Criteri ESG: non è più una questione di “SE” o “QUANDO”, ma di “COME”

Roberto Magnatantini, Shoaib Zafar, Guillaume Compeyron -

La Cina è un esempio calzante di questa dinamica. Quando si considerano le virtù ambientali, questo Paese non è certo il primo a venire in mente. Sui social media vengono spesso condivise immagini di megalopoli fortemente inquinate, così come i sentimenti di rabbia e frustrazione dei rispettivi abitanti.

Tuttavia, il partito comunista sta prendendo sul serio questa minaccia: si stima infatti che, negli ultimi anni, il 40% di tutte le industrie nazionali sia stato chiuso almeno temporaneamente a fini di ispezione e che 80.000 delle stesse siano state condannate o multate dal ministero dell’ambiente cinese1. Tuttavia, i risultati finora raggiunti sono tutt’altro che incoraggianti: il governo ha promesso di ridurre, entro il 2035, le emissioni di particelle pericolose del 25% rispetto ai livelli registrati nel 2016 e di creare un Sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) per le società attive nel settore energetico.

La Cina è quindi un valido esempio del cambiamento epocale in atto: nel giro di pochi anni, l’inquinamento è passato dall’essere una conseguenza inevitabile di crescita e sviluppo economico a un grave problema che deve essere affrontato urgentemente.

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Mitigare il rischio ESG

Nello scorso decennio si è assistito a un gran numero di dispute legate alle tematiche ESG. Tra quelle che hanno fatto più scalpore troviamo ad esempio Volkswagen, nella bufera per violazioni ambientali e di governance.
Nulla tuttavia in confronto al disastro del 2010 causato da British Petroleum nel Golfo del Messico, costato alla società l’astronomica cifra di USD 65 miliardi solo a titolo di risarcimento.

Le potenziali insidie per le società sono molteplici e dipendono dal tipo di attività. La governance rappresenta un chiaro rischio intangibile; eventuali frodi potrebbero infatti causare il fallimento di una società o quantomeno una momentanea perdita di fiducia. Quello di Enron rappresenta un caso estremo al riguardo. I dirigenti hanno infatti nascosto debiti per miliardi di dollari, falsificando di proposito i libri contabili e spingendo la società verso la bancarotta.

Quale che sia la natura del rischio, la società e le autorità normative sono sempre più sensibili alle tematiche ESG e costringono gli investitori, indipendentemente dalle rispettive convinzioni, ad accrescere la loro consapevolezza delle stesse. Non si tratta più di una questione di coscienza, ma riguarda al contrario la necessità di preservare il valore degli investimenti a fronte di potenziali passività in rapido aumento.

Ed è proprio in quest’ottica che il carbonio assume un ruolo di primo piano. Come evidenziato da un’indagine di oltre settecento specialisti patrocinata dal Forum economico mondiale (WEF), i fenomeni meteorologici estremi e le calamità naturali sono stati classificati tra i 5 maggiori rischi sia in termini di probabilità che di impatto sulle aziende.

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Nel caso dell’inquinamento e, nello specifico, del carbonio, i costi sono duplici: possono infatti essere diretti, associati ad esempio alle normative, o indiretti, legati alla perdita di valore per gli attivi. Il meccanismo ETS rientra nella prima categoria, poiché cerca di identificare il costo correlato alle esternalità del carbonio e permettere alle forze di mercato di determinare un prezzo equo. Questo meccanismo si basa sul principio del “cap and trade” (tetto massimo di emissioni): dopo aver definito un volume totale di gas serra (GHG), le società possono scambiare quote in base alle rispettive emissioni. In linea generale, le società devono presentare un permesso di emissione per ciascuna tonnellata metrica di carbonio rilasciato oppure pagare una sanzione. L’attuale siccità che affligge Città del Capo rientra invece nella seconda categoria. Le riserve idriche cittadine si sono pressoché prosciugate con conseguente impatto diretto sulla produzione vinicola, una voce relativamente importante delle esportazioni nazionali che ha registrato un calo del 20%. Secondo Michael Bloomberg, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per l’azione sul clima, questo evento dovrebbe suonare come un campanello d’allarme sul cambiamento climatico.

L’importanza delle emissioni di carbonio

Per quanto i criteri ESG possano essere fondamentali per valutare la sostenibilità di un’azienda, la loro integrazione in un processo d’investimento non è così immediata come sembra. Nonostante le società pubblichino un numero crescente di dati non finanziari, in una parte sostanziale di questo universo le informazioni disponibili sono ancora scarse. A peggiorare ulteriormente il quadro, anche quando tali informazioni sono disponibili la loro qualità è spesso scadente e soggetta al giudizio personale, se non alla manipolazione, del management.

Un altro problema è rappresentato dalla distinzione tra dati qualitativi e quantitativi. Il ricorso al cosiddetto greenwashing (ossia promuovere una visione rispettosa delle tematiche ESG tramite molteplici iniziative di marketing che non trovano riscontro nella pratica) è molto comune soprattutto tra le grandi società, in grado di produrre una moltitudine di politiche e obiettivi a prescindere dagli sforzi realmente profusi. I dati pubblicati dimostrano l’esistenza di questo fenomeno: secondo Goldman Sachs, infatti, le società quotate sull’indice MSCI ACWI comunicano in media più dati binari correlati alle politiche che dati sulla performance delle stesse (54,9% contro 11,6%).

Una società potrebbe quindi ottenere un punteggio ESG complessivo di tutto rispetto pur essendo al centro di scandali. Una situazione paradossale! Marathon Petroleum presenta, ad esempio, un punteggio elevato su gran parte dei criteri ESG6, ma è anche soggetta a numerose dispute. Come segnalato da KLP, la maggiore compagnia di assicurazioni sulla vita norvegese, Marathon possiede il 9,2% del Dakota Access Pipeline. Questo progetto è nell’occhio del ciclone per problematiche legate alla sovranità dei nativi americani e al rischio di contaminazione idrica. KLP ha deciso di escludere la società in ragione di un “rischio inaccettabile di contribuire a gravi o sistematiche violazioni dei diritti umani”.

Per tutte le ragioni esposte in precedenza, integrare le emissioni di gas serra comporta un duplice vantaggio.
Innanzi tutto sono dati di difficile manipolazione, in quanto comunicati dalle società nell’ambito dell’iniziativa sottoposta a revisione Carbon Disclosure Project (CDP) o determinate da esperti quali Trucost, una controllata di Standard & Poor’s. In secondo luogo, l’analisi dell’impronta di carbonio totale consente di ovviare al problema dei cosiddetti “free rider” e operatori “fabless”, poiché non vengono considerate le sole emissioni della società, bensì quelle dell’intera catena di approvvigionamento.

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Dove risiedono le opportunità

La domanda di investimenti che integrino fattori ESG sta aumentando in tutta Europa, con investitori privati e istituzionali che sposano sempre più spesso questa causa, sia per convinzione sia perché sono obbligati a farlo. L’articolo 173 francese è un esempio calzante di questo vincolo, dato che impone agli investitori istituzionali di comunicare come sono integrati, nelle rispettive politiche di investimento, i criteri ESG e le problematiche correlate al carbonio.

Dal punto di vista di un investitore, esistono opportunità legate alle minori emissioni di carbonio; molteplici società si impegnano infatti a fornire energia pulita o prendono di petto le questioni ambientali. Tuttavia, limitare la scelta a queste società riduce drasticamente l’universo d’investimento, diminuendo non solo il potenziale di performance ma aumentando anche i rischi tematici e di concentrazione. Mantenere un universo d’investimento il più ampio possibile, escludendo inizialmente i maggiori trasgressori e selezionando in seguito le migliori società disponibili in ciascun settore sarebbe un migliore punto di partenza. Prendiamo ad esempio Excel Energy, un produttore di elettricità statunitense che sta rapidamente abbandonando i combustibili fossili in favore delle fonti rinnovabili.
Nell’ambito di un rigoroso processo incentrato sulla prevenzione delle emissioni di carbonio la società sarebbe probabilmente esclusa, ma è al contrario un operatore virtuoso con un solido potenziale attinente la crescita degli utili.

Inoltre, sul fronte ESG in generale manca ancora la risposta a un’importante domanda: questi fattori sono realmente in grado di generare performance? Per quanto molti studi contraddittori evidenzino quanto sia complesso valutare l’impatto dei cosiddetti “soft data”, il Carbon Disclosure Project individua, in uno studio condotto da PWC, un legame diretto tra la riduzione delle emissioni e la performance. Secondo tale studio, tra il 2005 e il 2011 le società che hanno integrato appieno il cambiamento climatico nella propria strategia hanno sensibilmente sovraperformato il mercato generale. In una nota del 2017 relativa all’utilizzo di dati ESG da parte dei gestori di portafoglio, Goldman Sachs ha analizzato diversi parametri per determinare quale potesse essere una fonte attendibile per la generazione di alpha. Tra i principali risultati vi era quello secondo cui le società con basse emissioni di carbonio tendevano a sovraperformare, soprattutto fra i produttori petroliferi, le raffinerie, le società chimiche, di infrastrutture e utility. I risultati puntavano in questa direzione anche in settori meno scontati con elevati consumi energetici, in particolare quello dei giochi.

In conclusione, i dati empirici suggeriscono un impatto crescente dei fattori ESG sulle performance azionarie. L’analisi dei gas serra offre il duplice vantaggio di essere oggettivamente misurabile e avere importanti conseguenze a livello ambientale e sociale. Ridurre l’impronta di carbonio totale di un portafoglio dovrebbe pertanto limitarne il rischio, aiutando il nostro pianeta e risvegliando inoltre le coscienze degli investitori. Si tratta in sostanza di una strategia win-win!


Roberto Magnatantini – Head of Global Equities – SYZ Asset Management
Shoaib Zafar – Senior Analyst – SYZ Asset Management
Guillaume Compeyron – Analyst – SYZ Asset Management