Nuovo embargo per l’Iran, impatto limitato sui mercati … per il momento

Olivier De Berranger -
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Nessun leader europeo è riuscito a dissuadere Donald Trump dal ritirarsi dall’Accordo sul nucleare iraniano, una decisione estremamente impattante sia a livello economico che geopolitico.

L’accordo di Vienna, siglato nel 2015, prevedeva la rimozione delle sanzioni economiche che gravavano sull’economia iraniana in cambio della fine del programma nucleare militare.

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Per le aziende, americane o meno, il ripristino dell’embargo comporta il ritiro dall’Iran entro 6 mesi. In base al principio americano dell’extraterritorialità, ogni azienda che abbia attività denominate in dollari è tenuta al rispetto del diritto americano, pena esporsi a un’ampia serie di sanzioni: multe esorbitanti – ne sa qualcosa BNP – e/o stretta sorveglianza – di cui ha fatto le spese Alstom. Anche se la Francia rimane tra i firmatari dell’accordo sono varie le grandi aziende nazionali che potrebbero essere colpite e i cui progetti iraniani potrebbero essere compromessi. È il caso di Airbus, ad esempio, che doveva consegnare un centinaio di aerei, di Total che era pronta ad avviare lo sfruttamento di un giacimento di gas offshore, o ancora di Peugeot e Renault che avevano siglato delle partnership finalizzate all’assemblaggio e alla distribuzione locale di autovetture.

A livello geopolitico, opponendosi alla principale potenza sciita il Presidente Trump dà una spallata a una situazione già di per sé precaria in Medio Oriente. Del resto, la sua decisione è stata ben accolta dai suoi alleati in quella regione: lo Stato israeliano che sta per festeggiare il suo 70° anniversario e il regime saudita, un regno in piena mutazione. Fino ad ora l’impatto sui mercati finanziari è stato limitato, ad eccezione del petrolio che prosegue la sua ascesa iniziata quasi un anno fa. In caso di escalation non vi è alcun dubbio: assisteremmo nuovamente a un’impennata della volatilità degli asset rischiosi.

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È sorprendente tuttavia il contrasto con il dossier coreano. L’incontro tra il dirigente della Corea del Nord e il Presidente degli Stati Uniti, in programma il 12 giugno prossimo a Singapore, è sbandierato quale simbolo dell’annunciata distensione. Questa situazione non era immaginabile qualche mese fa quando i due leader si scambiavano invettive a suon di «Little Rocket Man» e di «cane impaurito» e i mercati temevano una potenziale guerra nucleare… Eppure, l’equazione nordcoreana è lungi dall’essere risolta!


Olivier De Berranger – Chief Investment Officer – La Financière de l’Echiquier