L’economia è sempre più digitale

Matteo Ramenghi -

Abbiamo spesso discusso della quarta rivoluzione industriale cominciata a fine anni ’90 con l’introduzione di Internet, per continuare con la robotica e, più di recente, con l’intelligenza artificiale.

Internet ha, in effetti, rivoluzionato le nostre vite: nelle economie avanzate siamo quasi tutti connessi e si stima che nei prossimi dieci anni oltre due miliardi di persone nelle economie emergenti si connetteranno. Inoltre, sempre più spesso, magari senza accorgercene, acquistiamo prodotti digitali (applicazioni, musica, film ecc.), con l’effetto di accorciare drammaticamente le catene distributive e di riprodurre grandi quantità di dati.

Ma, se la connessione di Internet è già elevata per quanto riguarda gli individui, non lo è ancora per gli oggetti che ci circondano e che, sempre più, verranno connessi, producendo dati a loro volta. Questo ulteriore passaggio avrà innumerevoli applicazioni dall’industria, alla gestione delle città (le cosiddette Smart City dove, ad esempio, ogni parcheggio avrà un sensore per segnalare i posti liberi), alla domotica ecc.

Il ricambio generazionale alimenterà ulteriormente il consumo di dati. Ad esempio, in Asia i Millennial rappresentano il 30% della popolazione, ma costituiscono il 60% della comunità online e il 75% degli utenti ecommerce.

Anche l’industria finanziaria si sta spostando sempre più sul digitale, per ridurre i costi delle attività a minor valore aggiunto e offrire un accesso più rapido, personalizzato e immediato alla clientela. Lo spostamento verso il digitale nel settore finanziario è visibile su pressoché tutti i canali di operatività (pagamenti, investimenti, assicurazioni, prestiti), ma è il canale dei pagamenti quello che ha subito la maggiore rivoluzione. Spostarsi verso i pagamenti digitali non porta solo a maggiore velocità e sicurezza delle transazioni, ma anche a un forte aumento del volume di dati che possono essere analizzati e utilizzati per migliorare servizi e offerte.

La conseguenza di tutti questi avanzamenti sarà una crescita esponenziale della quantità di dati digitali, che dovrebbero superare i 44 zettabyte entro il 2020. Per chi è meno famigliare con queste misure, si tratta di un aumento di oltre 50 volte rispetto al livello del 2010 (fonte: IDC). In aggiunta, anche la ripresa degli investimenti da parte delle aziende dovrebbe sospingere i fatturati delle società attive nella gestione dei dati digitali. Il mercato tiene il fenomeno sott’occhio: le società quotate attive nella gestione dei dati hanno avuto buone performance negli ultimi anni e per i prossimi mesi ci aspettiamo una forte crescita degli utili e potenzialmente un’accelerazione di fusioni e acquisizioni.

Dal punto di vista degli investimenti, il tema dei dati digitali è destinato, quindi, a offrire opportunità di crescita a lungo termine. Tuttavia, in un universo che sarà sempre più soggetto a regolamentazione (anche per quanto riguarda la privacy), è fondamentale mantenere un’ampia diversificazione ed evitare eccessive concentrazioni su singoli operatori che potrebbero trovarsi spiazzati da un cambiamento delle normative.


Matteo Ramenghi – Chief Investment Officer – UBS WM Italy