Mercati Emergenti: valutazioni interessanti ma ancora fragili per gli sviluppi monetari e geopolitici

Raiffeisen Capital Management -

“Ottobre rosso”: Segni premonitori molto negativi su quasi tutti i mercati azionari. Persino i mercati azionari USA, che finora sembravano imperturbabili, hanno ceduto significativamente. Il sentiment di “risk-off” si è diffuso in tutto il mondo. Anche le obbligazioni dei paesi emergenti hanno perso terreno e pure i prezzi del petrolio hanno messo la retromarcia.

A inizio novembre è partita una ripresa, ma non è chiaro se il movimento al ribasso sia, di conseguenza, già terminato. Dal punto di vista delle valutazioni parecchi mercati emergenti nel frattempo sono divenuti abbastanza interessanti. L’opposizione che proviene dall’aumento dei rendimenti USA, dalla scarsità di liquidità, dal dollaro più forte e dal rallentamento della crescita cinese continuerà, per il momento. Un’eventuale distensione nel conflitto commerciale tra USA e Cina potrebbe, tuttavia, portare almeno a una conclusione più positiva dell’anno in corso.

Ottobre turbolento – Sotto pressione soprattutto i mercati asiatici

Il mese è stato caratterizzato da un netto calo dei corsi azionari in tutto il mondo e da un sentiment generale di “risk-off”. L’indice azionario MSCI EM è sceso di quasi del 9%. Il Brasile è stata l’eccezione più eclatante con un aumento, trainato dalla politica interna, di circa il 10%. Degno di nota è anche l’indice azionario ungherese che ha praticamente chiuso il mese in modo invariato. In generale, i mercati azionari dei paesi emergenti europei hanno per lo più tenuto molto meglio rispetto al resto dei mercati emergenti. Soprattutto in Asia penalizzano le crescenti preoccupazioni sulla crescita della Cina e le incertezze intorno alla disputa commerciale tra USA e Cina. Si aggiungono inoltre le crescenti tensioni politiche e militari nel Mar cinese meridionale e intorno a Taiwan.
Anche nel caso delle obbligazioni dei paesi emergenti sono prevalsi i segni negativi, in particolare per quelle in valuta forte. Per le obbligazioni in valuta locale, tuttavia, ci sono stati alcuni trend speciali. Le obbligazioni turche e la lira si sono riprese dopo le pesanti perdite dei mesi precedenti. Le obbligazioni brasiliane, d’altra parte, così come il mercato azionario, hanno celebrato la vittoria alle elezioni presidenziali di Jair Bolsonaro, appartenente all’estrema destra ma visto come “amico del mercato”.

I rendimenti USA continuano a salire

È interessante notare come i titoli di stato USA non abbiano quasi per niente subito le turbolenze sui mercati azionari. Questo non è proprio di buon auspicio per i paesi emergenti nei prossimi mesi. Tutto ciò, infatti, suggerisce che la pressione al rialzo sui rendimenti delle obbligazioni USA è ancora piuttosto elevata. Alcuni analisti ritengono che i mercati finanziari USA stiano ancora sottovalutando il potenziale inflazionistico e il potenziale di ulteriori rialzi dei tassi da parte della banca centrale USA. Quest’ultima si trova in una situazione complicata. La qualità della crescita economica degli USA sembra tutt’altro che sensazionale. Potrebbe essere più fragile di quanto suggeriscono le cifre sulla crescita, soprattutto considerando la propensione all’investimento piuttosto deludente delle società USA.

L’aumento dei tassi USA e un dollaro USA più forte peseranno probabilmente sui paesi emergenti anche nei prossimi mesi

Ciò contrasterebbe con un percorso di aumento troppo aggressivo dei tassi guida. Allo stesso tempo, tuttavia, i prezzi negli USA stanno aumentando e, sia i tagli fiscali sia le sempre nuove sanzioni e tariffe punitive potrebbero ulteriormente far salire l’inflazione nei prossimi mesi. Il deficit di bilancio degli USA al momento sta crescendo ad un livello che in passato era riconducibile solamente ad una recessione. Questo, da un lato, rende il compito della Fed ancora più complesso. Dall’altro, alimenta la domanda di dollari USA. Il dipartimento del tesoro degli USA sta letteralmente divorando i soldi degli investitori grazie al suo enorme fabbisogno finanziario. Gli altri emittenti, tra cui molti dei paesi emergenti, sono pertanto costretti a offrire rendimenti più alti per generare sufficiente interesse degli investitori per le loro obbligazioni. Già mesi fa, alcuni banchieri centrali dei paesi emergenti avevano avvertito che non erano tanto i rialzi dei tassi della Fed a costituire un possibile problema per i mercati finanziari globali, ma piuttosto la riduzione delle loro posizioni obbligazionarie e, di conseguenza, della quantità di dollari USA disponibili. Tutto sommato, in considerazione di questo intreccio di circostanze, i segnali indicano altri aumenti dei rendimenti USA e un ulteriore apprezzamento del dollaro USA. Entrambi hanno un impatto negativo sull’economia mondiale nel suo complesso, nonché sui prezzi delle materie prime e, come sottolineato più volte, tendono a penalizzare le obbligazioni, le azioni e le valute dei paesi emergenti.

Le valutazioni si fanno più interessanti – ma per il momento c‘è ancora resistenza

Le valutazioni, viste in un’ottica di lungo termine, sono nel frattempo relativamente interessanti per diversi mercati azionari, obbligazioni e valutari dei paesi emergenti. I fattori negativi descritti dovrebbero però causare dei problemi ancora per qualche tempo. Dopo il calo dei prezzi degli ultimi 11 mesi, un recupero è comunque possibile in qualsiasi momento ed è sempre più probabile. Questo potrebbe essere promosso da una ripresa della congiuntura cinese o una distensione duratura tra USA e Cina. Se si considera che la controversia commerciale finora ha pesato principalmente sul sentiment degli investitori e ha avuto effetti relativamente modesti sull’economia reale, la prospettiva di una fine dell’escalation potrebbe avere un impatto significativo. Ciò è ancora più valido in quanto, a livello globale, c’è ancora una notevole quantità di denaro degli investitori alla ricerca di opportunità di investimento. I paesi emergenti ne potrebbero trarre grandi vantaggi, se l’attuale sentiment di “risk-off” dovesse fare una svolta e i timori di molti investitori dovessero far spazio a un maggiore ottimismo. Il fatto che il recupero, iniziato ai primi di novembre, segni già l’inizio di un tale andamento è possibile ma, dal punto di vista odierno, piuttosto discutibile. Per il momento, la situazione rimane fragile e dipende molto dagli sviluppi monetari e geopolitici.