Rimane elevata la volatilità sui mercati ma non è ancora il momento di vendere
Le obbligazioni tedesche, i titoli FAANG, titoli IT globali e lo S&P 500 sono riusciti ad offrire sinora un qualche tipo di rendimento positivo da inizio anno. Ma sono comunque delle eccezioni: la maggior parte dei mercati azionari, le obbligazioni governative e il credito rimangono negativi.
Questo è successo nonostante alcune chiare notizie positive. La crescita del Pil statunitense ha raggiunto il 4% annualizzato nel secondo trimestre, gli utili delle società appartenenti allo S&P 500 hanno battuto ampiamente le aspettative nell’intero anno, crescendo del 26% da inizio anno fino al terzo trimestre, i tagli alle tasse in USA sono stati pari a 1.500 miliardi di dollari e le società hanno comprato 800 miliardi di dollari di azioni. Ci sono state buone notizie anche in altri paesi: molta attenzione si è concentrate sulla disoccupazione statunitense, che è la più bassa degli ultimi decenni, ma anche Gran Bretagna, Europa e Giappone hanno registrato risultati simili. Gli utili per azione hanno raggiunto valori record in tutto il mondo.
Ma allora cosa è andato male? I fattori coinvolti sono molteplici, ma i tassi di interesse statunitensi sono tuttavia uno dei principali. Il Federal Open Market Committee (FOMC), che stabilisce i tassi di interesse ufficiali USA, sta muovendo i tassi verso l’alto dal dicembre 2015 in modo graduale fino a quest’anno. Ma la situazione è cambiata a seguito di una serie di commenti dei principali membri del FOMC nel corso dell’estate, che hanno suggerito che i tassi d’interesse potrebbero aumentare più di quanto atteso, suscitando nervosismo sui mercati.
Le preoccupazioni politiche in Europa e le tensioni commerciali in primis tra USA e Cina sono state aggravate dai dati economici cinesi e dell’eurozona che hanno deluso le aspettative. In questo contesto il Congresso diviso, risultato delle elezioni di medio termine USA, ha ridotto la probabilità di ulteriori stimoli fiscali negli Stati Uniti, aggiungendosi così alla lista delle preoccupazioni per il mercato.
Questo cambiamento d’umore porta a chiedersi se la fase rialzista di mercato che ha interessato l’azionario, e più in generale gli asset di rischio, che ha ormai più di un decennio, sia finito. E soprattutto, gli investitori dovrebbero chiudere le proprie posizioni e acquistare liquidità o altri asset sicuri? Riconosciamo che la volatilità sia aumentata e le prospettive di rendimento delle attività di rischio siano probabilmente modeste, ma continuiamo ad aspettarci che il mercato abbia ancora rendimenti attesi superiori a liquidità e obbligazioni.
La ragione fondamentale di questa opinione è il fatto che il contesto in termini di crescita economica, inflazione, utili societari e tassi di interesse rimane positivo. La crescita è sopra le aspettative nella maggior parte dei principali Paesi. Con l’eccezione di alcuni casi particolari nei mercati emergenti, la recessione è assente. L’inflazione è in generale bassa, e lo spettro di una deflazione è svanito completamente. I tassi statunitensi stanno aumentando e la Fed sta riducendo il bilancio. Tuttavia, i tassi rimangono bassi negli Stati Uniti e sono ancora più bassi in Europa e in Giappone. La crescita degli Stati Uniti è destinata a rallentare nel prossimo anno sia in termini di PIL che di utili societari Ma anche dopo il rallentamento, i tassi di crescita economica saranno ancora sani. L’area che ci sembra più vulnerabile è il credito societario, dove siamo cauti da tempo. Preferiamo allocare il nostro budget di rischio nelle azioni, dove vediamo maggior valore.
La volatilità sperimentata finora nel corso dell’anno è in netto contrasto con il 2017, un anno di stabilità dei rendimenti di mercato quasi senza precedenti. Ma è stato l’anno scorso ad essere anomalo, non questo. Dobbiamo aspettarci che la volatilità continui, ma, a nostro avviso, il mercato azionario rialzista può ancora funzionare.