; “se le prospettive dovessero diventare meno favorevoli, il consiglio dei governatori sarà di nuovo pronto a incrementare l’entità degli acquisti e a prolungare la durata del programma”.

Nell’ambito di questo numero da equilibrista, Mario Draghi ha specificato che non esiste una data precisa in cui la BCE valuterà se modificare il suo programma di acquisto delle attvità, ma che le discussioni su questo tema si terranno comunque in autunno.

La reazione dei mercati obbligazionari è stata piuttosto debole, con i bund decennali tedeschi che hanno chiuso la settimana allo 0,50% (a tal proposito Mario Draghi ha sottolineato come i tassi lunghi siano ancora molto bassi). Gli spread dei tassi dei Paesi periferici si sono leggermente ampliati per via del tono del suo discorso, un po’ più accomodante del previsto.

Per contro, l’euro si è di nuovo apprezzato fortemente, e il tasso di cambio ha chiuso la settimana a 1,16. La moneta unica si sta rafforzando grazie al miglioramento delle prospettive economiche, al quadro politico più rassicurante in Europa e all’attesa di una riduzione delle misure ultra-accomodanti da parte della BCE. L’appetito degli investitori extra-europei per l’Europa si è risvegliato; i loro acquisti netti di titoli in euro hanno raggiunto a maggio 70 miliardi di euro, un dato che non si vedeva dal marzo 2015.

Per quanto riguarda l’euro, è meglio non focalizzarsi troppo sulla parità EUR/USD: nonostante essa sia ancora del 15% inferiore rispetto al livello che aveva quando sono stati introdotti i tassi negativi nel giugno del 2014, lo stesso non si può dire del tasso di cambio effettivo dell’euro che è ritornato ai livelli del giugno 2014. Il tasso di cambio effettivo dell’euro è stato incredibilmente stabile da quando la BCE ha implementato il suo programma di QE, ma è salito bruscamente a partire da maggio, e ciò rappresenta una novità da non trascurare. Tuttavia, il consiglio dei governatori sarebbe indotto a rivedere i suoi piani solo se l’euro dovesse continuare a salire a ritmi molto sostenuti.

La riunione di settembre sarà senza dubbio più facile per Mario Draghi perché egli sarà in possesso di elementi più concreti. La nostra convinzione è che fra pochi mesi i tassi lunghi saranno più alti in Europa – soprattutto se le aspettative d’inflazione rimarranno troppo basse- e che l’euro sarà più forte.