Cina: attenzione al rallentamento del Paese (e all’impatto sui vicini)

Jason Pidcock -

La Cina sta lottando contro il rallentamento della crescita economica con una serie di misure di stimolo, ma la politica statunitense di contenimento, l’emergere di centri di produzione rivali a basso costo e il calo del surplus delle partite correnti sono elementi che richiedono cautela.

In questo clima, preferisco limitare la mia esposizione verso la Cina, privilegiando le aziende di proprietà privata con bilanci solidi, le imprese con attività guidate dal consumo interno rispetto a quelle che esportano e con un buon livello di liquidità delle azioni, in modo da poter reagire rapidamente ai cambiamenti.

La Cina versa in una situazione di incertezza. Le misure di stimolo dello scorso anno volte ad abbassare i tassi di interesse, aumentare i prestiti, stimolare la spesa per le infrastrutture e spingere i consumi interni hanno avuto finora un debole impatto positivo sulla crescita. L’economia cinese è cresciuta del 6,6% nel 2018 e, sebbene questa cifra abbia superato l’obiettivo di espansione annuale del 6,5% fissato dal governo, ha comunque segnato un rallentamento rispetto al 2017, quando si è registrata una crescita del 6,8%. Ulteriori misure di stimolo per incentivare la crescita non dovrebbero invertire questa tendenza, se non altro perché le autorità cinesi hanno un margine d’azione limitato.

È finita l’epoca dei surplus delle partite correnti a livelli record, particolarmente utili per finanziare la prosperità economica del paese. La Cina ha registrato il suo primo deficit in 20 anni nei primi sei mesi del 2018. Ciò significa che le autorità cinesi non sono più in grado di aumentare la spesa per le infrastrutture come lo sono state finora, poiché comporterebbe un aumento delle importazioni di commodity difficilmente finanziabile in un momento in cui le casse del governo appaiono sempre più vuote.

A fronte di queste difficoltà, si è parlato molto di possibili misure di svalutazione della moneta cinese a favore delle esportazioni e del saldo delle partite correnti. Anche se non prevedo una svalutazione a breve termine del renminbi – una mossa che gli Stati Uniti interpreterebbero come fortemente ostile in un momento in cui stanno cercando di riequilibrare i rapporti commerciali con la Cina – mi aspetto che si realizzi nei prossimi tre anni. A mio avviso, ciò eliminerebbe alcune delle pressioni sul sistema finanziario del paese e stimolerebbe la competitività. Da qualche tempo, la Cina ha perso il primato di sede prediletta per l’outsourcing da parte di produttori globali, lasciando il posto a paesi come il Vietnam e il Messico. In particolare, la combinazione di livelli salariali interessanti con la prossimità a mercati chiave, come gli Stati Uniti, hanno reso il Messico particolarmente attraente.

La ripresa della crescita è ulteriormente ostacolata dal tentativo strategico degli Stati Uniti di limitare lo sviluppo della Cina. L’amministrazione Trump potrebbe essere la responsabile di questo nuovo approccio ai rapporti con la Cina, ma secondo me esso ha riscosso un ampio consenso trasversale ai vari partiti. Il consenso si è basato sull’idea della Cina come concorrente e nemico strategico, che deve essere tenuto sotto controllo. È probabile che ciò possa preannunciare un periodo di crescente attrito tra i due paesi, ben lontano dai tempi in cui gli Stati Uniti supportavano l’adesione della Cina al WTO, nel 2001. La situazione politica interna cinese non sarà d’aiuto. Sotto il presidente Xi Jinping, il partito comunista ha certamente imboccato una strada più autoritaria, con meno pesi e contrappesi, per limitare gli eccessi di partito. Non c’è da meravigliarsene, se consideriamo l’eliminazione del limite dei due mandati per i presidenti in carica a marzo dell’anno scorso.

Tutti questi fattori si traducono nella nostra limitata esposizione diretta alla Cina. Siamo investiti in quattro società, che costituiscono circa l’11% del Jupiter Asia Pacific Income Fund: Ping An Insurance, Tencent International, China Mobile e Hengan International. Tutte e quattro realizzano la maggior parte dei loro ricavi nel mercato interno cinese, nessuna di loro esporta in modo significativo e, soprattutto, le loro aree di attività non si sovrappongono. Tutte beneficiano di una maggiore crescita dei consumi, in quanto il reddito disponibile della popolazione continua a salire. Come imprese, dispongono anche di bilanci solidi e le loro azioni sono liquide, e ciò rende più semplice aumentare o diminuire l’esposizione sul titolo. Trattandosi di un fondo income, il dividend yield è fondamentale, con tre delle quattro società con rendimenti che considero molto buoni. Tencent rappresenta un’eccezione degna di nota, offrendo bassi dividend yield, che però dovrebbero crescere discretamente; inoltre, la società ha un saldo netto di cassa in bilancio e prevediamo una crescita costante dei suoi utili.

Limitare l’esposizione diretta alla Cina, tuttavia, non può isolare completamente il resto del portafoglio da qualsiasi cambiamento delle sorti dell’economia cinese. Le economie asiatiche vicine potrebbero avvertire rapidamente l’impatto di un rallentamento della Cina. Per gli investitori nella regione, è fondamentale rimanere attenti all’effetto domino dell’indebolimento della Cina sugli altri paesi asiatici.


Jason Pidcock – Head of Strategy, Asian Income – Jupiter AM